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San Marino, FondISS: ecco le vere cifre degli investimenti effettuati

da Redazione

La partenza si è rivelata più complessa del previsto, ma il secondo pilastro resta fondamentale. Troppa confusione ruota attorno alla previdenza complementare. Quanto è voluta?

 

di Loris Pironi

 

Il FondISS, al centro delle cronache di questi giorni, ma sotto i riflettori anche nei mesi scorsi per via del referendum, è il fondo di previdenza complementare di San Marino istituito a fine 2011.

Le polemiche si sono risvegliate quando nei giorni scorsi hanno incominciato ad arrivare a casa missive con le comunicazioni di legge relative al rendiconto periodico delle singole posizioni contributive del FondISS. Polemiche rinfocolate da una nota del Comitato Promotore del referendum relativo ai bassi, bassissimi rendimenti ottenuti (da Banca Centrale) per gli anni 2012 e il 2013. San Marino Fixing fa chiarezza sulla materia, una materia delicata perché appunto riguarda non solo le tasche dei cittadini ma il futuro del sistema pensionistico.

Dopo la bordata del comitato promotore del referendum si è scatenata la consueta ridda di accuse, scaricamenti di responsabilità, precisazioni… Il minuetto ruota attorno al Comitato amministratore del FondISS, alle scelte del Governo, alle decisioni (e ai dinieghi) di Banca Centrale, senza dimenticare l’esito del Referendum, che ha complicato e non poco il quadro generale. E in più ci aggiungeremmo anche la confusione, più o meno voluta, ingenerata sui media, tra pubbliche dichiarazioni e cifre “sballate”. Ma a Fixing le polemiche non interessano. Interessa capire se e soprattutto come il FondISS, strumento indispensabile e irrinunciabile dopo la riforma pensionistica del 2011, possa essere messo in condizione di funzionare a pieno regime, assicurando agli investimenti degli iscritti buoni tassi che permettano, a fine carriera lavorativa, una integrazione dignitosa alla propria pensione.

 

TASSI “QUASI” ZERO

Il tasto dolente è quello relativo al rendimento riconosciuto da Banca Centrale nella prima fase, prima che il Comitato amministratore iniziasse effettivamente a investire le somme accumulate. BCSM ha infatti riconosciuto per il 2012 (circa sei mesi) lo 0,5%, considerato peraltro “tasso speciale”, e per il 2013 appena lo 0,07%, un tasso di rendimento allineato non a quello applicato abitualmente al settore della previdenza per via della valenza sociale del fondo complementare, bensì quello applicato agli altri conti correnti della pubblica amministrazione. Dal febbraio 2014 tuttavia, una volta aperta la via agli investimenti (ma con il vincolo del deposito a termine, più sicuro che remunerativo), il tasso strappato alle quattro banche sammarinesi sulle quali il FondISS ha investito è diventato un po’ più alto. Come si evince dalla tabella qui a fianco, gli investimenti compiuti a febbraio 2014, che scadranno a fine novembre, riguardano una cifra di poco superiore agli 11 milioni e 700 mila euro, una cifra molto diversa dai 6 milioni circolati in questi giorni. Questi 11 milioni sono ripartiti tra Banca di San Marino, Asset Banca, Banca CIS e BSI. Per la precisione il 40% è investito in BSM che ha offerto il tasso migliore, 2,927%, un quarto esatto è in Asset (con un tasso del 2,80%), il 20% in Banca CIS (2,75%) e il rimanente 15% in BSI (2,67%). Un ultimo dato: complessivamente oggi le posizioni aperte sono oltre 20 mila. Dal Comitato amministratore del FondISS ci confermano che le ragioni per cui a lungo non si è potuto investire dipendono dal fermo “no” di Banca Centrale. In seguito, una volta insediato il Comitato amministratore, approvato anche il regolamento (con i consueti tempi lunghi della politica: è stato consegnato alla Segreteria Stato alla Sanità il 27 febbraio 2013 e approvato dal Consiglio Grande e Generale il 24 ottobre dello stesso anno) e messo in campo il necessario service amministrativo, si è potuti partire con gli investimenti sulle banche sammarinesi, ma con lo strumento del deposito a termine, anche in questo caso preteso fermamente da BCSM.

