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Riforma di Banca Centrale: risparmi e servizi per lo Stato

da Redazione

Presentato il piano di ristrutturazione: i dipendenti si riducono a 70 dagli attuali 84, mentre la Tesoreria torna in mano pubblica. Intanto entro fine aprile il Congresso di Stato dovrà anche presentare il piano esecutivo della revisione della spesa, con un taglio del 10% in tre anni sui quasi 500 milioni annuali.

 

di Daniele Bartolucci

 

La spending review parte da Banca Centrale, tanto che è già stato formalizzato al Congresso di Stato un piano di ristrutturazione che porterà – entro l’estate – ad un taglio del 20% degli oneri convenzionali per la remunerazione dei servizi prestati da Banca Centrale a tutto il Settore Pubblico Allargato. Ma perché ciò si traduca in un effettivo risparmio, occorre quantificare l’effettivo vantaggio per lo Stato di “riprendersi” i servizi di Esattoria e Tesoreria, con relativo personale in carico (che diventeranno da dipendenti di BCSM a dipendenti pubblici, pare di capire). E a proposito di personale, visto che BCSM ne taglierà ben 14 su 84, si attende la definizione della revisione della spesa pubblica che dovrà comunque garantire un risparmio del 2,5% quest’anno e del 10% in tre anni. Una revisione che dovrà comunque tener conto anche dei dipendenti pubblici e del loro contratto di lavoro, oltre a mettere mano a tutti gli altri centri di costo della struttura pubblica, che “costa” quasi 500 milioni di euro l’anno.

 

LA SPENDING TARDA, MA NEL PRIVATO SI “TASSA”


La ristrutturazione di Banca Centrale era contenuta nella Legge di Bilancio, quindi un impegno al pari della spending review, per la quale “con la Legge n. 94/2017 il Governo si è impegnato a ridurre la spesa corrente del 2,5% nel 2018, del 3,5% nel 2019 e del 4% nel 2020”, spiega il Segretario alle Finanze Simone Celli nella sua relazione al Piano di Stabilità Nazionale appena presentato nelle sue linee guida.

“Di conseguenza, l’obiettivo è di raggiungere la riduzione di circa il 10% della spesa corrente nei prossimi 3 anni. Una parte di tale lavoro è già stata compiuta: la spesa pubblica per il bilancio del 2018 è già stata ridotta dello 0,8%, confermando l’obiettivo di una riduzione del 2,5% nel corso dell’anno”. Dove andranno a recuperare questo 1,7% non è ancora specificato, ma non dovrebbe essere complicato, visto che sono pochi milioni di euro su una spesa corrente stimata in poco meno di 500. Di certo anche il 10% totale in 3 anni è un “taglio” relativamente soft, tanto che da più parti, in primis ANIS, è stato chiesto di essere molto più incisivi e andare a recuperare più risorse, anche e soprattutto in vista dell’enorme necessità di liquidità che lo Stato dovrà trovare nei prossimi mesi: una necessità così grande che l’ipotesi di un prestito internazionale diventa ogni giorno più concreta, soprattutto se non si mette mano alla spesa corrente. Ne è consapevole anche il Segretario Celli, che nella stessa relazione scrive: “La revisione della spesa pubblica persegue l’obiettivo di garantire un surplus di bilancio in grado di assicurare maggiori risorse per sostenere la crescita, consentire investimenti anche attraverso un attento esame della spesa in termini qualitativi e quantitativi. Tale surplus produrrà la ricostituzione di adeguate riserve pubbliche, e aiuterà quindi a sostenere la stabilità finanziaria. Nei settori dell’istruzione e della salute, la revisione della spesa avrà invece il solo scopo di ridurre gli sprechi senza intaccare gli attuali eccellenti livelli di servizio”. Ma dove si interverrà non è ancora chiaro: sugli stipendi dei dipendenti pubblici? Sull’esternalizzazione dei servizi? Sull’ingente patrimonio di immobili pubblici e sulla revisione degli affitti passivi che comunque lo Stato paga per molti suoi uffici ed enti? Al momento si sa solo che il progetto va avanti e che entro l’estate deve essere formalizzato un piano, come previsto dalla Legge (si veda il box). Nel frattempo, però, arrivano i “sacrifici” richiesti ai privati, soprattutto con la patrimoniale (il regolamento è atteso entro fine mese) e la reintroduzione della minimum tax (che colpiranno in prevalenza imprese e imprenditori, quindi), con lo spettro nemmeno tanto velato, che anche con la riforma delle pensioni si chiederà ai cittadini di “sacrificare” qualcosa. Qualcosa che, salvo soprese, “peserà” molto di più del 2,5% che si è impegnato a tagliare lo Stato alla sua struttura. Come la ristrutturaione richiesta a BCSM.

