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Raul Gardini, il corsaro che amava il mare

da Redazione

“Un libro che si legge come un romanzo – ha esordito Giovanna Crescentini, Consigliere della Fondazione San Marino -, affascinante e avvincente”.

 

di Alessandro Carli

 

La maestria del giornalista, che riporta i fatti senza dare giudizi ma lasciando al lettore, attraverso alcuni indizi, la facoltà di decidere, di farsi un’idea. La forza accattivante e affascinate di un capitano d’impresa, la sua parabola di uomo e manager, capace di far decollare un gruppo, di andare contro i poteri forti, di amare il mare.

Il primo è Alberto Mazzuca, romagnolo doc, penna di primissimo ordine del panorama italiano, cresciuto sotto gli insegnamenti di Indro Montanelli. Il secondo è Raul Gardini, romagnolo doc, “alpinista” degli anni Ottanta – scalò la Montedison –, pedina o forse scacchiere degli intrecci (e tangenti) tra politica e tessuto imprenditoriale italiano.

Sulla storia del secondo – e degli altri personaggi che riportano a lui – il primo, Mazzuca, ha scritto un libro, “Gardini il Corsaro”, presentato il 7 novembre all’interno della Fondazione San Marino assieme allo stesso autore: un momento di “lancio” che sin da subito si è trasformato in un viaggio nella dinastia Ferruzzi-Gardini e dei “satelliti” che hanno gravitato attorno.

“Un libro che si legge come un romanzo – ha esordito Giovanna Crescentini, Consigliere della Fondazione San Marino -, affascinante e avvincente. La storia di Gardini è un tassello della storia imprenditoriale italiana, in cui gli imprenditori si comportavano da padri-padroni e dove i politici inseguivano il potere. Un periodo in cui corruzione e malaffare – poi portati a galla da ‘tangentopoli’ – hanno scosso le fondamenta dell’Italia. Personalmente ricordo che, da giovane universitaria, il culto e la figura di Gardini avevano affascinato molti miei compagni: un uomo che non aveva paura di nessuno. L’archistar Gae Aulenti, quando venne a San Marino per seguire il restauro di Palazzo Pubblico, disse di aver conosciuto Gardini: ne parlava in maniera superba”.

Parlare di Gardini significa parlare anche e soprattutto di banche, politica e imprenditori. “Il libro – ha raccontato Mazzuca – è la storia di due personaggi, Raul Gardini e Serafino Ferruzzi, ma anche di Mediobanca, yacht, politica. Secondo il mio punto di vista però non erano anni dorati. Ferruzzi era uno degli imprenditori più ricchi d’Europa anche se l’Italia non lo sapeva: possedeva tre mila miliardi di soldi cash. Gardini aveva sposato la figlia di Ferruzzi, Idina. Il 10 dicembre 1979 Serafino Ferruzzi morì in un incidente aereo e i suoi eredi affidarono a Gardini le deleghe operative per tutto il Gruppo: ci volle quasi un anno a inventariare tutti i possedimenti che Ferruzzi aveva acquisito nel corso della sua attività”.

Due uomini diversi per carattere, ma anche molto simili. “Avevano la stessa concezione della politica: volevano starne alla larga”. Parlare della dinasty ravennate significa anche aprire le pagine sui demiurghi del tempo. Uno su tutti, Enrico Cuccia, a capo di Mediobanca. “Mediobanca dominava tutto – ha proseguito Mazzuca – e sosteneva la grandi imprese. Io non ero d’accordo e negli anni Ottanta lo scrissi. Scrissi che i finanziamenti dovevano essere dati alle piccole e medie imprese che volevano diventare grandi. Io credo che Cuccia abbia bloccato la crescita dell’Italia”.

Il giornalista poi è tornato a descrivere Ferruzzi. “Era un uomo simpatico, un mercante italiano del Trecento, un passo più avanti degli altri, molto stimato all’estero. Quando entrava alla Borsa delle materie prime di Chicago, squillava una sirena in segno di rispetto. lui faceva il prezzo delle materie, e poi gli altri lo seguivano”.

Mazzuca poi è tornato su Gardini, il corsaro: “Era un uomo sanguigno, un vero romagnolo, che si arrabbiava ma sapeva essere anche gentile. Sapeva piacere. Quando entrò nel Gruppo, passò molti anni a studiare le diverse società che erano dentro. Aveva un concetto sbagliato della proprietà: pensava che fosse tutta roba sua”.

Un uomo che amava il mare – suo il Moro di Venezia (fu la prima barca italiana a vincere la Louis Vuitton Cup) – ma che finì nelle sabbie mobili di tangentopoli. Sino alla tragica fine. “Chi sa affrontare il mare sa anche affrontare la prigione”.

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