Home FixingFixing San Marino, contratti: chi rappresenta chi?

San Marino, contratti: chi rappresenta chi?

da Redazione

Erga Omnes e questione della rappresentatività, qualcosa si muove a San Marino. Nel senso che il confronto, arenato da mesi, sembra possa ripartire a breve. Ma da quali posizioni? All’interno il parere di Csdl, Cdls, Usl, Usc, Usot, Osla, Unas e Anis.

di Loris Pironi


Eppur si muove. Qualcosa. Forse. Parliamo di rappresentatività nelle contrattazioni tra sindacati e associazioni di datori di lavoro. Parliamo, o meglio torniamo a parlare, della validità erga omnes delle “migliori condizioni” nei contratti di lavoro. Una materia tutt’altro che astratta, in quanto riguarda da vicino tutti i lavoratori di tutte le categorie. Una materia che rischia di diventare motivo di attrito sociale quando, a fine anno, scadranno i vari contratti. La legge ha cinquant’anni (risale al 1961) e, con tutto il rispetto per il legislatore di allora, li dimostra tutti. Tornando a oggi, l’ultimo incontro tra le varie parti e la Segreteria di Stato al Lavoro è avvenuto lo scorso aprile. Dopo di che tutto si è arenato. Insabbiato. Oggi però, a quanto risulta a Fixing, il confronto sarà presto rimesso in moto, con il nobile intento di arrivare a una soluzione il più possibile condivisa. Già, ma c’è la possibilità di arrivare a una soluzione minimamente condivisa? Fixing ha voluto sentire le organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro per cercare di capire quali sono le singole posizioni.

 

I sindacati
Cominciamo con i sindacati: l’arrivo sulla scena dell’Usl ha scombinato tutti gli equilibri.
“In un momento in cui tutte le parti dovrebbero sforzarsi per andare incontro alla risoluzione dei problemi – afferma Giuliano Tamagnini, Segretario Generale della Confederazione del Lavoro – vedo che c’è una volontà di rivalsa, da parte un po’ di tutti, che credo finirà per non portare a nulla”. La questione della rappresentatività pare essere uno scoglio difficile da superare. “La Cdls sta ragionando sulla materia già da 4-5 anni. Ci sono alcuni dati indiscutibili: le norme varate nel 1961 rappresentavano una fotografia dei rapporti sindacali dell’epoca, ma in mezzo secolo la nostra società e la nostra economia sono radicalmente cambiate. Il problema non sta tanto nel decidere chi ha diritto di stare al tavolo della trattativa, ma nel fatto che la legge oggi dà uguale importanza a chi ha un peso specifico ben diverso, e questo è un discorso valido per i lavoratori quanto per i datori di lavoro”. E ora arriviamo al nocciolo della questione. “San Marino deve andare nella direzione della maggiore rappresentatività. Magari anche coalizzando più associazioni. Ma la differenza la devono fare i lavoratori attraverso la rappresentatività. Noi ipotizziamo anche il superamento del riconoscimento giuridico, del resto in questo senso siamo noi a rappresentare un’anomalia, in Europa. Il problema è che la politica, con il suo immobilismo, difende un sistema che non funziona. Ma del resto questa classe politica è stata generata dall’anonimato societario e dal segreto bancario, e quindi non può avere l’intenzione di cambiare la situazione”.