 

LO STATO SI RIPRENDE LA TESORERIA DA BCSM


“Sul tema della Riforma della Pubblica Amministrazione”, ha spiegato Celli, “va sottolineato che la Legge n. 188/2011 ha già introdotto una serie di misure graduali atte a revisionare e semplificare la struttura della PA” e “in tale ottica assume rilevanza strategica la proposta di istituire un Dipartimento del Tesoro, che possa far rientrare nell’orbita dell’amministrazione pubblica la gestione della Tesoreria e che consenta di gestire con competenza e professionalità le dinamiche evolutive del bilancio dello Stato”. Ma ad oggi tale servizio è gestito da Banca Centrale, ed è qui che si concentra uno dei fondamenti della riforma della stessa, pilastro del piano di ristrutturazione presentato nei giorni scorsi. Perché se è vero che Tesoreria ed Esattoria passeranno alla P.A., è anche vero che per Banca Centrale si avrà un risparmio importante in termini di occupati, che non dovrà più stipendiare (lo farà lo Stato?). Motivo per cui si vocifera che tali dipendenti (quelli “scelti” dalla dirigenza) siano già stati informati e traferiti presso le due sedi distaccate, proprio per agevolare il passaggio da BCSM allo Stato.

Non solo, secondo la relazione di Celli, nella nuova struttura statale andranno anche diversi registri, in particolare quelli più remunerativi, ovvero quello aeronavale e quello dei marchi e brevetti, probabilmente per garantire ancora più liquidità allo Stato. Liquidità da gestire direttamente e non per tramite della Banca Centrale. Anche se, “viene comunque ipotizzata la gestione accentrata presso la BCSM del conto corrente unico di tesoreria in cui confluiscono quotidianamente tutti i versamenti e i prelievi”.

 

UNA BANCA CENTRALE PIÙ SNELLA E SPECIALIZZATA

 

