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San Marino, la Centrale del latte? Che fatica salvarla, serve un referendum…

da Redazione

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Intervista a Simona Michelotti, capocordata del gruppo di imprenditori interessati al salvataggio della Centrale del Latte.  “In 4 anni l’entusiasmo è scemato. Forse servirebbe un referendum”.

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di Loris Pironi

Centrale del Latte, forse qualcosa si muove. Con un ritardo dalle proporzioni bibliche, ma questo purtroppo non ci sorprende più. L’importante è che non sia troppo tardi, per dare una risposta ad una questione rimasta in sospeso ormai da anni.
Fonti della Segreteria di Stato al Territorio dicono che la questione avrebbe dovuto passare al vaglio del Congresso di Stato nel mese di gennaio. Per il momento non ci sono notizie in proposito. Anche il gruppo di imprenditori sammarinesi che compone l’unica cordata, guidato da Simona Michelotti (nella foto), Ad del Gruppo SIT nonché Presidente della Camera di Commercio, è ancora in stand-by.
L’esecutivo deve valutare la proposta della cordata e in particolare il documento stilato dall’apposita Commissione. Ma la strada verso questa benedetta privatizzazione pare ancora lunga. In premessa dobbiamo aggiungere che è vero che il Bilancio della Centrale del Latte è in attivo, ma in compenso la struttura necessita – da anni, ormai – di una vera e propria ristrutturazione.
San Marino Fixing aveva anticipato i dettagli dell’unico progetto industriale che era stato presentato per la Centrale del Latte nell’ormai lontano settembre del 2010. Che per un progetto imprenditoriale serio significa un lasso di tempo lunghissimo, soprattutto in tempo di crisi. Avevamo raccontato che dietro questa operazione c’erano imprenditori seri e stimati che hanno deciso di metterci la faccia, oltre al proprio tempo e al proprio denaro (Enzo Donald Mularoni, Franco Capicchioni, Emanuel e Ivo Colombini, Sofia Tonelli, oltre alla già citata Simona Michelotti). E abbiamo spiegato che la palla ora passava alla politica. Purtroppo siamo rimasti a questo punto.
“Più passa il tempo e più la situazione diventa difficile – spiega oggi il capocordata, Simona Michelotti – È vero infatti che c’è la cosiddetta zona bianca (sul Titano viene venduto solo il latte della Centrale del Latte, ndr) e che l’azienda è in utile (circa 100 mila euro, ndr), ma se la gestione non è in perdita è solo perché da anni non si fanno investimenti. Ed è impossibile, per lo Stato, lasciarla ancora così. Il problema insomma è strutturale e non economico, ed è per questo motivo che a noi imprenditori è stato chiesto di intervenire in questa che è una vera e propria operazione di salvataggio”.
Simona Michelotti punta molto sulla valenza sociale di questo intervento, anche perché saltuariamente gli imprenditori che hanno deciso di rimboccarsi le maniche vengono accusati di voler farci un grosso business.
“Ma quale business, il nostro è esclusivamente un intervento di carattere sociale. Il nostro valore imprenditoriale invece lo metteremo nella gestione. Sono sincera, da imprenditore non prenderei mai in mano un’azienda del genere. Per adeguare la struttura alla normativa europea, che richiede standard ben più alti rispetto a quella sammarinese, ci vogliono dai 2 milioni e mezzo ai 2 milioni e 800 mila euro. Che è una cifra superiore al fatturato dell’attività della Centrale. È evidente che con un approccio da industriali nessuno di noi scenderebbe in campo per giocare una simile partita”.

Allora sgombriamo il campo anche da tutti gli altri equivoci che si possono ingenerare. La Centrale del Latte resterà dov’è o c’è l’idea di trasferirla in un’altra zona?

“La Centrale del Latte resterà dov’è, ma sarà ristrutturata. La vediamo lì da una vita e non vogliamo trasferirla. Ovvio che rimettere mano ad una struttura fatiscente come quella costa più che stabilire un impianto ex novo da un’altra parte, ma a noi questo non interessa”.

Altro luogo comune da sfatare: la Cordata non acquisterà la Centrale del Latte, ma la riceverà dallo Stato per trent’anni e poi dovrà restituirla al legittimo proprietario, in quello che è il prototipo di una privatizzazione in salsa sammarinese.

