Il mercato della Penisola in affanno, gli imprenditori sognano il salto di qualità. Anche le PMI hanno buone possibilità, ma serve un piano dettagliato.
di Jocelyne Hatzenberger e Mario Venturini
Superare la crisi seguendo la via dell’internazionalizzazione. È un tema oggetto di profonde riflessioni da parte di molti dei nostri imprenditori. L’Italia è infatti da considerare il mercato domestico ed in questo mercato sono presenti da decenni la maggior parte della nostre industrie. Però l’Italia sta attraversando una profonda crisi, e i problemi dei clienti italiani si riflettono inevitabilmente sulle aziende sammarinesi. Ma andare oltre l’Italia, affrontare i mercati esteri, offre davvero chance in più? E soprattutto come si può riuscire a vincere questa scommessa?
Intanto dobbiamo dire che l’attuale fase di cambiamento di paradigma sta incidendo su tutte le attività, in modo più o meno pronunciato. Ha iniziato a manifestarsi in momenti diversi a seconda del settore, ma ormai li ha toccati tutti. E nulla sarà più come prima. Le ripercussioni talvolta pesanti hanno inciso su fatturati e margini, con conseguenze molto negative sulla redditività e la solidità finanziaria delle imprese. Questi effetti sono invece stati meno devastanti per quelle realtà che operano su aree più diversificate. La via dell’internazionalizzazione viene inoltre indicata da molti esperti. Certo non ultimo, ricordiamo l’appello del presidente dell’ANIS, Emanuel Colombini, dal palco dell’assemblea degli industriali a seguire questa strada come possibile opportunità per uscire dalla crisi.
Il rapporto ISTAT 2013 riferito al Sistema Italia evidenzia l’importanza della domanda estera come fattore di traino per l’uscita dalla recessione. Le prospettive di crescita della vicina Italia sono molto modeste e questo ben sanno tanti nostri imprenditori che ormai da tanti anni hanno come mercato di riferimento l’Italia. A maggior ragione il discorso vale per chi fa impresa a San Marino.
Ci sono aziende che, per vocazione o per necessità, non hanno avuto dubbi e, ormai da anni, hanno consolidato la loro presenza oltre confini, sperimentando alti e bassi, ma perlopiù portando a casa grandi soddisfazioni, anche a livello di risultati. Le esperienze acquisite sui mercati oltre confine hanno consentito non solo di avere accesso a nuovi bacini di utenza, ma anche di diversificare i rischi, e imparare dal confronto con realtà internazionali e locali, cosa che ha prodotto ripercussioni positive sulle competenze e sull’occupazione all’interno del-l’azienda. Una domanda ricorrente riguarda le dimensioni delle aziende che hanno successo nel confronto con l’estero, e qui dobbiamo sfatare un luogo comune. Non è assolutamente vero infatti che la via dell’internazionalizzazione è riservata alle grandi imprese. L’eccellenza artigianale e la capacità del nostro comparto di subfornitura di fornire prodotti e servizi altamente personalizzati costituiscono una specificità molto apprezzata e riconosciuta all’estero. Le imprese di eccellenza sono anche PMI che hanno saputo trarre vantaggio della loro flessibilità e capacità di interpretare i bisogni del cliente.
Però chi decide di vendere all’estero non può e non deve affrontare questa esperienza come fosse un’avventura, ma deve strutturare con attenzione il proprio progetto, ponderando i molti aspetti da tenere in considerazione in modo da avere ragionevoli probabilità di successo.
Internazionalizzare: da dove si comincia?
Ribadiamo il concetto che andare suoi mercati esteri con ragionevoli probabilità di successo non può essere fatto improvvisando. I vari passi da percorrere per poter conseguire risultati tangibili e minimizzando i rischi (che sono legati alla distanza dai propri mercati, alle differenze culturali rispetto ai clienti, eccetera) devono essere pianificati con attenzione. Vanno ragionati in partenza nell’intreccio tra aspetti di marketing, comunicazione e commerciali da una parte, e dall’altra quelli di previsione dei costi, risorse finanziarie necessarie e disponibili e tutela dei rischi dall’altra.
Innanzitutto è fondamentale che il prodotto/servizio che si intende vendere all’estero abbia quell’insieme di caratteristiche che lo rendano interessante e competitivo. In altri termini occorre un’esatta individuazione delle esigenze che vogliamo e possiamo soddisfare. Quindi occorre affrontare le modalità con le quali presidiare il nuovo mercato. Poi sarà necessario stimare il ricavo atteso e i costi previsti in un arco temporale di qualche anno. L’altro pilastro su cui costruire il progetto è costituito dalle risorse intellettuali e finanziarie che si ritengono necessarie alla realizzazione del progetto. Risorse intellettuali composte dal personale, forse da arricchire ulteriormente con persone che abbiano le competenze specifiche che al momento mancano, dai consulenti chiamati ad affiancare questa iniziativa, da agenti od altre persone che siano il punto di riferimento sul mercato locale. Infine ci sono le risorse finanziarie, da misurare con accuratezza perché in questo momento sono l’elemento di maggiore criticità, poiché – non diciamo nulla di sorprendente – le banche concedono poco credito alle imprese e chiedono in cambio tante garanzie, e questo vale per tanti paesi europei. Per stimare le risorse finanziarie necessarie bisogna partire da una buona valutazione di costi e di ricavi. Il fattore critico di successo sta nell’adeguare strategie, piani e risorse alle reali potenzialità dell’azienda. E qui il segreto del successo è racchiuso nella mentalità dell’imprenditore, che ha il compito formulare aspettative realistiche quanto agli obiettivi e alle mete che si intendono raggiungere.