Home FixingFixing E’ Mitt Romney l’anti-Obama. Ma sono due candidati deboli

E’ Mitt Romney l’anti-Obama. Ma sono due candidati deboli

da Redazione

Verso le Presidenziali USA. L’ultraconservatore è “antipatico”. Con i conti in Svizzera e Cayman. Yes we can? Gli americani non credono più alla politica economica del Presidente.

 

di Saverio Mercadante

 

Il 6 novembre sarà un’elezione tra due candidati deboli. E in campo repubblicano una debolezza genetica ha chiarito definitivamente chi sarà l’avversario di Obama alle prossime elezioni presidenziali. Il candidato repubblicano alle primarie presidenziali americane Rick Santorum si è ritirato per il grave stato di salute della figlia di tre anni, Belle, l’ultima di otto figli. Per una malattia genetica durante questi mesi di campagna elettorale è stata ricoverata in ospedale per la seconda volta. Era stata fatta nascere nonostante i medici avessero diagnosticato la gravissima malattia genetica ben prima del parto. Certamente hanno pesato nella decisione del candidato di origine italiane anche le tre sconfitte subite la scorsa settimana nel Wisconsin, Maryland e Washington DC. Dunque, sembrerebbe che Mitt Romney, l’Antipatico, sarà lo sfidante di Obama. Rimangono in gara Ron Paul e Newt Gingrich ma con pochissime possibilità di battere Romney. Molti osservatori credevano che Santorum affrontasse almeno il test della Pennsylvania tra due settimane. Nel suo Stato poteva ancora infliggere una sconfitta, seppure “a babbo morto”, a Romney. Il tradizionalista e cattolicissimo Santorum non ha sfondato il muro della ricchezza di Romney: una costosa campagna a tappeto di spot in qualche avevano indebolito il senatore della Pennsylvania, figlio di ex minatori italiani. Negli Stati Uniti svolgono un ruolo determinante i cosiddetti super-Pac: Political action committee. Se ne servono i grandi gruppi economici intervenendo nella campagna elettorale con i loro spot pubblicitari a tappeto. In molti consigliavano il suo ritiro per non mettere a rischio la candidatura repubblicana in una pericolosissima lotta fratricida che avrebbe favorito Barack Obama. Anche lo stesso Santorum era dato all’inizio per un semplice outsider di facciata senza nessuna speranza per il successo finale. Quel porta a porta presso i possibili suoi elettori, che ricorda paradossalmente la campagna elettorale di un presidente democratico come Jimmy Carter, lo aveva fatto vincere inaspettatamente nello Iowa. Poi c’erano state le vittorie in Minnesota, Missouri, Colorado, Louisiana, Tennessee, Oklahoma. Ma non è bastato. E probabilmente non erano più sufficienti i soldi per combattere lo strapotere mediatico dell’ex governatore del Massachussets. Per ora sembra scontata la sfida all’OK Corral tra Obama e Romney. Con le vittorie ottenute lo scorso fine settimana, Romney avrebbe in totale per la convention repubblicana che eleggerà il suo candidato il prossimo 27 agosto a Tampa, in Florida, almeno 619 delegati, potenzialmente 655 con le proiezioni dei superdelegati che dovrebbero votare per lui. Dunque oltre la metà della soglia di 1.144 delegati necessaria per ottenere la nomination. Santorum era fermo a 276 delegati, più 2 probabili superdelegati), Gingrich a 131 (più 4 superdelegati), Ron Paul a 51. Ormai Barack e Mitt si affrontano in pubblico a viso aperto dimostrando ancora una volta che lotta per la presidenza degli Stati uniti sia una corsa tra loro due. Dopo le vittorie delle scorse settimane Romney attacca Obama con enorme asprezza. Ma anche la Casa Bianca non è da meno Obama nei giorni scorsi ha dedicato un’intera conferenza stampa a demonizzare la proposta del bilancio repubblicano come una “intollerabile operazione di darwinismo sociale”, attaccata anche dallo stesso Gingrich, ma sembra avere il pieno appoggio di Romney. Ma è sui soldi, i troppi soldi che Mitt Romney sembra abbia nascosto in Svizzera e nelle isole Cayman, che ancora si consuma un’altra debolezza. Si è attirato una tempesta di accuse da parte della stampa USA che potrebbero indebolirlo sul fronte del ceto medio. Su questo lato Romney è piuttosto vulnerabile. Ha ammesso lui stesso che ha pagato solo il quindici per cento d’imposta sul suo reddito da grande milionario, appunto in parte parcheggiato in conti offshore alle isole Caimane, usufruendo dell’aliquota ridotta sui capital gain. Santoro su questo punto lo aveva attaccato pesantemente e Obama ha riproposto la Buffet. Tax sui milionati. Anche Obama non se la passa certo meglio. Troppe incertezze, troppi compromessi, troppe promesse mancate dalla sconfitta della disoccupazione alla chiusura di Guantanamo. La morte di Bin Laden non basta. L’economia, che è tornata a dare brutti segnali in questi giorni, sarà la vera palla al piede del primo presidente nero degli Stati Uniti: per molti non si è rivelato all’altezza della pericolosità della crisi in atto. Ne risente anche la poderosa macchina da guerra elettorale dei democratici che stenta a convincere i grandi donatori miliardari. Un sondaggio “Washington Post-Abc” incrina semina dubbi e perplessità nei campi dei due prossimi avversari: Obama è al cinquanta per cento di popolarità. Ma il vero scoglio è sotto i suoi piedi: il sessantasei per cento degli americani non si fida della sua gestione dell’economia. Romney non deve tanto difendersi dai sospetti sulla fede mormona, che pure spargono grandi perplessità. Ma da quel settantaquattro per cento degli elettori che lo definisce “non simpatico”. Sembra niente, eppure è tutto in campagna elettorale. Nessun risultato è scontato.

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