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Un centro di stoccaggio tra pubblico e privato

da Redazione

La normativa in vigore dovrebbe essere migliorata.

di Alessandro Carli

 

E’ un argomento che abbiamo affrontato con interesse e profondità, sempre molto attuale. E sempre molto “in progress”. In tema di rifiuti speciali – perché è di questo che si tratta – non ci sono grandi novità: ricordiamo che, attraverso una circolare dell’agosto 2010, il Dipartimento Prevenzione dell’ISS ha precisato alcune modalità applicative del Decreto Delegato 23/2009, che recepisce la normativa CE 1013/06. In estrema sintesi, il documento spiega che “tutti i soggetti che effettuano trasporto di rifiuti pericolosi e non in territorio sammarinese devono essere accompagnati da un formulario di identificazione rifiuti vidimato dall’ufficio del registro come previsto dall’art. 5 del Decreto Delegato n. 23/2009”. Inoltre – prosegue – i soggetti autorizzati per l’attività di raccolta, trasporto, deposito e trattamento di rifiuti “hanno l’obbligo di tenuta di un registro carico /scarico, vidimato dall’ufficio del registro”. Le direttive contenute nella normativa europea sono chiare. Meno chiaro, è come spiega Il problema, come spiega Mirkare Manzi, responsabile tecnico di Beccari srl, è legato all’applicabilità interna della direttiva e ai costi. “Certe somme possono andare bene per gli Stati inseriti nell’Unione europea, ma non per San Marino. L’Italia è una nazione che conta oltre 60 milioni di abitanti, il Titano poco più di 30 mila. Senza dimenticare che il Monte non è nell’Ue”. Qualche idea per ridurre le spese – e per renderle su misura delle peculiarità del Monte – ci sarebbe. A partire dalla creazione di uno spazio di stoccaggio, magari gestito in parte dal pubblico e in parte dal privato, in quanto sul territorio sono molteplici le società che si occupano di gestione dei rifiuti, sino ad arrivare a qualche forma di incentivo statale, per ‘abbattere’ – o perlomeno ‘limitare’ – l’esborso legato alla fidejussione. “Con l’idea di unire il pubblico e il privato, l’intera comunità sammarinese sarebbe assicurata per quel che concerne la corretta gestione del rifiuto – chiarisce Manzi -. L’ente pubblico avrebbe l’autorità di controllare i movimenti e la documentazione sia interna che i rapporti con le autorità competenti di destinazioni italiane, e il privato avrebbe la possibilità di gestire, organizzare e soddisfare ogni richiesta interna”. “Per quel che concerne i trasporti transfrontalieri, l’azienda sammarinese che necessita di smaltire un rifiuto speciale pericoloso e deve eseguire un trasporto transfrontaliero, dovrà seguire l’iter previsto per le procedure di notifica secondo il Regolamento CE 1013/2006 (regolamento comunitario recepito da San Marino con il DD 23/09, ndr). L’azienda sammarinese che necessita di smaltire un rifiuto speciale e non pericoloso e inserito nel cosiddetto ‘elenco verde’, il trasporto transfrontaliero non ha obbligo di notifica ma dell’allegato VII del REG. CE 1013/2006.L’azienda sammarinese che necessita di smaltire un rifiuto speciale e non pericoloso e non inserito nell’elenco verde, per il trasporto transfrontaliero ha obbligo di ‘notifica’, come previsto dal Regolamento CE 1013/2006”. E per l’interno? “All’azienda sammarinese che non necessita del trasporto transfrontaliero ma effettua una spedizione interna alla Repubblica, sia che si tratti di un rifiuto pericoloso che non pericoloso, basta il formulario”. Il problema, prosegue Manzi, va ricercato nella normativa sammarinese: “All’interno della legge, ci sono alcune lacune”. Sul Titano non è in vigore una modulistica da utilizzare sul territorio, senza dimenticare l’inquadramento e l’identificazione delle figure professionali in ambito della gestione dei rifiuti. Come trovare il bandolo della matassa? Nella maniera più semplice: parlando. “Il DD 23/09 è stato copiato dalla normativa italiana, che a sua volta recepisce quella europea. Mettiamoci attorno a un tavolo assieme al Governo, e cerchiamo di ‘pesare’ una soluzione che vada incontro alle reali esigenze del Paese”. Che sono, oltre a far indossare la legge sulla taglia del Monte (“Perché prendere in toto la direttiva italiana invece di pensare a un iter burocratico interno semplificato, più veloce e meno costoso?” chiede il responsabile tecnico di Beccari), una serie di incentivi per la fidejussione e la creazione di un centro per lo stoccaggio. “Bisogna partire dalla base. Sul territorio operano alcune imprese che si occupano di rifiuti, ed ognuna, in base alle proprie autorizzazioni, è in grado di soddisfare le esigenze di smaltimento dei rifiuti prodotti sul Monte. Noi trattiamo quelli speciali e non pericolosi, ovvero quelli destinati al recupero. Le strutture in grado di ospitare un centro ci sono. Il cliente non deve fare nulla: ogni passaggio viene gestito dalla società. In questo modo vengono abbassati anche i costi”. Un esempio, per capire meglio. “Facciamo un’ipotesi-campione: in un anno, una società deve smaltire 5 mila chili di rifiuti, e deve far fare due ritiri ogni 12 mesi. Le spese a cui deve far fronte sono diverse: circa 60 euro di oneri istruttori a San Marino, 258 euro circa per gli oneri italiani, a cui vanno aggiunti lo smaltimento, il trasporto e la garanzia. L’iter va seguito per ogni tipologia di Codice CER, quindi i costi vanno moltiplicati. Con un’area di stoccaggio, si possono raggruppare i rifiuti secondo il Codice CER, facendo scendere le spese”.

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