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Lo straordinario “tesoro” del Titano

da Redazione

Ente Cassa di Faetano e Gruppo Banca di San Marino, la collana “Storia dei Castelli della Repubblica di San Marino” si apre su Domagnano: dai preziosi dei Goti alla ferrovia che collegava il Monte a Rimini.

 

di Alessandro Carli

 

Far collimare una riscoperta preziosa legata all’archeologia al luogo in cui è stata trovata è un modo per riconoscere un passato a un territorio e allo stesso tempo veicolarlo alla comunicazione. E’ forse questa la particolare alchimia che unisce Domagnano all’omonimo “tesoro” (considerato dagli specialisti “uno dei più importanti ritrovamenti del periodo delle Migrazioni”, consta di 2006 denari d’argento di età romana repubblicana), un ricco complesso di gioielli e accessori datato agli anni del regno del goto Teoderico (493-526 d.C.) e oggi diviso in diversi musei del mondo. Ma Domagnano – quest’anno messa al centro del progetto “Storia dei Castelli della Repubblica di San Marino” un progetto culturale promosso da Ente Cassa di Faetano, Banca di San Marino e Leasing Sammarinese che è stato presentato alla cittadinanza venerdì 5 dicembre alle 21 all’interno della Sala Montelupo (Piazza F. da Sterpeto). – è anche altro. E le sue radici, come spiega il gruppo di lavoro coordinato dal professor Girolamo Allegretti – si sono allungate anche nei secoli successivi. In qualche modo le parole dello stesso Allegretti ci vengono incontro: “Domagnano, così bella (calanchi compresi) per chi ne conosce il territorio, sta – fra Serravalle e Borgo – in posizione defilata che la rende difficilmente percepibile al viaggiatore che da Rimini sale a San Marino. Un tempo neppure si attraversava: da Serravalle si saliva al Borgo per Cailungo (vecchia consolare), e nessuno dei viaggiatori europei, nessuno dei pionieri della fotografia, neppure il Brizi che pure dedicò qualche attenzione ai luoghi minori della Repubblica, mostrano di averla notata. Si può dire che il mondo entrò per la prima volta in Domagnano con la ferrovia elettrica Rimini-San Marino, inaugurata nell’aprile 1932, che s’inoltrava in profondità nelle sue più fertili campagne, le attraversava con ampi giri e stretti tornanti, e addirittura ‘faceva fermata’ nei pressi di Ca’ Giannino”. Com’è facile immaginare, la “ferrovia” è solamente il punto di arrivo, la fermata quasi finale. In realtà, se andiamo a sfogliare le pagine del libro, incontriamo “stazioni” suggestive, colme di aneddoti, che parlano della Repubblica e del suo passato agricolo. Del remoto passato Domagnano conserva forse – oltre ai tesori di sottoterra che però per secoli ha ignorato – solo il nome: Omagnano/Umagnano dovrebbe derivare da fundus (H)umanianus, prediale da un gentilizio (H)umanius. La prima volta che appaiono i nomi di Sterpeto e di Domagnano è in uno strumento di enfiteusi del 1230. “Ma quando cominciamo ad averne qualche informazione – annota ancora Allegretti – nel 1243 e poi nel 1253, la zona è già stata assorbita parzialmente dal Comune di San Marino, ne fa parte integrante e vi è perfettamente integrata, tanto che il primo console del Comune che si conosca è appunto Filippo da Sterpeto”.

A Domagnano sicuramente il podere e la mezzadria esistono almeno dal ‘600, e forse prima. “Il signor Francesco Giannini – annota il coordinatore -, facoltoso cittadino, nel 1629 assegna alla nuora ‘una possessione in fondo Paderno con tutte le terre case vigne et olivete che vanno comprese in detta possessione […] quali […] lavora il lavoratore di detta possessione, come fa al presente Bastiano delli Mauri suo lavoratore”.

L’impronta rurale del castello viene poi confermata anche dagli studi – che trovano spazio all’interno del volume – firmati da Gianni Lucerna: “In località Campagnaccio di Domagnano, al civico 2 della strada Mandriola, è visibile l’edificio del Molino del Fosso, documentato sin dal XVIII secolo, forse a servizio del territorio di Domagnano da tempi molto più antichi”. L’opificio impiegava la ruota idraulica orizzontale chiamata ritrecine. Questa ruota, inventata in Grecia già nel III sec. a. C., è una tecnologia che è arrivata senza modifiche consistenti quasi fino ai giorni nostri per tutta una serie di motivi, tra i quali il suo essere particolarmente adatta alle aree montuose; la sua capacità di utilizzare al meglio gli scarsi flussi dei corsi d’acqua minori; la capacità di fornire energia relativamente abbondante e a basso costo.

“Gli apparati idraulici esterni del mulino – segnala Lucerna – sono ben visibili nel catasto Baronio (1898): due lunghe gore di captazione dell’acqua dei fossi confluiscono nel bottaccio a monte dell’edificio”.

Un Castello quindi particolarmente dedito all’agricoltura, come confermano i catasti storici. Ad esempio nel catasto Santucci (1822, il più completo e attendibile) l’estimo medio di Domagnano, 6,2 scudi/tornatura, pari all’incirca a quello di Montegiardino, è però di molto superiore a quelli di Faetano (5,1), Acquaviva (4,7), Chiesanuova (4,3), Fiorentino (3,6).

Un altro prezioso volume si va ad affiancare a quelli già editi in passato: un ulteriore tassello che conferma l’impegno di Ente Cassa di Faetano, Banca di San Marino e Leasing Sammarinese per riscoprire le radici del territorio, base fondamentale per uno sviluppo sano e rispettoso delle caratteristiche della Repubblica.

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