Nella riforma del Testo Unico delle Leggi Urbanistiche ed Edilizie approdata in Consiglio Grande e Generale, c’è anche un’innovazione che potrebbe favorire il riutilizzo degli immobili esistenti.
di Daniele Bartolucci
Il rilancio dell’edilizia è legato al nuovo PRG e al nuovo Catasto, ma soprattutto da una nuova prospettiva, che metta a frutto le esperienze più virtuose e moderne per dar vita ad uno sviluppo più sostenibile per tutti: per le imprese del settore e dell’indotto ad esso connesso (si veda ad esempio Fixing nr. 19), ma anche per la comunità e il territorio, che non possono immaginare un futuro con più cemento di quanto ne sia già colato sulle pendici del Titano. Le parole che accompagneranno questa evoluzione sono quindi ristrutturazioni, green economy, trasformazioni e riconversioni. Tutte operazioni, quindi, che possono prevedere un nuovo utilizzo o riutilizzo del patrimonio immobiliare esistente (oltre 12.000 unità), facendo leva su problematiche ormai evidenti, sia a livello strutturale (immobili vecchi e soprattutto inidonei all’efficientamento energetico oggi possibile, si pensi solo ai pannelli fotovoltaici sui tetti) sia a livello urbanistico (capannoni in mezzo alle case e case circondate da capannoni). Tutto questo limiterà fortemente il consumo di territorio, ovvero la nuova edificazione, se non dove strettamente necessaria (piccoli ampliamenti delle abitazioni, ad esempio) o funzionale a servizi e investimenti per tutta la comunità. Per questo, oltre all’affidamento dell’incarico di redigere il nuovo PRG all’architetto Stefano Boeri (vedi Fixing. nr. 20), occorre dare nuovi strumenti a professionisti e imprese perché questo “riutilizzo” possa partire nel migliore e più rapido modo possibile. Strumenti normativi che, a quanto pare, sono stati finalmente inseriti nella riforma del Testo Unico delle Leggi Urbanistiche ed Edilizie, vecchio di quasi 21 anni.
All’interno della revisione completa di tutti gli aspetti, trova spazio anche l’aggiornamento di tutte le norme riguardanti i tipi di intervento edilizio, “tra i quali assume carattere innovativo la ristrutturazione edilizia in cui si prevede anche la demolizione con ricostruzione dell’immobile esistente, salvo l’adeguamento di una distanza minima dai confini di tre metri, in linea con la normativa italiana”. Così Antonella Mularoni, Segretario al Territorio, ha presentato in questi giorni le modifiche al TU del ’95, il cui testo è approdato in Consiglio Grande e Generale in prima lettura. Allo stesso modo, altro elemento collegato alle ristrutturazioni, è il fatto che sia stata reintrodotta” la definizione degli interventi edilizi sugli immobili soggetti a vincolo culturale presenti nella legge 18 settembre 1990 n.103 “Edifici di rilevante interesse storico, ambientale e culturale”, abrogata dal TU ma della quale si continuano ad applicare i contenuti in riferimento al Regolamento n. 1/2009″.
NUOVA VITA AGLI EDIFICI DI INTERESSE STORICO
Dopo aver definito compiutamente la differenza tra manutenzione ordinaria e straordinaria (art.li 99 e 100), il nuovo articolato del Testo Unico disciplina il “Restauro scientifico” (art. 101), che è diverso dal restauro vero e proprio (art. 102), soprattutto nella parte che prevede la possibilità di ” cambiare destinazione d’uso nel rispetto dell’impianto generale e l’installazione di servizi igienici e tecnologici”, di “aggregare unità tipologiche adiacenti troppo piccole per un adeguato utilizzo”, di “utilizzare soffitti e sottotetti, purché ciò non comporti l’alterazione del profilo altimetrico originario”, di “conservare le parti superstiti delle strutture ed i collegamenti originali”. Infatti “sono interventi di restauro e di risanamento conservativo quelli volti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentono destinazioni d’uso compatibili”. Tali interventi riguardano gli edifici di rilevante interesse storico, ambientale e culturale classificate Zone A ai sensi dell’art.33 della legge n.7/1992 e comprendono “il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costruttivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, la eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”. L’art. 102 disciplina anche il “risanamento conservativo”, che “ha per scopo la riforma organica dei fabbricati”. Pur dovendo conservare “le facciate esterne nonché dell’apparato decorativo superstite”, permette di “aggregare unità tipologiche adiacenti nel rispetto dei caratteri architettonici degli edifici” e di “traslare solai privi di valore architettonico nella misura non eccedente i 30 cm”, così come di “aprire prese di luce ed aria nelle coperture esistenti, mantenendone tuttavia inalterato l’andamento e non apportando modifiche al numero dei piani compreso il sottotetto”, oltre alla “possibilità di utilizzare soffitte e sottotetti purché ciò non comporti un innalzamento della linea di gronda” e “di inserire scale, ascensori ed altri impianti tecnologici, escludendo tuttavia tassativamente aumenti di volumi tecnici eccedenti le coperture”. Interessante anche la “possibilità di inserire servizi igienici illuminati ed areati artificialmente” e di “utilizzare un’altezza minima dei vani abitabili pari al mi. 2,40”.
