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Il fantasma della fame mangia milioni di persone

da Redazione

E’ la peggiore degli ultimi sessant’anni. Molto peggio che in Biafra, quando quarant’anni fa l’occidente rimase scioccato dalle immagini dei bambini-scheletro. Nel terzo millennio questa strage annunciata sembra quasi non esistere.

E’ la peggiore degli ultimi sessant’anni. Molto peggio che in Biafra, quando quarant’anni fa l’occidente rimase scioccato dalle immagini dei bambini-scheletro con il pancione gonfio. Nel terzo millennio questa strage annunciata sembra quasi non esistere. Nel Corno d’Africa la carestia colpisce undici, dodici milioni di persone, soprattutto bambini, eppure nel resto del mondo ricco e obeso la notizia è apparsa con insistenza sui media solo da un paio di settimane.

In Etiopia, Eritrea, Somalia, Kenya, anche in Uganda, soprattutto il Nord, in Tanzania e nel Sud Sudan, si lotta per la semplicissima sopravvivenza nell’indifferenza della comunità internazionale.

A rischio soprattutto le comunità di pastori sparse nelle aride regioni della Somalia, dell’Etiopia e del Kenya settentrionale. Ogni giorno arrivano notizie di nuovi morti e di massicci afflussi di persone affamate nei campi profughi del Kenya, non lontano dal confine somalo.

Il Sud Sudan è lo stato più giovane del mondo, indipendente dal Nord Sudan dal 9 luglio 2011. E’ un Paese già poverissimo: il 90% della popolazione sotto la soglia della povertà, 4 milioni di persone (50% della popolazione) dipendenti da aiuti alimentari esterni, meno del 5% della popolazione con accesso a servizi igienici e acqua potabile, il 38% di mortalità infantile sotto i 5 anni.

Alcune zone del Paese hanno avuto piogge irregolari con ripercussioni sui raccolti. Inoltre il Sud Sudan, importatore da sempre di derrate alimentari dai Paesi limitrofi del Corno d’Africa, rischia fortemente la riduzione degli approvvigionamenti e l’innalzamento dei prezzi delle poche derrate disponibili a causa dalla carestia in corso nel Corno d’Africa.

In Somalia la situazione rimane disperata soprattutto nel Sud del Paese, controllato dalle milizie Shabab che hanno revocato l’iniziale disponibilità all’accesso delle organizzazioni umanitarie.

La causa primaria di questa immensa tragedia è sempre la stessa: da due anni non piove nelle aride regioni dell’Africa orientale. Milioni di famiglie, popolazioni nomadi o seminomadi, si spostano con cammelli, pecore, capre e altro bestiame, percorrendo enormi distanze prima di raggiungere pascoli irrigati da acqua piovana. Quando non piove, l’erba marcisce, il bestiame muore e le comunità vanno incontro alla carestia. E dove ci sono terre aride ci sono conflitti. Dove ci sono confini da attraversare per le popolazioni nomadi dedite alla pastorizia ci possono essere conflitti. Dove si sono insediate crescenti popolazioni di agricoltori sedentari che hanno limitato la pastorizia, vi possono essere conflitti. La Somalia, ad esempio, include solo una parte della popolazione pastorizia parlante lingua somala, con un gran numero di persone che vivono lungo il confine con il Kenya e l’Etiopia. Di conseguenza, il confine della Somalia etiope è lacerato da guerre decennali. Non c’è dubbio che la situazione nel Corno d’Africa peggiorerà nel resto dell’anno: quasi nulle opportunità di lavoro, riserve di cibo che si assottigliano, prezzi dei cereali alle stelle, molte famiglie non riescono semplicemente a mangiare. Nel frattempo, i prezzi del cibo continuano a salire in tutto il mondo a causa della speculazione, promettendo maggiori catastrofi umanitarie.

 

La matematica della morte

Nei primi sei mesi del 2011 il numero di persone in Somalia che hanno bisogno di assistenza salva-vita è aumentato del 19%, da 2,4 milioni a 2,85 milioni.

Il campo rifugiati di Dadaab in Kenya, costruito 20 anni fa per ospitare 90 mila persone, oggi ne accoglie 370 mila, il 95% dei quali dalla Somalia. Il numero complessivo di somali rifugiati in Kenya si stima in 750 mila.

Il 30-40% dei somali che giungono a Dadaab sono affetti da malnutrizione globale acuta (Gam), un tasso più che doppio della soglia giudicata di emergenza dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, e con tassi del 23% di grave malnutrizione acuta (Sam), laddove il 2-3% è giudicato allarmante. Ancor più allarmanti sono le cifre della mortalità infantile, più alte nei tre mesi del 2011 di tutto il 2010: i bimbi sono talmente malnutriti che non si può fare niente per salvarli. Al campo rifugiati di Boqolmayo, in Etiopia, si riscontra nei rifugiati somali un tasso del 47% di Gam e del 23% di Sam– rispettivamente 213% e 1100% superiori “ai livelli che spingono la comunità degli aiuti a suonare il campanello d’allarme”.

L’Etiopia colpita dalla siccità ha esposto 5 milioni di persone al rischio di colera secondo la OMS. Inoltre, 8,8 milioni di persone sono a rischio malaria e 2 milioni di bambini sono a rischio di contrarre il morbillo.

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