Home FixingFixing Goccia cinese: tra la globalizzazione e la sovranità nazionale

Goccia cinese: tra la globalizzazione e la sovranità nazionale

da Redazione

Per gli Stati sovrani le problematiche spaziano dal commercio, all’ambiente, all’energia e all’acqua, dalle pandemie alle migrazioni, alla criminalità organizzata e al terrorismo.

 

 

Non è facile mettere sul tavolo la questione della globalizzazione e dei suoi riflessi politico-istituzionali internazionali, occorre riferirsi a una necessaria premessa che di recente (siamo nel maggio scorso nella cornice dell’ottava edizione del Premio Marconi) Biagio Bossone, ex presidente di BCSM, ha delineato con molta puntualità. Egli ha anzitutto sottolineato come la globalizzazione ponga agli Stati sovrani di oggi problematiche che spaziano dal commercio, all’ambiente, all’energia e all’acqua, dalle pandemie alle migrazioni, alla criminalità organizzata e al terrorismo. Sfide assai importanti cui nessuno stato può rispondere senza attivare procedure cooperative che spesso, però, si rivelano parimenti complesse. La collaborazione con altri stati implica infatti la perdita di parte della sovranità nazionale, alla quale dovrebbe fare riscontro un recupero di quella stessa sovranità a livello sovranazionale dove fare sentire la propria voce. Il problema dei piccoli Stati è tuttavia legato alla perdita di sovranità, che raramente si traduce nel diritto di esprimere il proprio parere e prendere parte alle decisioni con la stessa forza degli altri governi che vi partecipano. E questo è un po’ il rischio di tutti i piccoli Stati. Si può allora agire chiudendosi nella propria torre d’avorio salvaguardando così la piena autonomia decisionale del Paese e delle sue istituzioni condannandosi, però, di conseguenza, alla povertà perpetua. O si può invece investire sulle proprie risorse umane: se queste sapranno dimostrare conoscenza, competenza, esperienza, attitudine progettuale, allora diventeranno  portavoce di un Paese che, anche se piccolo, saprà certamente ritagliarsi il proprio spazio nel mondo. La sola chiave che può mettere al riparo i piccoli paesi dall’isolamento è così la creazione in quegli stessi paesi delle capacità necessarie per gestire le istituzioni cooperative. Ciò significa formazione continua e una forma mentis aperta e disponibile alla collaborazione. Una volta si diceva “mi sono allogato” per dire che finalmente ci si poteva considerare sistemati per avere trovato un’occupazione stabile, foriera di una certa tranquillità. Oggi la parola, obsoleta dal punto di vista linguistico, lo è senz’altro anche nei contenuti perché occorre fantasia per reinventare il proprio lavoro di giorno in giorno e costruire, proprio grazie a quel lavoro, pezzi del proprio Paese.

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