Il piano di ristrutturazione parte da due esigenze: una economica, ovvero di “costare” meno degli attuali 12 milioni di euro (a fronte di soli 9 di entrata); e una strategica, di diventare ancora più specializzata in compiti e funzioni che le sono proprie, dalla vigilanza e supervisione del sistema bancario e finanziario, alla funzione monetaria e dei pagamenti, fino all’implementazione della ricerca statistica finanziaria ed economica. E’ chiaro che il primo obiettivo si raggiunge o aumentando le entrate (ma non è questo il caso, visto che l’intenzione è quella di togliere servizi e funzioni) o riducendo le spese, come in effetti si farà. A partire dal dato più rilevante, che è quello del personale occupato: in sintesi, si passerà dagli attuali 84 dipendenti a 70. Il tutto secondo uno schema già delineato, come ha spiegato il Segretario Celli in Commissione Finanze l’altro giorno: “A fronte degli interventi di revisione proposti in termini di efficienza della struttura, la BCSM passa immediatamente da 84 a 70 risorse effettive; tale riduzione deriva dagli interventi e dalle scelte riguardanti la revisione della struttura. Si avrà la riduzione in valore assoluto di risorse effettive (- 19) che deriva, da un lato, dalla riduzione delle risorse per efficientamento pari a n.8 unità (circa il 10% delle risorse effettive) e dal trasferimento verso la P.A. di un numero equivalente di risorse attualmente in organico presso i dipartimenti Tesoreria ed Esattoria pari a 11 unità, per un totale complessivo di minori 19 unità effettive. Vi sarà l’incremento in valore assoluto del numero di risorse effettive (+5) in seguito alla creazione della nuova area “Analisi e ricerche macroeconomiche-Statistiche Finanziarie” che prevede ulteriori 3 unità effettive e della nuova struttura di Gestione delle crisi, che prevede ulteriori 2 unità effettive, le risorse nette aggiuntive risultano essere complessivamente 5 unità. Il saldo netto delle risorse in uscita pari a 19 (-22%) e delle risorse aggiuntive richieste per le nuove attività pari a 5, è pari a 14 risorse”, quindi “una riduzione di organico da 84 risorse effettive a 70 (-16,6%)”. L’altro obiettivo è più complesso e parte dall’analisi delle attuali funzioni, che sono “sovradimensionate”, commenta Simone Celli, tanto che sono state rilevate ben 184 attività in seno a BCSM, talvolta anacronistiche e slegate dal contesto reale, come la “vigilanza (segnaletica, ispettiva e prudenziale) a fronte di un solo soggetto vigilato” nel caso degli Istituti di pagamento, o le stesse funzioni nell’ambito assicurativo, dove ci sono solo due soggetti vigilati. Riviste queste attività, il piano prevede una specializzazione delle funzioni proprie di Banca Centrale, con potenziamento delle stesse. Riguardo alla vigilanza, però, pur ipotizzando una “internalizzazione” dell’AIF, essa avrebbe comunque la sua autonomia, motivo per cui, alla base della riforma diventa centrale riorganizzare la governance di Banca Centrale e il piano lo fa creando un “Direttorio, a cui spetta la competenza ad assumere i provvedimenti aventi notevole rilevanza esterna (normativa, regolamentare, interpretativa oltre agli interventi di urgenza) relativi all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite a BCSM per il perseguimento delle finalità istituzionali, e in particolare: le funzioni di vigilanza e supervisione, le funzioni di promozione della stabilità finanziaria del sistema, le funzioni monetarie, le funzioni valutarie e le funzioni di gestione del sistemi di pagamento, le funzioni di analisi e ricerca macroeconomica, di elaborazione e analisi di statistiche finanziarie e di consulenza mediante l’individuazione di indirizzi per lo sviluppo economico della Repubblica di San Marino nonché per lo sviluppo e la competitività del sistema bancario, assicurativo e finanziario sammarinese”. Di fatto “al Consiglio Direttivo non spetta più alcuna competenza in materia di vigilanza regolamentare”, mentre vengono dati più poteri al Direttore Generale.

 

