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Michele Marziani, nel nome di Marco Pantani

da Redazione

 

Intervista allo scrittore riminese autore di un libro sull’indimenticato Pirata. Il campione che diventa fonte d’ispirazione. Per una corsa tutta da giocare.

 

di Simona Bisacchi Lenic

 

Un viaggio in sella a una bicicletta. E non una bicicletta qualunque, ma quella di Marco Pantani. Il nuovo romanzo di Michele Marziani – “Nel nome di Marco” (Ediciclo, 2013) – conduce il lettore lungo strade e salite che l’indimenticato campione romagnolo ha percorso sui suoi pedali, ma che ogni uomo a modo suo deve affrontare. Proprio come fa il protagonista Fausto, un ex sacerdote che ha lasciato l’abito talare per amore. Una decisione epocale ispirata dal Pirata. Una decisione che è solo l’inizio di un percorso umano che lo porterà a scontrarsi coi propri demoni, prima di poter davvero andare incontro alla sua donna e al loro bambino affetto dalla sindrome di Down. Un intreccio di gioie, rivelazioni, drammi, e paure, dove la figura di Marco Pantani diventa fonte di ispirazione e indignazione per un uomo che ha scelto di non essere il gregario di un destino preordinato, ma il corridore di una corsa ancora tutta da giocare.

 

Come è nata l’idea per questo romanzo?


“Un caro amico scrittore ed editor, Gino Cervi, nel 2012 mi chiese cosa sapevo di Pantani, perché per i dieci anni dalla sua morte Ediciclo voleva pubblicare un libro di narrativa dedicato a lui. Di Pantani sapevo solo che correva in bici, era morto, e una volta lo avevo incrociato su una strada e lo avevo riconosciuto dalle orecchie. La sua domanda, però, mi accese qualcosa. Ho cercato chi fosse veramente Pantani, colui che, secondo il mio amico, aveva risvegliato l’idea di un ciclismo puro. Così mi è venuta in mente una storia, e per prima cosa il suo protagonista, un prete indeciso…”.

 

Per Ediciclo questo romanzo segna il debutto nel mondo della narrativa. 


“Il loro progetto iniziale era un libro più legato a Pantani, ma dopo aver letto la scheda che avevo preparato hanno dato l’ok, aprendo una collana di narrativa proprio sulla scia di questa storia. Per la prima volta mi sono ritrovato con un libro già venduto ma non ancora finito. Ho cominciato a viaggiare nei posti dei miei personaggi. Ad Oropa (su quella salita si decise la storica tappa del Giro d’Italia del 1999 dove Pantani vinse malgrado un incidente alla catena, immediatamente dopo venne sospeso dalla Corsa Rosa per ematocrito alto, ndr) sono andato per fare un sopralluogo e invece mi sono fermato dieci giorni a scrivere nella celletta da frate del santuario. Poi ho continuato a scrivere in luoghi di silenzio, come il rifugio Casa Ponte di Tredozio e Foxford in Irlanda, per poi finire a Dublino”.

 

Perché Marco Pantani è così importante nella vita del protagonista?


“Pantani è lo specchio del protagonista, Fausto. Nel seguire il suo mito, Fausto ha trovato un equilibrio. Entrambi provengono da una realtà al margine, di provincia. Sono due specchi, pur avendo una vita molto diversa. Le riprese video su youtube, il materiale Rai e la tv australiana mi hanno permesso di scoprire molto su Pantani. Si sono rivelati inutili invece i libri che gli hanno dedicato, pieni di retorica, mentre ho apprezzato il contributo dei tifosi. Per la parte ‘clericale’ ho invece attinto dai ricordi. Ho due amici ex sacerdoti. Abbandonare il sacerdozio per amore è qualcosa che ho incontrato”.

 

Che tipo di ruolo ricopre la Chiesa nella storia?


“Nel libro si parla non di religione, ma di Chiesa come istituzione, che ha a che fare con un uomo, la sua donna e il bambino che arriva. Fausto nasce in un mondo dove la religiosità è scontata, è un uomo alle prese con un’istituzione che da una parte è totalizzante e dall’altra confortante. Questa non è una storia di conversione, ma di un uomo che compie il suo percorso”.

 

Qual è il tuo rapporto con il ciclismo?

 

“Quando ero bambino ero così attratto da Gimondi e Merckx che ho comprato una bici da corsa. Col tempo ho perso questa fascinazione, ma quando il giro d’Italia è passato da casa mia sono stato un’ora ad aspettarlo. Inoltre ho sempre avuto un rapporto speciale con Coppi, per il suo luogo di provenienza e per come me lo immaginavo, come un personaggio letterario, pavesiano. Non ho un’epica dello sport, ma della parola”.

 

Cosa stavi facendo nel 1999 mentre con un’incredibile rimonta Pantani vinceva la quindicesima tappa del Giro d’Italia e travolgeva la vita del protagonista?


“Nel 1999 per la prima volta sono andato in crisi sul concetto di lavorare. Avevo un’agenzia di comunicazione ma mi ero stancato, e mi ero stancato anche di fare il giornalista, tanto che poi sono finito ‘in rete’. Internet mi ha affascinato e salvato: ho sempre desiderato fare un sacco di cose e vedere tanta gente, ma non riuscivo a farlo per timidezza, per cui quando internet mi ha permesso di entrare in casa delle persone senza disturbare per me è stata una rivoluzione. Internet non è un contenitore di informazioni ma di relazioni”.

 

www.simonalenic.it

 

 

Michele Marziani presenterà “Nel nome di Marco” a Cesena (6 dicembre, ore 18, libreria Feltrinelli), Rimini (13 dicembre, ore 17, Museo della città) e Santarcangelo (14 dicembre, ore 17, Biblioteca).



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