E poi c’è il problema del “chi rappresenta chi”. Un po’ a sorpresa, è diventato il filo conduttore di molti ragionamenti, da una parte all’altra della barricata. Ciascuno ovviamente è convinto di avere ragione, tutti però (tutti o quasi, ma i distinguo sono riferiti ai datori di lavoro) in un modo o nell’altro ritengono che la questione vada risolta. Francesco Biordi, Segretario Generale dell’Unione Sammarinese dei Lavoratori, è oggettivamente convinto che la legge che regola la rappresentatività sia “anacronistica”. “Dobbiamo partire da un dato di fatto: la legge oggi è questa, e con questa dobbiamo fare i conti. Però noi siamo disponibili a sederci attorno a un tavolo per ridiscuterla”. Sulla questione di chi sono gli iscritti che fanno riferimento alle varie organizzazioni la battaglia in atto è anche legale. “Usl – prosegue Biordi – combatte da quattro anni per sapere chi sono realmente gli iscritti delle altre associazioni. E poi guardi, noi siamo gli unici che sono stati davvero ‘contati’ dalla magistratura, mentre gli altri hanno fornito dati loro. Sapere chi rappresenta chi è un obiettivo da raggiungere assolutamente. Perché tutti devono avere il diritto di partire dallo stesso punto”. Per come è strutturata oggi la legge, con il principio dell’Erga Omnes, anche il più piccolo, l’ultimo arrivato, può dettare le regole. “Che piaccia o no, questa è la legge. Ci vuole la volontà di un legislatore per modificare lo stato dell’arte. Noi dal canto nostro stiamo ragionando su alcune bozze, anche con l’ausilio di giuslavoristi esperti in materia. Piuttosto bisogna ragionare sulle dinamiche del lavoro. Il mondo è cambiato e a San Marino il modello del mercato del lavoro va rivisto, una riforma è imprescindibile anche per attrarre nuovi investitori. Però va chiarita una cosa: tutto questo è nell’interesse dei lavoratori, perché è indispensabile garantire il lavoro per garantire i posti di lavoro, altrimenti si fa solo demagogia”.
Marco Beccari, Segretario confederale della Csdl dal canto suo non cita neppure l’Usl, ma in quanto alla certezza degli iscritti (il chi rappresenta chi, appunto) è su posizioni diametralmente opposte a quelle di Biordi. “I nostri numeri sono stati verificati dall’Iss, e peraltro si tratta di una verifica molto facile, in quanto c’è una quota fissa versata dai lavoratori in busta paga che dimostra l’appartenenza al nostro sindacato o a quello della Cdls. Per il terzo in comodo (l’Usl, appunto…) il discorso è diverso: finché non trasformano le adesioni iniziali in iscrizioni vere e proprie una verifica è impossibile. E se non fanno neanche pagare una quota associativa poi come è possibile sapere quanti sono i loro iscritti?”
Venendo al fulcro del discorso, per Beccari “La legge del 1961 fissa numeri che a San Marino non sono più attuali”. “Certo – aggiunge – bisognerebbe trovare una soluzione, ma gli interessi in gioco sono diversi, per noi sindacati e per le categorie economiche, e temo sia difficile andare a trovare una soluzione che metta tutti d’accordo. Soprattutto adesso che ci sono i contratti in scadenza. Però è chiaro che il principio della rappresentatività va salvaguardato, soprattutto quando ci sono oggi più voci. Anzi, non è detto che la proliferazione delle sigle sindacali continui: se c’è un terzo sindacato potrebbe nascerne un quarto, e la questione dovrebbe interessare anche il terzo in comodo…”. Anche la Csdl ha ragionato sulle possibili soluzioni. “In teoria ci sono due strade possibili. O si fa un discorso complesso, con regole specifiche, percentuali e regole studiate nel dettaglio, e la faccenda diventa complessa. Oppure ci si limita a modificare le specifiche della legge del 1961 e si va a ritoccare in proporzione la quota per avere diritto alla rappresentatività”.


