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Neni Rossini: “Senza un progetto non si fanno scelte”

da Redazione

La curiosità del suo nome, lo sviluppo del Gruppo SIT. “Una data spartiacque per noi è stata il 2006”. Ecco il perché…

SIT Neni Rossini 31

 

 

di Alessandro Carli

 

“Capita ancora oggi che qualcuno che non mi conosce, chiamandomi o scrivendomi una mail, si rivolga a me al maschile” racconta con un sorriso Neni Rossini – per tutti ‘la Neni’ – che si definisce ‘la figlia della SIT’. Certo, il nome Neni è abbastanza particolare. “E’ una storia di famiglia: Neni era il diminutivo di mio zio Nelson che, assieme alla zia Miriam, ha ‘tenuto’ mia mamma Simona (Michelotti, ndr) quando era piccola”.

Il rapporto con il suo nome la riporta nel passato. “Da bambina spesso mi presentavo con nomi diversi, più comuni, come Sara o Arianna, per evitare le immancabili richieste di chiarimento ‘diminutivo di?’ e ‘ti chiami proprio così?’. Poi, nel tempo, ho iniziato ad apprezzarne la particolarità, e anche a farne lo spelling internazionale per non lasciare dubbi”.

La sua storia si intreccia indissolubilmente con quella del Gruppo SIT, nato a San Marino nel 1967 come “Rotostampa” grazie alle capacità imprenditoriali di Romano Michelotti e della figlia Simona e diventato SIT Stampa Imballaggi Trasparenti nel 1971.

Il nome (e il settore di cui si occupa, ovvero il packaging) della SIT, Neni lo ha sentito sempre. “Anche quando era incinta, mia mamma lavorava in azienda. Quindi già dalla sua pancia partecipavo alla vendita, agli acquisti e alle consegne delle bobine di film per l’imballaggio degli alimenti, incluse le attività di carico e scarico dal furgone” racconta con un sorriso.

Poi, una volta nata (1978), Neni ha potuto conoscere e vivere la SIT in prima persona. “Spesso sono stata allattata proprio qui, quando mia mamma mi portava con sé in ufficio”. Allattamento, ma non solo. “Diventata un pochino più grande, passavo in azienda interi pomeriggi a fare i compiti, scrivere temi e disegnare”.

La SIT però, se agli occhi degli adulti era comunque il luogo di lavoro, per lei era anche un “parco giochi” sui generis.

Con i ricordi torna a un reparto ben preciso: quello in cui si tagliano le bobine. “Allora i rifili e gli scarti del materiale plastico in lavorazione venivano raccolti in una scatola di cartone vicino alla taglierina e io mi divertivo moltissimo a tuffarmici dentro, ci giocavo per ore ricoprendomi di plastica e usandola per farci vestiti e collane. Mentre giocavo, venivo ‘guardata’ e sorvegliata dai vari capimacchina. Molti di loro lavorano ancora qui con noi”.

Poi Neni è cresciuta. “Ho frequentato il liceo classico a San Marino e mi sono laureata in ‘Economia e legislazione per l’impresa’ all’Università Bocconi di Milano”. Al termine degli studi, la Francia. “Ho vissuto per qualche mese a Parigi per studiare la lingua”. Già, le lingue straniere. “Credo che sia ormai indispensabile conoscerle, almeno le principali, non solo in ambito professionale per poter comunicare correttamente con persone di paesi diversi ma anche e soprattutto per sfruttare l’enorme potenziale che ci è offerto dal mondo quale nostro vero orizzonte di riferimento culturale ed esperienziale”.

Una realtà che è già presente in SIT da tempo. “Abbiamo assunto un’insegnante madrelingua inglese. Il target dei nostri clienti è sempre più internazionale e crediamo sia strategico che le varie funzioni del Gruppo siano in grado di comunicare con i rispettivi interlocutori stranieri”. Per questo vengono di volta in volta identificate le priorità dei comparti e delle figure – a tutti i livelli di responsabilità – che necessitano della formazione linguistica, nonché gli obiettivi di apprendimento, la cadenza delle lezioni e la durata dei corsi. “L’insegnante lavora full time e, oltre alle lezioni e alle traduzioni, organizza anche i periodi di formazione all’estero in cui gli studenti possono consolidare e testare le competenze linguistiche acquisite in azienda”.

Questa attenzione che viene rivolta a tutti i collaboratori si inserisce in una filosofia ben precisa. “Sono le persone il vero valore di SIT, il tratto distintivo del nostro Gruppo. In azienda ci sono molte delle persone più belle che io abbia mai conosciuto e non l’ho mai dato per scontato. Per me è un privilegio avere dei compagni di viaggio così”.

Dalle persone allo sviluppo dell’impresa. “Una data spartiacque per noi è il 2006 quando abbiamo acquisito SITITALIA. E’ stata un’intuizione ma anche un salto culturale: l’azienda di Pesaro era in grave difficoltà ed è nata l’idea e l’opportunità di integrarla nel nostro Gruppo, mantenendo l’occupazione. Non è stato facile: dovevamo ricostruire una squadra formata da persone che, seppure lavoravano nello stesso settore, venivano da una storia professionale e imprenditoriale molto diversa”.

Siamo nel settembre del 2006. Più o meno dieci anni fa.

“Questa acquisizione ci ha permesso di strutturarci in maniera più solida per essere pronti ad affrontare i clienti multinazionali e i mercati internazionali: i grandi gruppi (tra i clienti ricordiamo Ferrero, Mars, Barilla, Nestlé, Loacker, ndr) chiedono, tra le altre cose – qualità, professionalità, affidabilità, eccetera -, anche la garanzia di continuità delle produzioni e quindi almeno uno stabilimento per il back up. Quali sono state le ricadute? “L’apertura ai mercati internazionali e il confronto con realtà multinazionali di eccellenza hanno rappresentato per noi un volano positivo che ci ha fatto alzare l’asticella sul fronte organizzativo e qualitativo”. Una scelta che si è rivelata vincente: quasi metà del fatturato del Gruppo (che, tra l’headquarter a Faetano e i due stabilimenti italiani, uno a Pesaro e uno in provincia di Padova, conta circa 530 dipendenti) difatti è extra-Italia.

Per essere competitivi oggi è fondamentale avere un progetto per il futuro. “Dal 2012 in SIT abbiamo lavorato al piano strategico dell’azienda, con orizzonte temporale a cinque anni. Il mercato si evolve e cambia molto velocemente e almeno ogni due anni revisioniamo il nostro piano definendo obiettivi e progetti della squadra. Mia mamma ci ha insegnato che ‘Bisogna avere un progetto nella vita, altrimenti non si fanno scelte'”.

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