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San Marino, la mannaia della legge elettorale calerà sui movimenti civici?

da Redazione

Mannaia

 

Riflessioni sulla legge elettorale di San Marino, volta a contrastare la frammentazione. Per chi corre da solo e per i più piccoli (ergo, in particolare i movimenti civici) c’è il rischio di una falcidie anche in caso di buon bottino di voti. E poi non parlate di rinnovamento: tolto qualche big gli altri ci sono tutti (ben 45 su 60)…

Mannaia

 

di Loris Pironi


Trecentosettantaquattro candidati, tre coalizioni, undici liste totali, di cui tre non coalizzate, dunque in totale sei schieramenti l’uno contro l’altro. Sono questi i numeri della starting grid, per usare una terminologia motoristica, della corsa elettorale che si concluderà con le elezioni dell’11 novembre prossimo (più l’eventuale turno di ballottaggio).
La prima coalizione a rompere gli indugi è stata quella denominata “San Marino bene comune”, che unisce vecchi alleati (Pdcs, Ap, Ns) e nuovi (Psd). Le altre due sono “Intesa per il Paese” (che unisce Partito Socialista, Unione per la Repubblica e i Moderati Sammarinesi, a loro volta in cartello con i Liberal) e la coalizione civico-politica “Cittadinanza Attiva”, che vede spalla a spalla Sinistra Unita e il movimento Civico 10. Poi ci sono appunto tre liste civiche che hanno deciso di correre da sole. Si tratta di Rete, Per San Marino e San Marino 3.0.

Approfondimenti sugli schieramenti, i nomi dei candidati, i programmi, commenti e opinioni, tutto questo potete trovare, qua e là, sui nostri due portali www.sanmarinofixing.com e www.sanmarinoweb.com.

 

La mannaia della Legge elettorale

Intanto però diciamo che con l’attuale legge elettorale – redatta con l’intento di semplificare il quadro politico e contrastare la frammentazione – al momento di assegnare i seggi sarà probabilmente una vera e propria falcidie tra le liste minori. Un rapido calcolo dice che c’è una quota di sbarramento piuttosto alta, anzi la massima prevista, il 3,5%. Considerando circa 22 mila i votanti, per avere formalmente diritto ad un consigliere occorrerà totalizzare almeno 770 voti. Fonti informali all’interno della Segreteria agli Interni prospettano l’ipotesi della necessità di portare a casa almeno due seggi per poter essere sicuri di aggiudicarsi almeno un posto in Consiglio. Senza parlare dell’ipotesi, tutt’altro che peregrina, che la lista o coalizione vincitrice possa fare ricorso al premio di maggioranza, andando a raggranellare seggi tra i rivali per arrivare almeno a quota 35 consiglieri, come prevede la legge. Siccome prende corpo anche l’ipotesi secondo turno, è interessante anticipare anche il dramma di chi dovrà stare a guardare il ballottaggio. Per decidere se suggerire ai propri elettori se votare una lista o l’altra potrebbe essere necessario ricorrere a calcoli da classifica avulsa (altro parallelismo sportivo, scusate) sui quozienti del primo turno. Oppure suggerire di votare secondo coscienza pur sapendo che c’è la possibilità anche di venire spazzati via dal Consiglio pur avendo portato a casa un discreto numero di voti. C’est la vie.


Non chiamatelo rinnovamento

Dei sessanta consiglieri che hanno chiuso la passata legislatura, ben 45 si ripresentano a questa tornata elettorale. Molti di loro con buone chance di farsi rieleggere. La cifra poi è sale ancora se si conta chi se n’è andato poco prima della fine ed è pronto a tornare. Si badi bene, non è un giudizio di merito. Tra i 15 che hanno deciso di lasciare non c’è solo chi ha visto il proprio nome ripetuto molteplici volte nelle pagine della commissione d’inchiesta o chi ha trascorso una larga parte della propria vita a fare avanti e indietro dalla sala del Consiglio Grande e Generale. E poi non siamo della schiera di chi ritiene che aver fatto politica per anni sia da interpretare come  Ci limitiamo a fare una fotografia della situazione. Per un motivo o per l’altro a questa tornata elettorale non si presenteranno diversi “big” o comunque protagonisti della politica sammarinese.
In rigoroso ordine sparso, per il Pdcs non ci saranno Edda Ceccoli, Clelio Galassi, Gabriele Gatti, Claudio Muccioli, Claudio Podeschi e Marco Conti. Non figura nella lista di Alleanza Popolare Assunta Meloni, il Psd ha rinunciato a Fiorenzo Stolfi, Marino Riccardi e Mauro Chiaruzzi. Hanno deciso di restare fuori Vanessa Muratori ed Enzo Colombini di Sinistra Unita e, nelle fila socialiste, Maurizio Rattini, Silvia Cecchetti e Germano De Biagi. In compenso ritornano Tito Masi (Ap) e Romeo Morri (Moderati), quest’ultimo dopo uno stop di qualche mese seguito alle dimissioni da Segretario di Stato alla Cultura.
Poi ci sono altri che avevano detto di voler rinunciare a candidarsi e non l’hanno fatto; i più cattivi inoltre possono pensare che altri non l’hanno detto però avrebbero dovuto farlo. Del resto anche questa è la politica. Rimane il fatto che tutti gli altri ci sono ancora, pronti a macinare voti e a mettersi in gioco per un posto in Consiglio Grande e Generale. Una volta ancora.

 


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