Home FixingFixing Michele Ferrero? “Un innovatore di prodotto e di responsabilità sociale”

Michele Ferrero? “Un innovatore di prodotto e di responsabilità sociale”

da Redazione

Simona Michelotti ricorda l’imprenditore, partner strategico del Gruppo Sit. Il progetto Imsofer, l’idea di azienda, la sensibilità verso i dipendenti in difficoltà.

 

di Alessandro Carli

 

La fabbrica per l’uomo e non l’uomo per la fabbrica. Era questa la concezione di azienda per Michele Ferrero, il grande imprenditore piemontese scomparso nei giorni scorsi. A lui si deve la nascita di Nutella, Ferrero Rocher e Tic Tac, giusto per citare qualche prodotto entrato nella quotidianità delle famiglie. Ma Michele Ferrero è stato anche altro, come ricorda Simona Michelotti, amministratore unico del Gruppo Sit, che nel settore dell’imballaggio flessibile è il primo fornitore di Ferrero nel mondo. “Era una persone molto credente, ma anche un innovatore di prodotto, di cultura e di responsabilità sociale. A partire da Imsofer, Impresa Sociale Ferrero. Per dare vita a questo progetto si era recato in Africa e in India per cercare alcune fabbriche in cui far lavorare le persone del posto. Proprio per il mercato indiano, circa dieci anni fa, alcuni professionisti del suo staff erano venuti qui in Sit perché avevano bisogno di una pellicola particolare per avvolgere l’ovetto Kinder. Non un film qualsiasi: un ‘termoformato’ in grado di resistere al caldo dell’estate”.

L’amministratore unico del Gruppo Sit lo ricorda con queste parole: “Un talento interiore, umile e semplice. Un valore grande e raro. Molto religioso. Tutti i giorni si recava in azienda ad Alba con l’elicottero e prima di entrare negli stabilimenti si fermava e si inginocchiava a pregare la Madonna”. Uomo attento ai territori, Ferrero aveva un’idea personale sull’ubicazione delle aziende. “Mandava in avanscoperta le persone più esperte e poi interveniva lui – ricorda Simona Michelotti con un sorriso -. Non voleva che le fabbriche fossero vicino al mare perché temeva che i lavoratori poi oziassero, ma nemmeno in altura: riteneva che un’azienda in montagna potesse avere ritmi lenti”.

Per Michele Ferrero è sempre stata centrale la relazione con le persone: dedicò grandi attenzioni ai suoi lavoratori in difficoltà. “Anni fa accadde una disgrazia: un dipendente ebbe un incidente in cui fu coinvolto anche il figlio. L’imprenditore si accollò tutte le spese e permise al lavoratore di stare vicino al piccolo per un anno e mezzo fino alla guarigione. Senza fargli perdere il posto di lavoro”.

Risale inoltre a circa 30 anni fa invece la creazione della Fondazione Ferrero. Michele Ferrero cercò un foglio di carta, prese una penna e scrisse: “Lavorare, creare, donare”. Il sapere delle sue persone doveva avere uno spazio in cui esprimersi.

E’ del tutto normale quindi che il giorno dei suoi funerali, tutta Alba era chiusa a lutto. Un cartello su tutti: “Siamo fieri di te. Grazie Michele”, a testimoniare l’affetto sincero dei compaesani.

“La camera ardente è stata allestita tra due stabilimenti e ricoperta da una tela beige. Non c’era alcun servizio di sicurezza: i dipendenti hanno gestito tutto in maniera autonoma, dandosi il cambio. Ai funerali incontrai sua moglie e dandomi la mano, mi ringraziò della presenza. La messa è stata accompagnata dal coro degli ‘Anziani Ferrero’, composto dagli ex lavoratori”. Un’altra idea straordinaria: la vita non finisce con la pensione, anzi. Qualche volta inizia in quel momento. Per i tecnici e gli operai della “prima mandata” era arrivato il momento dei saluti, ma grazie a Ferrero hanno potuto continuare e continuano tuttora a “lavorare per la comunità del paese”.

Simona Michelotti poi ricorda un altro aneddoto. “I macchinari venivano costruiti all’interno dell’azienda e venivano adattati in base alle esigenze. In questo modo i prodotti non potevano venir copiati”.

L’imprenditore non rinnegò mai il suo paese, Alba. Anzi, si legò sempre di più, cercando di aiutare lo sviluppo della sua terra. “Per non spopolare la campagna, aveva organizzato un trasporto con piccoli pullman”. Un welfare sui generis, una “fabbrica dal volto umano”, che Simona Michelotti fatto propria. “Mi ha insegnato la gestione dell’impresa e la responsabilità sociale, l’importanza del benessere del lavoratore”.

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