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Ecco perché a San Marino serve un Piano Strategico

da Redazione

Cos’è e come funziona lo strumento di pianificazione territoriale a medio e lungo termine. Perché non si riesce a immaginare davvero una Repubblica diversa dall’attuale?

 

di Loris Pironi

 

Nella prima intervista dell’anno, rilasciata la scorsa settimana proprio a San Marino Fixing, il Presidente dell’Associazione Nazionale dell’Industria Sammarinese, Emanuel Colombini, ha affermato che il 2013, per il Titano, è stato un anno perso in quanto un altro anno “senza un piano strategico”. Ce l’hanno singoli Comuni, anche piccoli, un proprio piano strategico, perché non dovrebbe pensarci anche San Marino? Nel mondo dell’impresa è chiaro che senza una pianificazione strategica a medio-lungo termine le possibilità di successo sono oggettivamente molto scarse. Quando il concetto viene steso sul tavolo della politica, tutto però sembra più complicarsi.

Così, stimolati dalle parole del Presidente Colombini, abbiamo provato ad aprire la porta sul mondo della pianificazione strategica territoriale che è assai vario ed estremamente interessante. E ci consente di scoprire quali opportunità potrebbe offrire una pianificazione territoriale per la Repubblica di San Marino.

 

Cos’è e come funziona


Dare vita a un piano strategico non significa soltanto prefissare degli obiettivi che in un modo o nell’altro dovranno essere raggiunti, ma rappresenta un procedimento molto più complesso che mira innanzitutto a stimolare e a coinvolgere l’intero territorio in un processo di crescita, anche molto ambizioso. Non è, per intenderci, una “wish list”, un “elenco dei desiderata” che si vorrebbero raggiungere – tipo il famoso Allegato Z di un paio d’anni fa per intendersi o che si promette che si raggiungeranno, un po’ come avviene con i fumosi programmi elettorali.

Il piano strategico è un processo che viene messo in moto da un attore (nel nostro caso il Congresso di Stato, o meglio ancora il Consiglio Grande e Generale) o da un insieme di attori (aggiungiamoci pure le categorie economiche, la Camera di Commercio, l’Università o le fondazioni bancarie) e che mira a giungere a comprendere al meglio le potenzialità e le priorità del territorio. Come viene sottolineato in maniera suggestiva nel Piano Strategico di una realtà vicina, quella di Pesaro, il Piano è un “processo creativo in cui ciascun soggetto coinvolto contribuisce a ridefinire l’identità della comunità locale”.

Un piano strategico serio, profondo anche sotto un profilo temporale (quello di Rimini, che approfondiamo qui a parte, ha come obiettivo il 2027, tanto per intendersi) con obiettivi precisi, progetti paralleli da portare a casa e responsabili di progetto.

Si parte dall’analisi e dal confronto. In due parole, s’incoccano le idee che devono far partire il dardo che riaccenda il Paese. Dal confronto, stimolato e facilitato da esperti – solitamente inseriti all’interno del comitato scientifico – deve poi scaturire un documento programmatico, comprendente gli obiettivi strategici da perseguire e le azioni strategiche che dovranno essere declinate per perseguire gli obiettivi stessi. Quindi segue la fase operativa, con la costituzione di singoli gruppi di lavoro responsabili dei progetti e naturalmente l’impegno della politica a benedire con un atto di indirizzo la direzione indicata dal piano.

 

Perché ci serve?


Perché a San Marino serve un piano strategico? Proviamo a sviscerare l’assioma del Presidente ANIS. Serve perché consente di costruire uno scenario di sviluppo condiviso, creando consenso attorno ad alcune prestabilite ipotesi di sviluppo, stimolando la coesione tra ente pubblico e società civile con la sottoscrizione di un vero e proprio patto di obiettivo. Un piano strategico permette di guardare al concreto, portando a casa risultati passo dopo passo, verificabili e misurabili, in modo da uscire una volta per tutte – e si spera in via definitiva – dall’empirico della politica. Un piano strategico consente di coordinare e razionalizzare i processi gestionali e amministrativi, in pratica aiuta a mantenersi sulla giusta strada.

Soprattutto serve a provare ad immaginare una San Marino davvero diversa. La cui vis politica non sia legata alle beghe da bar, le cui ambizioni economiche non siano quella di grattar via il superfluo ai vicini di casa. Potremmo improvvisamente scoprire di voler vedere crescere questa Repubblica, fino a celebrare San Marino quale primo vero Smart-Country, una Nazione intelligente, in grado di migliorare sensibilmente la qualità della vita delle persone, rispettando l’ambiente, con infrastrutture tecnologiche all’avanguardia e una vita culturale fervida e stimolante. Dunque, non sarebbero più problemi di San Marino quello di fare i conti con un turismo da pochi spiccioli, stracciarsi le vesti per i presunti aumenti delle tasse, e neppure più per la disoccupazione. Allora: è davvero così difficile staccarsi da tutto questo?

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