Le categorie
Apri il rubinetto della rappresentatività e Pio Ugolini, Segretario dell’Unione Artigiani, diventa un fiume in piena. “La nostra posizione è la più vecchia di tutte: si è espletata dal 2004-2005 con la mancata firma del contratto settore artigianale, che doveva già a quel tempo mettere all’erta su un problema che è di tutti. Ma chi ci doveva ragionare sopra evidentemente si è distratto, e il problema si è riproposto successivamente per il settore industria. Noi diciamo semplicemente: in un mondo di democrazia una minoranza non può governare la maggioranza, e su questo non ci dovrebbero essere dubbi. Quello che sta avvenendo ora è che si opera una visione distorta della legge 71 del 1961. Quando entrò in vigore a San Marino il concetto dell’Erga Omnes, mutuato dall’Italia, in Italia era già vecchio e superato. Non abbiamo la pretesa di mettere in discussione alcune rappresentatività in capo ad alcune associazioni, noi mettiamo in discussione la rappresentatività su alcuni contratti”. La questione, per l’Unas, è legata anche alla definizione di ‘iscritti qualificati’. “Per noi gli iscritti qualificati sono gli iscritti che hanno dipendenti – afferma Ugolini – E sono iscritti per tema, per argomento. Basterebbe leggere bene la norma. E allora noi diciamo che ci sono due soluzioni: o si studia un nuovo articolato, oppure, almeno per iniziare, la legge del 1961 va letta con gli occhi del 2010”. Già, ma c’è una reale possibilità di andare a modificare la legge? “Sognare già un punto d’arrivo è inutile, ma avere un punto di partenza è possibile. Diciamo che per incominciare è fondamentale la trasparenza di chi va a rappresentare chi”.
Pio Ugolini più volte chiama in causa, direttamente o indirettamente l’Osla. E Osla, per voce del proprio Direttore, Giorgio Chiaruzzi, replica bellicosa. “Se il principio dell’Erga Omnes è vecchio bisogna cambiarlo, ma finché rimane in vigore la Legge del 1961, quella è chiara e indiscutibile. E non è solo la legge ad essere chiara, è chiara anche tutta la giurisprudenza che si è espressa su quella legge, a partire dal Magistrato del Lavoro, in merito ai ricorsi in appello fatti da noi o verso di noi. Il problema comunque c’è, se ne sono accorti anche i sindacati”. E se la legge venisse superata come propongono, ad esempio, gli artigiani? “Certo, se si toglie la legge in vigore ognuno poi ha le mani più libere. Ma categorie o sindacati rischierebbero di finire per farsi la concorrenza, tra i contratti. Questo è il modello anglosassone, per cui noi non siamo pronti”. Chiaruzzi parla poi di chi non è iscritto ad alcuna associazione di riferimento – un punto non trascurabile – e sui dati precisi degli associati. “I dati vanno forniti al Tribunale e all’Agenzia di informazione finanziaria. Se uno ritiene di sbandierarli sul proprio sito internet faccia pure, per noi c’è la privacy da rispettare”.
Della stessa questione parla, ma con sfumature più soft, Carlo Lonfernini, Presidente di Usc. Che anzi, lancia un appello: “A San Marino in troppi casi ci sono operatori che non aderiscono a nessuna associazione, e questo ci dispiace, perché è un sintomo di trascuratezza, di scarsa sensibilità verso problemi che sono di tutti. Purtroppo c’è questa abitudine che ha una sua influenza quando si va a firmare i contratti perché non è giusto andare a trattare anche per chi non rappresentiamo”. E il problema della mancata trasparenza sul numero degli associati? “Effettivamente questa è una lacuna di un po’ tutte le categorie. Se uno dice che rappresenta qualcuno lo deve anche dimostrare. Serve ordine, ma penso positivo: con un po’ di buona volontà si può arrivare ad un risultato”. Già, ma quale risultato si dovrebbe ottenere per i commercianti? “La legge oggi parla chiaro, ma con la Segreteria al Lavoro ci siamo seduti attorno a un tavolo per ragionare sulla normativa, ormai datata. La nostra idea è che la rappresentatività non si può estendere a chiunque, occorre una rappresentanza vera e anche sostanziosa. Altrimenti diventerebbe una giungla”.
Per l’Usot invece parla il Presidente Paolo Rossi. I suoi concetti sono semplici, ma vanno in profondità. “Per noi il discorso è semplice: non basta avere una manciata di soci, o addirittura uno solo, per avere il diritto di rappresentare un intero comparto. È il caso ad esempio, nel nostro settore, del comparto alberghiero. Se ci si siederà davvero attorno a un tavolo per ragionare sulla questione della rappresentatività, noi prenderemo una posizione allineata a quella dell’Anis.
Già, l’Anis. Ecco la posizione del Segretario Generale Carlo Giorgi. “Purtroppo il fallimento delle relazioni sindacali palesato dalla mancata firma del contratto di lavoro, è un dato di fatto su cui tutti dobbiamo ragionare. I problemi che noi abbiamo avuto in passato legati alla rappresentatività oggi non possono venire sottovalutati, perché altri si potrebbero trovare nelle medesime condizioni. Il futuro lo si conquista modificando le leggi e andando a riformare il mercato del lavoro. Senza dubbio si deve ripartire dalla ridefinizione delle regole del gioco, sapendo quali sono effettivamente i giocatori in campo”. L’accordo del tavolo tripartito del 9 luglio 2009, che l’Anis non ha firmato, può essere considerato la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Giorgi oggi racconta a Fixing i retroscena di quei giorni. “Nei giorni precedenti alla conclusione del tavolo tripartito, Governo e sindacato s’incontrarono e trovarono un accordo riservato e separato. Poi vennero a confrontarsi con le associazioni di categoria a trattare per un accordo ‘finto’, perché tutto era già stato deciso. E arrivarono con l’intenzione di firmare anche senza Anis”. Offesi? “No, siamo pragmatici e guardiamo al futuro. Però questo è un episodio emblematico. E conferma la nostra idea, che oggi la ripartenza deve avvenire nella massima chiarezza”.
Qual è allora la proposta concreta di Anis? “A nostro avviso il sindacato registrato, provvisto di personalità giuridica, è abilitato a stipulare un contratto collettivo con efficacia erga omnes solo se è maggiormente rappresentativo con riferimento alla ‘categoria’ in relazione alla quale viene stipulato il contratto collettivo di lavoro. Tale condizione si realizza quando il sindacato da solo, o congiuntamente ad altri sindacati che sottoscrivono il contratto, rappresenta, quanto agli iscritti, complessivamente il 51% dei lavoratori occupati in quella categoria o settore merceologico. Ove tale percentuale non sia raggiunta, al contratto collettivo sarà riconosciuta solo un’efficacia limitata agli iscritti alle associazioni stipulanti e non anche ai lavoratori non iscritti”.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento