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San Marino, il Museo dell’Emigrante: un richiamo alla memoria

da Redazione

Museo dell’Emigrante, intervista di Fixing al neo direttore Patrizia di Luca: Radici che vanno riscoperte e riaffermate. Come anelli di una catena, i sammarinesi si diffusero lontano da casa.

di Saverio Mercadante

SAN MARINO – “Il Museo dell’emigrante è importante perché rappresenta, richiama alla memoria, una parte della vita delle cittadine e dei cittadini sammarinesi. Museo dell’emigrante, dunque, e non dell’emigrazione, perché mette a fuoco l’esperienza individuale, personale. Le sale testimoniano sino in fondo questa impostazione attraverso l’esposizione di oggetti, documenti individuali e fotografie. L’eredità storica e culturale che ci hanno lasciato questi concittadini è una storia di dignità, coraggio, impegno e responsabilità”. Sono le parole del neo direttore del Museo dell’Emigrante, Patrizia di Luca, che con grande passione, e in qualche passaggio anche con una certa commozione, descrive uno dei tesori antropologici di San Marino. “Non sempre si può scegliere il lavoro da svolgere ma si può certamente scegliere come svolgerlo e i sammarinesi emigrati all’estero hanno deciso di portarlo avanti con coraggio, generosità, e un enorme impegno. Sono radici che hanno segnato l’identità di questo paese. E vanno continuamente riscoperte e riaffermate”. Il progetto del Museo dell’Emigrante inizia nel 1991 per volontà della Consulta dei sammarinesi residenti all’estero. Il Museo dell’Emigrante – Centro Studi Permanente sull’emigrazione viene inaugurato nel 1997. La sede, di grande fascino e prestigiosa, è il Monastero di Santa Chiara. Otto sale che scandiscono per temi l’esperienza emigratoria: partenza, viaggio, modalità d’espatrio, arrivo, il lavoro estero e il rientro, i mestieri, l’emigrazione negli USA, l’emigrazione femminile, ospitata nella sala dove è ancora presente la cucina originaria delle suore Clarisse. “La storia dell’emigrazione del Titano non è solo fatica e miseria dalle quali emanciparsi, è anche una storia di coraggio che permette di affrontare paesi così lontani, viaggi così difficili provenendo da esperienze e realtà geografiche completamente diverse. Le testimonianze delle attraversate del-l’oceano sul piroscafo sono di grande impatto emotivo. E solo una enorme dote di generosità può consentire di affrontare un tale sradicamento per cercare un futuro migliore per la propria famiglia. L’impegno, la dedizione nel proprio lavoro è stato un grande valore aggiunto. Gli emigrati hanno avuto spesso riconoscimenti pieni ammirazione per la qualità della loro professionalità anche nei lavori più umili. Una testimonianza per tutte di un emigrato di ritorno dagli USA: raccontava del fatto che era apprezzato nel suo lavoro soprattutto per la precisione con la quale costruiva le scale esterne”. L’emigrazione avveniva soprattutto tramite la cosiddetta catena emigratoria: chi partiva trovava poi un lavoro per il fratello, l’amico, che a sua volta si faceva raggiungere da un’altra persona, appunto, come anelli di una catena. Le mete migratorie toccano molti Stati: Italia, Francia, USA, Argentina, Brasile, Belgio, Svizzera, Germania, Africa Orientale. I rientri, nel periodo tra il 1971 e il 1975. Dall’Argentina, in particolare, dopo la crisi del 2001. “Proprio le competenze professionali acquisite in paesi più sviluppati economicamente, al di là dell’importanza delle rimesse economiche che raggiungevano San Marino, hanno consentito soprattutto nel secondo dopo guerra lo sviluppo di un nuovo modello economico e anche una mentalità culturale nuova. A questo proposito, fondamentale è stato il contributo che le donne hanno dato per una radicale trasformazione sociale. Negli anni ’60 le emigranti che tornavano in particolare dagli USA avevano acquisito ben altra mentalità, libertà di pensiero e di azione, non così diffusa nella società sammarinese di allora. Ad esempio, l’uso degli elettrodomestici così capillare nella società americana, è l’impulso per trasformare l’edilizia sammarinese, che spesso non aveva nemmeno il bagno al suo interno. Nelle nuove abitazioni è il motore di un nuovo modo di costruire le cucine. Storia quotidiana, ma che ha un peso nel cambiamento dei costumi, nella vita educativa delle figlie, nell’organizzazione del nucleo familiare”. A breve sarà pubblicato il bando del concorso “L’esperienza emigratoria dei sammarinesi”, in collaborazione con la Consulta, il Museo dell’Emigrante e la Segreteria agli Esteri. “La sera prima d’andè giò us feva e Nome del Padre, prima da monté, specie dopo che mi è nato il primo figlio lo stringevo, come dire: ‘domani forse non ti vedo più, sempre con quella fifa lì”. Giorgio B., minatore sammarinese negli anni ’50 in Belgio, colpisce dritto al cuore e con la bellezza assoluta del dialetto ti trascina nella straordinaria esperienza degli emigranti sammarinesi.

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