Il fatto è che forse malgrado meccanismi così delicati da mettere in atto si è pensato che si sarebbe potuto, o dovuto, iniziare decisamente più a spron battuto, mentre invece si sono dovuti risolvere problemi pratici di non poco conto.

Forse qualche polemica si sarebbe potuta evitare anche se gli investimenti fossero iniziati quando la struttura era effettivamente pronta a partire. E possiamo aggiungere che il referendum, che ha stoppato le esternalizzazioni del FondISS, in questa prima fase non ha di certo aiutato.

Leggendo la nota del Comitato amministratore del FondISS pare di poter interpretare come le scelte di Banca Centrale siano in qualche modo e per qualche strana ragione ostative nei confronti del secondo pilastro. In realtà, approfondendo l’argomento, al di là di alcune rigidità di BCSM che possono anche essere messe in discussione, il problema è più legato ai limiti strutturali della stessa Banca Centrale e a talune contraddizioni della legge.

 

I PROBLEMI… DI FONDO

Ma i problemi di… fondo, a queste condizioni, restano. Con numeri così esigui, con una base di certo non ampia come si sarebbe potuto (anziché renderlo facoltativo per gli Over 50 si poteva pensare di escludere soltanto i lavoratori davvero prossimi alla pensione), Senza contare i problemi contingenti che rendono sempre più prossima la necessità di porre nuovamente mano al sistema pensionistico: l’attuale prolungata fase di alta disoccupazione, l’invecchiamento della popolazione, i prepensionamenti nel settore pubblico allargato sono una seria minaccia alla stabilità del sistema. Ecco che diventa indispensabile poter contare su un secondo pilastro che sia davvero redditivo, per garantire soprattutto alle nuove generazioni che si affacciano in questi anni al mondo del lavoro un tasso di sostituzione (la differenza tra l’ultima retribuzione e la prima pensione) almeno del 70%-75%.

 

Che cos’è il FondISS

L’ultima sofferta riforma pensionistica (datata 2011), resasi necessaria per mantenere in equilibrio il sistema previdenziale sammarinese, ha introdotto il secondo pilastro obbligatorio (salvo per i lavoratori ultracinquantenni al momento dell’entrata in vigore della legge, per i quali è facoltativo), in modo da assicurare una pensione complementare che si andrà ad affiancare alle prestazioni del sistema di previdenza principale. Il FondISS, il fondo su cui si poggia appunto il secondo pilastro previdenziale, è basato su un sistema di finanziamento a capitalizzazione, e consiste per ogni iscritto nella creazione di un conto individuale in cui confluiscono i versamenti contributivi.

 

Il nodo del tasso di sostituzione

La riforma pensionistica del 2011 ruota attorno al concetto del tasso di sostituzione. Se prima della riforma questo tasso era attorno al 92% (per ogni mille euro di stipendio se ne prendevano 920 da pensionati), oggi il tasso di sostituzione, conti alla mano, è sceso al 57%. Questo naturalmente vale per chi è entrato nel mondo lavorativo dopo l’entrata in vigore della riforma (ne riparleremo quindi nel 2052…), per tutti gli altri il discorso vale in proporzione rispetto agli anni lavorati prima e dopo la data spartiacque. Il secondo pilastro, che a regime vede versare in busta paga il 2% dal lavoratore e il 2% dal datore di lavoro, dovrà garantire l’innalzamento del tasso di sostituzione almeno dell’8%, secondo le previsioni. Ma anche così a fronte di un’ultima retribuzione da 2 mila euro il neo pensionato dei futuri anni Cinquanta riceverà una pensione di meno di 1.300 euro.

Per approfondimenti è possibile consultare il Focus di Fixing nell’apposita sezione sul nostro sito www.sanmarinofixing.com.

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