Home FixingFixing Diario della Crisi del 2 dicembre 2011

Diario della Crisi del 2 dicembre 2011

da Redazione

La crisi incombe. Sempre più. Così il quotidiano inglese Telegraph riferisce che il Foreign Office diramato un messaggio a tutte le ambasciate inglesi dell’eurozona, affinché preparino “piani d’aiuto in caso di collasso dell’euro e possibili, conseguenti sommosse popolari”.

di Saverio Mercadante

Per ribadire e gradire in tempo reale quello che abbiamo scritto sulla crisi dell’euro: il quotidiano inglese Telegraph riferisce che il Foreign Office, il ministero degli esteri d’oltre Manica ha diramato un messaggio a tutte le ambasciate inglesi dell’eurozona, affinché preparino “piani d’aiuto in caso di collasso dell’euro e possibili, conseguenti sommosse popolari”.

Sempre l’Economist martedì rappresentava la moneta unica come una meteora infuocata in caduta libera.

Secondo il settimanale inglese, “l’euro si potrebbe distruggere in poche settimane. L’evento scatenante può essere il fallimento di una grande banca, la caduta di un governo, un altro flop in un’asta di titoli”.

La Germania, che i vecchi padri della CDU, la democrazia cristiana tedesca, volevano sempre più europeizzata, forse qualche ragione ce l’ha a volere un’Europa sempre più germanizzata.

Specialmente se guardiamo i dati della disoccupazione.

In Germania è scesa ancora a novembre al 6,4% dopo il 6,5% registrato ad ottobre. E’ quanto emerge dai dati preliminari diffusi dall’Agenzia Federale del Lavoro.

Si tratta del livello più basso dalla riunificazione nel 1990. Il dato corretto dai fattori stagionali si attesta al 6,9% con un calo di 20.000 unità del numero dei senza lavoro.

In Italia invece continua a piangere lacrime amare i giovani.

Il tasso di disoccupazione ad ottobre è salito all’8,5%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,1 punti rispetto ad ottobre 2010.

Lo rende noto l’Istat, sottolineando che la disoccupazione tra i giovani è pari al 29,2% (-0,1 punti).

Il quale lancia un altro allarme che ha spaventato milioni di italiani: l’aumento della forbice tra le retribuzioni contrattuali orarie e il livello di inflazione, con una differenza pari a 1,7 punti percentuali, vero e proprio record dal 1997.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento