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Davide Brullo e i suoi lirici russi che vissero nel fuoco della Storia

da Redazione

Ha dato alle stampa “1917 I poeti che fecero la rivoluzione” (Edizioni Interno4), antologia “brulliana” delle penne più illuminate (e meno conosciute) che esattamente un secolo fa produssero arte straordinaria.

 

di Alessandro Carli

 

Rivoluzionario, Davide Brullo, lo è stato sin dai primi articoli firmati su “La Voce di Romagna”: rivoluzionario per modalità di scrittura e di pensiero ma soprattutto per l’aver scardinato quell’atavico e pericoloso sistema di autocompiacimento che l’arte riminese ha (e richiede) quando passa dalla “presentazione” – asettica e farcita di elogi – di un evento alla recensione del fatto compiuto.

Davide, più o meno un mese fa, ha dato alle stampa “1917 I poeti che fecero la rivoluzione” (Edizioni Interno4), antologia “brulliana” delle penne più illuminate (e meno conosciute) che esattamente un secolo fa produssero arte straordinaria “nel fuoco della Storia”: Achmatova, Blok, Cvetaeva, Gor’kij, Majakovskij, Mandel’stam e Pasternak, tra i più grandi non solo della letteratura russa ma mondiale.

“La Russia, la Rus’, è essenzialmente una creazione letteraria, un tentativo e una tensione, un volo” scrive l’autore nelle pagine che anticipano le liriche. “Non c’è poeta che non abbia intinto la penna nella Rivoluzione. Alcuni di loro (…) pensarono di poter modificare il corso della Storia”. E, leggendo le composizioni, lo fecero, anche se non se ne accorsero, o non ebbero modo di poterlo fare: “L’ubriacatura rivoluzionaria durò l’attimo di uno sparo” scrive Brullo, ma si è riverberata a lungo, e a lungo ancora lo farà grazie ai “colpi”, precisi e appassionati, che l’autore ha lasciato sulle 179 pagine del libro.

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