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La crisi fa bene: apre la mente

da Redazione

La crisi come sinonimo d’innovazione. Riduce le ricchezze ma cambia le menti, produce scelte impensabili solo qualche anno fa puntando clamorosamente verso l’Investimento Socialmente Responsabile.

di Saverio Mercadante

 

La crisi come sinonimo d’innovazione. Riduce le ricchezze ma cambia le menti, produce scelte impensabili solo qualche anno fa puntando clamorosamente verso l’Investimento Socialmente Responsabile.
E’ la pratica secondo la quale considerazioni di ordine ambientale, sociale o etico vengono introdotte nel processo decisionale di scelta o di mantenimento di un investimento e nell’esercizio dei diritti connessi alla proprietà dei titoli.
I numeri sono veramente importanti. I paperoni d’Europa sono quasi 3 milioni di individui titolari di un patrimonio complessivo pari a 6,6 trilioni di euro, circa 6.600 miliardi. Tra il 2007 e il 2009 la falce della crisi ha distrutto l’11% delle loro ricchezze.
Ebbene, nonostante questo, o forse proprio in virtù di una sorta di collettivo ripensamento del futuro del nostro pianeta, i loro investimenti cosiddetti ‘responsabili’ hanno una avuto un’impennata straordinaria: hanno raggiunto 729 miliardi di euro, circa il 35% in più rispetto al 2008. Sono i dati di una ricerca dell’European Social Investment Forum (Eurosif) che prevede che questa fetta di mercato dovrebbe raggiungere nel 2013 gli 1,2 trilioni di euro: il 15% del portafoglio complessivo degli investimenti.
Gli Investimenti Responsabili, nel periodo 2003-2007 sono cresciuti del 22% annuo in termini di masse gestite. Nell’ambito dei fondi di investimento, gli Stati Uniti rappresentano il mercato più grande, raggiungendo una dimensione di masse gestite di 2,7 mila miliardi di dollari, seguiti dal Regno Unito con 1,2 mila miliardi di dollari.
Recenti ricerche affermano, infatti, che a fronte dell’ odierna recessione, le aziende con indici di responsabilità sociale più elevati hanno generato rendimenti positivi nelle performance di Borsa.
Nello specifico, il progetto di ricerca internazionale Mistra, che raccoglie 13 centri universitari europei, ha messo a confronto le performance di borsa di oltre 3000 società quotate a Wall Street, in seguito ai fallimenti di Lehman Brothers e di Washington Mutual (avvenuti entrambi nel settembre del 2008) alla luce dei criteri qualitativi dell’indice azionario etico Domini. Nei giorni successivi ai due fallimenti le società inserite all’interno dell’indice azionario di responsabilità sociale Domini registrano rendimenti anomali del + 1,2% e dello 0% rispetto al – 1,7% e – 1,8% del mercato. Ciò sta a significare che le società con un indice elevato di RSI generano rendimenti positivi e in crescita a fronte di un mercato in decrescita.
Gli stessi professionisti di settore si stanno interessando sempre più a questi temi. Secondo uno studio della McKinsey, più del 60% dei direttori finanziari e dei professionisti degli investimenti concordano che le attività ambientali, sociali e di governance generino valore per gli azionisti.
Ma torniamo alla ricerca Eurosif che fornisce molte conferme. Il crescente interesse degli investitori risiede proprio in quel connotato di responsabilità. Sostenibilità sociale, umanitaria e ambientale diventano i nuovi criteri guida nella scelta dei titoli e delle strategie operative. Che pagano anche in termini di stabilità. Si rivelano scelte sicure e vincenti in tempi di crisi. Paga e bene il no alle imprese che inquinano, producono armi o fanno affari con i regimi dittatoriali e il sì al microcredito e agli investimenti orientati allo sviluppo o al green business. Secondo il 94% dei gestori e il 75% degli individui intervistati, la grave crisi creditizia con tutte le sue note conseguenze avrebbe avuto addirittura un impatto positivo sugli investimenti responsabili.
Per le grandi banche private fidelizzare una clientela sempre più propensa ad alimentare la domanda di investimenti sostenibili diventa un’ottima opportunità.
Secondo gli analisti Erosif, il valore del mercato mondiale degli investimenti responsabili dovrbbe toccare i 26.500 del 2015: un quinto dell’intero mercato degli investimenti gestiti su scala globale.
Di qualche mese fa l’annuncio del colosso BNY Mellon di voler utilizzare criteri ESG ( l’acronimo si riferisce a quegli elementi organizzativi dell’azienda legati alle politiche ambientali, sociali e di governance) al fine di individuare aziende sulle quali investire in base alle migliori performance raggiunte. L’annuncio di BNY Mellon fa seguito a quello di un altro colosso finanziario l’olandese Ing: incomincerà a valutare una parte dei pagamenti dei top manager tenendo conto degli obiettivi conseguiti sulla base di considerazioni sociali e ambientali.
 

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