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Asset banca: il Natale restituisce il paradigma del vincere-vincere

da Redazione

Vale a dire che nel mondo del lavoro di oggi non c’è alcuna vittoria se non si vince assieme, ovvero se concludendo un buon affare anche la controparte non possa dirsi veramente vincente.

 

Storicamente la cultura e l’educazione sentimentale hanno avuto scarsa diffusione perché si è continuato a percepirle come ambiti decisamente marginali rispetto a quelli vitali per il futuro economico del Paese. Eppure oggi qualcosa è cambiato se gli esperti cui affidiamo la nostra formazione, in qualche modo decretano la fine di un modello di educazione che raccontava di successi e vittorie sempre a senso unico. Oggi quegli stessi esperti parlano di paradigmi mentali e sul paradigma del vincere/vincere concentrano in particolare le proprie attenzioni. Vale a dire che nel mondo del lavoro di oggi non c’è alcuna vittoria se non si vince assieme, ovvero se concludendo un buon affare anche la controparte non possa dirsi veramente vincente. Concetti a volte troppo banalmente espressi che, nella fretta con cui vengono enunciati, dimenticano di essere stati a suo tempo oggetto di grandi riflessioni da parte di altrettanto grandi economisti. Come dimenticare Adam Smith e la sua mano invisibile? Resta però il fatto che l’esercizio è buono e lo è soprattutto a Natale che dei buoni sentimenti rappresenta l’essenza stessa. Questo è infatti il tempo che per antonomasia è più propizio alle riflessioni le quali, sebbene non competano soltanto agli scrittori, spessissimo giungono dalla letteratura. Così un delicato racconto di Dino Buzzati intitolato al Natale restituisce il senso del paradigma vincere/vincere. A Natale, si sa tutti hanno una consolazione: “il bimbo ha il treno e pinocchio, la sorellina ha la bambola, la mamma ha i figli intorno a sé, il malato una nuova speranza, il vecchio scapolo il compagno di dissipazioni, il carcerato la voce di un altro dalla cella vicina”. Ma vince anche lo scarno arcivescovo, tutto solo, mentre la città è in festa? “Sorrideva lo zelante don Valentino, segretario di sua eccellenza, udendo la gente parlare così. L’arcivescovo ha Dio, la sera di Natale. Inginocchiato solo soletto nel mezzo della cattedrale gelida e deserta a prima vista potrebbe quasi far pena, e invece se si sapesse! Nella sera di Natale Dio dilaga nel tempio, per l’arcivescovo, le navate ne rigurgitano letteralmente, al punto che le porte stentano a chiudersi; e, pur mancando le stufe, fa così caldo che le vecchie bisce bianche si risvegliano nei sepolcri degli storici abati e salgono dagli sfiatatoi dei sotterranei sporgendo gentilmente la testa dalle balaustre dei confessionali”.

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