“Sì infatti si parla di acquisto ma non è decisamente il termine esatto. Il nostro piano industriale è di fatto un piano di salvataggio, e rappresenta l’impegno di un gruppo di industriali sammarinesi a risanare la Centrale del Latte e restituirla al Pubblico fra trent’anni sicuramente migliore di come l’abbiamo ricevuta. Torno sul discorso delle accuse di affarismo. Come mai solo noi abbiamo presentato un’offerta? Poiché mi risulta che nessuno sia stato escluso, la risposta scontata è che bisognava approcciarsi con uno spirito diverso”.

Per quello che riguarda la zona bianca, avete avanzato precise richieste.

“Il tempo che il Piano Industriale richiede per sistemare l’immobile e rivedere i macchinari va dai due ai tre anni. In questo lasso di tempo abbiamo la necessità che non vengano a mancare le condizioni esistenti. Se viene tolta la zona bianca, come facciamo? Noi vogliamo consolidare la nostra presenza sul mercato sammarinese grazie alla qualità del prodotto e vogliamo anche espanderci in Italia una volta raggiunti gli standard europei (ad oggi sarebbe impossibile, ndr). Per questo motivo abbiamo chiesto un po’ di tempo prima di abbandonare definitivamente la zona bianca”.


Insomma, volete limitarvi a non perdere soldi…

“Questo ci riuscirà solo se saremo molto bravi. Perché un’operazione di questo genere non comporta solo i normali rischi di chi fa impresa ma per la sua storia e la sua realtà rappresenta un rischio enorme. Questa struttura, così com’è oggi, è un lusso per San Marino”.

Che rapporto c’è con gli allevatori? E con la grande distribuzione?

“Con gli allevatori mi sono incontrata e devo dire che è stato bellissimo. Ho avuto la fortuna di conoscere delle belle persone, che lavorano con impegno e passione. Mi hanno entusiasmato e mi hanno dato la forza di andare avanti: credo che con loro si possano fare importanti passi avanti per quello che riguarda la qualità. Attriti con la grande distribuzione? No, nessun attrito. Anzi, capisco perfettamente la loro posizione perché senza zona bianca avrebbero una maggiore libertà d’azione. Mi sarebbe piaciuto che facessero parte insieme a noi di quest’avventura, ma la porta rimane aperta”.

Il problema è rappresentato da queste decisioni che non vengono mai prese.

“Il problema è che forse sarebbe il caso di porsi qualche domanda sul futuro della Centrale del Latte. Vale la pena salvarla? È giusto il sacrificio che ci viene chiesto? I sammarinesi sentono davvero la necessità di un latte a chilometro zero proveniente dalle nostre stalle oppure gli andrebbe benissimo, che so, anche il latte Parmalat o Granarolo? La mia non è una provocazione, è una considerazione reale. L’idea di privatizzare la Centrale è del 2008, dal 2010 abbiamo pronto un piano industriale serio. Nel frattempo il mondo è cambiato, l’economia è cambiata, è cambiato perfino il latte, che oggi ha prodotti e un mercato diversi rispetto ad allora. Io credo che a questo punto ci troviamo di fronte a tre diverse opzioni, tutte valide. La prima è che la Centrale rimanga dello Stato, che però deve investire perché non può più tenerla così com’è. La seconda è quella che rappresentiamo noi, il nostro progetto sociale. La terza invece è quella di chiudere la Centrale del Latte, perché decidiamo che non ci serve più. Non so quante Centrali pubbliche siano rimaste in Emilia-Romagna, è la dimostrazione che se ne può anche fare a meno. Anziché perdersi in polemiche forse sarebbe il caso di porsi delle domande. Anzi, dirò di più, è da qualche tempo che penso che forse sarebbe il caso di chiedere ai sammarinesi cosa vogliono farne della loro Centrale del Latte, con un referendum”.

Sembra che abbiate perso un po’ di entusiasmo rispetto agli inizi…

“Questo è poco ma sicuro sicuro, l’entusiasmo sta venendo meno. Io ho trascinato dietro i miei colleghi con l’idea che da sammarinesi non potevamo lasciarla morire così. Poi però già nel 2008 eravamo in ritardo, oggi siamo nel 2012 e ogni tanto vengono fuori veleni e illazioni. Ma lo ribadisco: noi non abbiamo interessi personali o finanziari di alcun genere. E  se il nostro impegno non viene apprezzato, mi dite che senso ha darsi da fare?”

State per caso pensando anche di ritirare la vostra proposta?

“No, l’opzione non la ritiriamo, abbiamo preso un impegno morale e intendiamo portarlo avanti. Però sono sempre più convinta del fatto che forse oggi i sammarinesi dovrebbero davvero chiedersi se è giusto salvare la Centrale del Latte”.

 

 

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