LA REVISIONE DELLA SPESA PUBBLICA


L’articolo 15 della Legge 7 agosto 2017 n. 94 ha istituito un gruppo di lavoro con il compito di ridurre e riqualificare la spesa del Settore Pubblico Allargato attraverso l’analisi dei processi gestionali ed amministrativi, delle modalità di gestione e di erogazione dei servizi e delle forme e misure di contribuzione a diverso titolo alla sfera privata. Il gruppo di lavoro è stato incaricato di redigere, entro il 30 novembre 2017, una relazione con le proposte di interventi in cui evidenziare le criticità, basandosi anche sulla vecchia relazione presentata in data 31 maggio 2013 dal Gruppo Tecnico per la revisione della spesa pubblica. Sulla base di queste proposte, il comma 7 dello stesso articolo, ha dato mandato al Congresso di Stato di formulare e sottoporre al Consiglio Grande e Generale, per la sua approvazione, un piano esecutivo di intervento e riduzione e riqualificazione della spesa teso a raggiungere il risultato della diminuzione della spesa corrente del 10% nei prossimi tre esercizi finanziari. Il gruppo di lavoro, insediatosi il 17 ottobre, è composto sia dalle istituzioni che dai rappresentati dei partiti politici che, ovviamente da quelli delle associazioni datoriali e sindacali. A titolo di cronaca, le associazioni di categoria, escluso solo USC, hanno presentato un documento unitario contenente indicazioni e proposte per ridurre la spesa corrente e anche per rilanciare l’economia del Paese. Il documento finale è ora al vaglio del Congresso di Stato per ricavarne le indicazioni migliori e tradurle in azioni concrete, in un “piano esecutivo pluriennale” da presentare entro il 30 aprile 2018, come indicato nella finanziaria. “Il piano esecutivo pluriennale”, si legge nell’ultima Legge di Bilancio, “indica gli interventi da attuare, la misura degli stessi e le relative priorità, individuando le tempistiche in relazione allo strumento attuativo necessario, quale atto normativo, regolamentare o amministrativo. Per l’esercizio finanziario 2018 gli interventi previsti dal piano, in funzione dell’obiettivo fissato nel comma 1, devono trovare riscontro in sede di assestamento di bilancio”. Tra questi, “gli interventi di natura contrattuale sono oggetto di confronto con le parti sociali interessate”. Ovviamente il riferimento è ai dipendenti pubblici. Per i quali, a breve, il Congresso dovrà anche dare l’indicazione corretta di come dovrà essere applicato il famoso “tetto” alle retribuzioni fissato in 100mila euro.

 

ANIS: “SIA QUEL PROGETTO STRATEGICO CHE MANCA DA TROPPO TEMPO AL PAESE”


“Confronto serio sugli interventi per stabilità e sviluppo, accolta la nostra proposta di istituire gruppi di lavoro con le necessarie competenze tecniche partendo da dati puntuali”. Così l’Associazione Nazionale Industria San Marino dopo aver incontrato come preannunciato il Governo per discutere delle linee di indirizzo del Piano di Stabilità Nazionale. “Un progetto che, come da noi richiesto da anni, può rappresentare quel piano strategico che manca al Paese da troppo tempo e che coniughi riforme strutturali al rilancio dell’economia. Perché risulti efficace e non solo una serie di interventi tampone, occorrono a nostro avviso due elementi imprescindibili: la condivisione totale dei dati e delle informazioni e la volontà di aprire un confronto costruttivo con tutte le parti sociali. Nell’incontro con il Governo abbiamo avuto garanzie per entrambi, compreso l’accoglimento della nostra proposta di istituire gruppi di lavoro, composti da tecnici con le necessarie competenze. Questo per evitare di arrivare ad una sommatoria di istanze che, per quanto legittime, non permetteranno mai una sintesi, con il risultato di non concretizzarsi in interventi legislativi. Rileviamo con favore che il nostro appello al Governo è stato accolto positivamente e il Piano di Stabilità – i cui contenuti ci hanno assicurato verranno definiti, con i tempi necessari, insieme anche alle parti sociali – diventerà anche un piano permanente per lo Sviluppo. Conti pubblici in sicurezza e rilancio del sistema economico devono viaggiare in parallelo. Ma occorre individuare anche le priorità: punto di partenza insieme al Bilancio dello Stato, è sicuramente il settore bancario, fondamentale per sostenere le imprese. Occorre recuperare fiducia e credibilità in questo settore e non solo, in generale si deve fare di tutto per migliorare la reputazione del nostro Paese all’esterno, viatico all’attrazione di nuove imprese e investimenti. Un’attrattività e competitività del sistema che va aumentata con le riforme strutturali di cui si parla da tempo, oltre che dalla riduzione e semplificazione della burocrazia per finire con l’introduzione di un sistema IVA e il superamento degli ostacoli all’operatività sul mercato europeo. È un passaggio obbligato per il nostro Paese e la nostra Associazione, se questi sono i presupposti, darà come sempre il proprio contributo”. Nel frattempo sono iniziate le serate pubbliche di presentazione delle linee di indirizzo al Piano, e anche gli incontri proseguiranno frequenti, fino alla serata di “sintesi” del 17 aprile. Poi il confronto con le parti sociali.

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