Per quanto riguarda le ristrutturazioni degli edifici di rilevante interesse storico, ambientale e culturale classificati Zone A ai sensi dell’art.33 della legge n.1/1992, l’art. 106, il nuovo Testo Unico prevede un articolo dedicato (106), laddove “la ristrutturazione edilizia ha per scopo la riforma organica dei fabbricati che, pur non presentando particolari caratteristiche storico-architettoniche, hanno una funzione importante nell’equilibrio paesaggistico ed ambientale”. In questo caso, “ai fini del recupero residenziale è consentito un incremento massimo di volume di mc. 150 comprendente anche gli interventi di cui all’art.84 comma 2 lettera e) ed un eventuale innalzamento massimo delle linee di gronda di mi. 1,00, nel caso in cui tali modifiche siano rese possibili dalle relative aree di pertinenza. Tale incremento potrà essere realizzato anche mediante più interventi edilizi, da realizzarsi anche in parte ed in momenti successivi, che complessivamente non dovranno superare 150 mc, con riferimento alla intera particella catastale anche se suddivisa in subalterni e fermo restando quanto stabilito all’art.84 comma 4. Tale incremento deve inoltre rispettare il carattere tipologico dell’impianto originario dell’edificio e il numero di piani già esistenti”.
DEMOLIRE E RICOSTRUIRE SARÀ FINALMENTE POSSIBILE
Come detto in premessa, con un patrimonio di oltre 12.000 unità abitative già edificate, sicuramente sono moltissime le opportunità per intervenire sull’esistente e, di conseguenza, far lavorare il comparto edile e tutto l’indotto che ad esso si accompagna (artigiani, installatori, professionisti, tecnici, logistica ecc). In molti casi, però, si tratta davvero di imprese impossibili, in quanto gli edifici esistenti non si prestano nemmeno a ristrutturazioni e manutenzioni straordinarie, ma è necessario demolirle. A volte, in verità, è anche più economico demolirle e ricostruirle. Ma mancava una normativa di riferimento, che invece ora è estata inserita in questa riforma del Testo Unico. Se l’art. 109 definisce la “Demolizione” come “l’intervento volto ad eliminare in tutto o in parte un edificio”, partendo dal fatto che “costituiscono interventi di demolizione integrale gli interventi che comportano la rimozione, di oltre il 50% delle murature perimetrali dell’unità edilizia oggetto d’intervento”, la parte innovativa è contenuta nell’articolo 108, riferito alla “Nuova Costruzione” e del 110 “Demolizione e ricostruzione esclusivamente per gli edifici di rilevante interesse storico, ambientale e culturale classificati Zone A ai sensi dell’art.33 della legge n.7/1992”. Anche le demolizioni, infatti, rientrano nell’ambito delle nuove costruzioni: “Le nuove costruzioni sono finalizzate all’attuazione della legge di Piano Regolatore Generale e degli strumenti di pianificazione attuativa e sono effettuate nel rispetto delle previsioni della presente legge, delle sue norme attuative e delle norme di settore”.
E’ infatti in questo ambito che “le nuove costruzioni comprendono la totale o parziale demolizione e ricostruzione dell’organismo edilizio esistente che non sia classificabile quale ristrutturazione edilizia o ampliamento e in generale tutti gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alla presente sezione”.
Per quanto riguarda, invece, la demolizione di edifici di rilevante interesse storico, si applica l’art. 110, ovvero “agli interi fabbricati ed ha per scopo l’edificazione di nuovi manufatti che rispettino le volumetrie e le sagome esistenti”. In questo caso, “è consentita la trasformazione residenziale dei locali accessori distaccati dalle abitazioni e la trasformazione d’uso dei locali all’interno di edifici residenziali”. E, “in conseguenza delle eventuali esigenze connesse alla nuova destinazione è consentito un incremento massimo di volume di mc 150,comprendente anche gli interventi di cui all’art.84 comma 2 lettera e) ed un eventuale innalzamento massimo delle linee di gronda di mi. 1,50, nel caso in cui tali modifiche siano rese possibili dalle relative aree di pertinenza e purché costituiscano valida soluzione architettonica”. Va detto che “tale incremento può essere realizzato anche mediante più interventi edilizi, da realizzarsi anche in parte ed in momenti successivi, che complessivamente non dovranno superare 150 mc, con riferimento alla intera particella catastale anche se suddivisa in subalterni e fermo restando quanto stabilito all’art.84 comma 4. Tale incremento deve inoltre rispettare il carattere tipologico dell’impianto originario dell’edificio e il numero di piani già esistenti”.
C’è un’ulteriore deroga: “In presenza di particolari condizionamenti urbanistici (strade, corsi d’acqua, servizi ecc.) la Commissione per le Politiche Territoriali può autorizzare la ricostruzione del fabbricato in posizione diversa dall’originale nell’ambito massimo di m 50,00 dalla sagoma preesistente”. Ma “è vietato l’inserimento di nuovi balconi o cornicioni e scale a sbalzo nelle ricostruzioni”.