Home FixingFixing Banche, aumento di capitale? E’ molto meglio la morte

Banche, aumento di capitale? E’ molto meglio la morte

da Redazione

Dopo le ricapitalizzazioni spinte che sono avvenute nei Paesi più colpiti dalla crisi, oggi sono le banche dell’Unione a correre i maggiori rischi. Ma le potenti Fondazioni vogliono i dividendi: si preannuncia battaglia. La rubrica Prima Nota, di Paolo Brera.

di Paolo Brera


Due anni fa, allo scoppio della crisi che ha fatto tenere per la finanza mondiale una specie di “sindrome cinese”, la situazione del settore era più tesa nelle economie anglosassoni e in Svizzera e un po’ meno nell’Unione Europea.
Oggi, dopo le ricapitalizzazioni molto spinte che sono avvenute nei Paesi allora più colpiti, sono invece le banche dell’Unione a correre i maggiori rischi. Bisogna aumentare il capitale, per aderire a Basilea-III. Ma il mercato sta dando chiari segni di non gradire molto l’ipotesi.
In Italia, cioè nel Paese meno esposto a questo genere di rischi, con banche già abbastanza capitalizzate e poco sensibili agli sfracelli di cui si sono viste le avvisaglie in Grecia, Irlanda e Portogallo, l’ipotesi che si sta facendo strada è di un periodo di vacche magre (leggi: dividendi minuscoli) e di cospicui accantonamenti.
Questa strada, però, è molto difficile da percorrere perché da tali dividendi dipendono le disponibilità delle Fondazioni bancarie, azioniste sopra tutto delle banche e anelli molto importanti della gestione politica delle risorse a livello locale. Le Fondazioni vogliono alti dividendi, il mercato non vuole cacciare altri soldi come capitale di rischio. Chi vincerà?
Il dibattito è stato introdotto da uno studio a livello di Unione europea di Nicolas Verón. L’economista spagnolo ha notato che nella primavera del 2009, gli stress test pubblici hanno costretto le banche più deboli a ricapitalizzarsi, cosicché le istituzioni alla base del sistema finanziario americano hanno immediatamente iniziato a riconquistare la fiducia degli investitori, nonostante le molte difficoltà che ancora si profilavano le più piccole banche locali. Gli stress test condotti sugli istituti europei, invece, hanno prodotto risultati deludenti perché è mancata la necessaria trasparenza, e inoltre perché il processo non ha innescato la ricapitalizzazione e ristrutturazione delle banche più deboli, mantenendo così la fragilità complessiva del sistema. Poco credibile, secondo Verón, è stata la conclusione dell’esercizio di stress test, che cioè 3,5 miliardi di euro fossero sufficienti a ricapitalizzare in modo adeguato il sistema.
Gli stress test non sono riusciti a mettere in moto la necessaria ricapitalizzazione e ristrutturazione delle banche europee in difficoltà. Le banche che hanno recentemente raccolto capitale fresco, come Deutsche Bank o Standard Chartered, rientrano tra quelle forti e non tra quelle deboli. Ma anche le prime hanno subito grossi rovesci: Deutsche Bank, nel periodo luglio-settembre, ha riportato una perdita di 1,21 miliardi di euro, pesantemente condizionata dalla maxi svalutazione di 2,3 miliardi legata all´acquisizione di Postbank e dunque all’aumento di capitale di 9,2 miliardi di euro.
In Italia, è bastato l’annuncio di una ricapitalizzazione del Banco Popolare per due miliardi per dare una legnata (borsisticamente parlando) all’intero settore. Le vendite hanno colpito in maniera significativa anche Monte Paschi, malgrado quest’ultima abbia smentito i rumor subito circolati su un possibile aumento di capitale della banca toscana. Anche Unicredit e Banca Popolare di Milano hanno cercato di tranquillizzare il mercato spiegando di non avere in programma alcuna ricapitalizzazione.
Dove c’è tanto fumo, e tanta azione di pompieraggio state certi che ci dev’essere qualcosa che brucia. E precisamente la scarsa disponibilità del pubblico a metter mano al portafoglio per amore delle banche.
Secondo il Financial Times, le grandi banche italiane starebbero valutando un drastico taglio dei dividendi per adeguarsi ai nuovi standard di Basilea senza chiedere soldi agli investitori. Ma lo scoglio è quello delle potentissime Fondazioni, che hanno bisogno del flusso dei dividendi per i loro fini. Il dibattito promette di essere rovente.

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