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CAPA, coltura e cultura del grano Frassineto

da Redazione

Quanta cultura c’è in un chicco di grano? L’antica arte della macinatura, praticata da secoli anche sui pendii del Monte Titano è testimonianza viva di una tradizione rurale che si rinnova di giorno in giorno, con l’avvento della tecnologia.

 

di Daniele Bartolucci

 

Quanta cultura c’è in un chicco di grano? L’antica arte della macinatura, praticata da secoli anche sui pendii del Monte Titano è testimonianza viva di una tradizione rurale che si rinnova di giorno in giorno, con l’avvento della tecnologia. Ma anche con veri e propri salti nel passato, come è il caso del Frassineto.

Come se avesse utilizzato una macchina del tempo, il Consorzio Terra di San Marino è riuscito a tornare indietro di oltre cinquant’anni e portare nel terzo millennio le alte spighe di quel grano antico, per produrre una farina eccezionale, unica si potrebbe dire, ma realmente sammarinese.

Questa varietà, infatti, era ben presente nel centro Italia, spazzata via nel dopoguerra dalle coltivazioni intensive. Il paradosso, ben spiegato in Fiera da Graziano Serrandrei e Alberto Naso, rispettivamente Presidente e Direttore della Cooperativa C.A.P.A., è però che il difetto del Frassineto è oggi anche la sua fortuna, ed è questo che ha spinto gli agricoltori a riportarlo in auge, qui a San Marino.

Il Frassineto è infatti una varietà di grano molto vigorosa, capace di superare il metro e mezzo di altezza, ma proprio quando le spighe iniziano a maturare e quindi ad appesantirsi, le piogge e il vento forte lo spingono verso il basso fino a piegarsi, per cui si scelsero, nel corso degli anni, altre varietà più basse e stabili. Il problema però, che si presentò solo in seguito, fu che in basso crescono anche le erbacce, che infestano i campi di grano: la soluzione, che tutti conosciamo, è stata un uso sempre più massiccio di diserbanti.

Il Frassineto, invece, cresce “sopra” le erbacce, e mantiene per questo inalterate le sue proprietà fino alla mietitura, trasformandosi in una pianta green in tutti i sensi, perché non necessita più di quegli interventi chimici. Proprietà che ne fanno un grano “nobile” e, di conseguenza anche la farina, come hanno potuto apprezzare anche i visitatori della Fiera Agricola, per i quali ne è stata prodotta oltre un quintale nel “mulino portatile” della Cooperativa C.A.P.A.

Il successo dell’iniziativa non racconta però lo sforzo compiuto nello studiare questa varietà scomparsa a San Marino e in quasi tutto lo stivale italiano: solo un’azienda in provincia di Volterra ne aveva abbastanza semi per far partire nella campagna 2014-2015 una prima coltura, su due ettari di terra in zona Falciano. Poi c’erano i cinghiali da tenere lontani, perché ne vanno ghiotti, per cui si è optato per terreni vicini alle zone abitate.

Ma alla fine la produzione è partita, una produzione prettamente bio anche se ancora manca una normativa ad hoc, ma è un punto di partenza importante per il settore: a breve, “nello stesso solco” è il caso di dire, partiranno altri progetti sui grani antichi, come il Gentil rosso o il Baffone.

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