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Roberto Benedettini, l’uomo che ha visto la grande Storia

da Redazione

L’amministratore unico dell’azienda di trasporti a Berlino e Belgrado nei giorni “caldi”. Il Gruppo ha festeggiato i 70 anni di attività ed è stato ricevuto dai Capitani Reggenti.

Benedettini Roberto

 

di Alessandro Carli

 

Forse la storia della seconda metà del Novecento non l’ha studiata sino in fondo sui banchi di scuola, ma l’ha vista di persone e soprattutto l’ha vissuta. A pochi giorni dall’importante traguardo dei 70 anni della “Fratelli Benedettini” – azienda di trasporti che è stata fondata nel 1946 e che per celebrare questa ricorrenza i vertici del gruppo sono stati ricevuti dagli Eccellentissimi Capitani Reggenti -, con l’Amministratore Unico Roberto Benedettini, nato nel 1964, iniziamo a parlare della storia dell’impresa, ricca di aneddoti e di gustose perle. “La Seconda guerra mondiale ha lasciato un solco profondo nel nostro Paese. Oltre alla celebre pagina sull’accoglienza di oltre 100 mila rifugiati e al capitolo dell’eroico Gurkha, il conflitto aveva distrutto la ferrovia che collegava San Marino a Rimini. Nel 1946 quindi mio babbo Fortunato detto Nando e suo fratello Giuseppe iniziarono ad effettuare il collegamento con la Riviera attraverso due autobus, un Fiat 621 e un Fiat 626” racconta. Parliamo di viaggi quindi. E di motori. A due e quattro ruote. Non prima di aver svelato una chicca: la Fratelli Benedettini è stata intestataria della prima targa automobilistica, RSM 1.

E la storia persone di Roberto si intreccia con il mondo dei motori e dei viaggi. In sella quindi. “Ho corso con le motocross sino all’età di 20 anni, partecipando anche a qualche round mondiale: ero nel team della nazionale italiana junior della Sukuzi. A 21 anni ho scelto di interrompere l’attività sportiva e di buttarmi nel lavoro, nell’attività di famiglia”. Ma non del tutto.

“Ho poi corso anche i rally, ero nel team ufficiale Subaru tra il 2008 e il 2012”. Dalle moto e dalle macchine ai pullman, il passo – inteso anche come distanza tra le ruote – è enorme. “In realtà – prosegue con un sorriso -, già all’età di nove anni parcheggiavo gli autobus, facendo disperare la Gendarmeria e il mio povero babbo. Ricordo ancora oggi una lontana giornata invernale. Mio babbo mi chiede di spostare un mezzo da un garage piccolo ad uno più grande in quanto minacciava neve. Già che c’ero, mi sono fatto un giro. Chiaramente, mentre ero a Città, la neve ha iniziato a scendere. Con molta cautela sono riuscito a portare alla base il mezzo. Dove mi aspettava mio babbo e i corpi di polizia…”.

Non ci dice com’è andata a finire. Forse una tirata di orecchie? Roberto sorride…

“A 21 anni poi ho preso la patente per poter guidare gli autobus. Mi pare fosse un giovedì. Ebbene, il giorno successivo partii, San Marino – Vienna. Sei giorni in tutto, con i turisti a bordo”. E per i successivi 12 anni, Roberto ha guidato tanto. “Europa, Gran Bretagna, Paesi dell’Est. In UK ho percorso 7 mila km guidando a sinistra”. E nei viaggi, Roberto, la grande Storia europea degli anni Ottanta e primi anni Novanta, l’ha vista di persona. “Nel novembre del 1989 ero a Berlino. Il muro mi rimase particolarmente impresso: isolava davvero due mondi. Una città doppia nonostante in linea d’aria distasse pochi metri”. Poi la Cecoslovacchia. Sempre nel 1989, la cosiddetta “Rivoluzione di velluto”, quella non manifestazione che rovesciò il regime comunista. E ancora, la rivoluzione Rumena, stesso anno. “Belgrado – aggiunge -. Non posso dimenticare quando passai con l’autobus in mezzo ai carri armati”. Ma non solo. “Vedere le persone in fila per il latte o un pezzo di pane – e non parliamo di 50 anni fa ma di circa 25 – sono fotografie indelebili, che ti fanno pensare e che ti provocano un dolore dentro”. Su tutto, un frame. “Una ragazza con un bimbo piccolo, in attesa della loro razione. Ancora oggi mi chiedo se è ancora viva…”.

Dodici anni intensi, i suoi. “Poi a 33 anni mi sono fermato: mio babbo è venuto a mancare e ho preso in mano l’azienda”. Che nel tempo è cresciuta. “Negli anni Novanta avevamo un parco bus composto da sei mezzi, oggi siamo a 30 autobus. La forza-lavoro è di circa 40 persone. Per me e per i miei fratelli Pierluigi e Mario è motivo di orgoglio: siamo un’azienda familiare e abbiamo bene in mente il valore della famiglia e dei rapporti diretti. Dare lavoro significa permettere alle persone di poter vivere, crescere, dare da mangiare ai figli, divertirsi”.

“Nel tempo – spiega l’amministratore unico – abbiamo acquisito due aziende – una in Italia – e abbiamo ampliato i servizi”. Uno degli ultimi è lo shuttle che collega San Marino e Rimini a Bologna. Non dimenticando il proprio passato, Roberto è sempre in viaggio verso il futuro. “Stiamo ultimando il collegamento Rimini – Bologna – Firenze per intercettare anche i flussi turistici toscani”. E sempre nel 2017 è in calendario un’iniziativa che, in qualche modo, lo riporta alla sua adolescenza. “E’ in fase di lancio un progetto che si lega a una forma di turismo un po’ diverso. In accordo con Vespa e Ducati, creeremo dei pacchetti per viaggiatori su due ruote in mezzo alla natura, che toccherà anche i vecchi borghi e la peculiarità enogastronomiche del Paese”.

Alle due ruote, il figlio di Roberto, Elia, ha scelto un’altra strada, il calcio. In porta. “Ho seguito sin da subito la sua passione e la sua carriera. Ha iniziato a 6 anni, poi dai 9 ai 14 ha giocato nelle giovanili del Cesena: tutti i giorni lo portavo io. A 14 anni però è stato scartato perché era piccolo di statura, così è tornato a San Marino”. Un osservatore del Cesena lo rivede e lo riprende. Un infortunio però gli spezza la seconda vita sul Savio. “Un amico di Roma mi consiglia di mandarlo in Toscana, alla Pianese”. Nel frattempo Elia è cresciuto. “Oggi è alto un metro e novanta e pesa circa 90 chili. E nei giorni scorsi è partito in ritiro con il Novara, una squadra che gioca in serie B”.

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