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La corruzione? Una tassa occulta italiana

da Redazione

Don Ciotti duro: “Tiene in ostaggio la democrazia”. Luigi Negri: “Interverrò sui valori della politica”.

 

di Saverio Mercadante

 

“Ora basta: servono scelte chiare e nette, anzi categoriche” ha affermato con la forza dell’indignazione don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione antimafia Libera.

“Come nella lotta alla mafia, non sono possibili mediazioni nella lotta contro la corruzione, che tiene in ostaggio la democrazia e si affianca all’emergenza etica. Il nostro Paese versa in uno stato di ‘coma etico’ ed è culturalmente depresso; è un Paese in cui si considera normale tutelare i tornaconti personali. La situazione è davvero grave, se oltre a chi fa il male c’è anche chi guarda e lascia fare”.

Dopo l’intervento del Cardinal Bagnasco sui casi di corruzione che stanno attraversando l’Italia delle giunte regionali, ci si aspetta anche a San Marino un intervento di Monsignor Luigi Negri dopo i clamorosi risultati della commissione antimafia che hanno scosso il Paese.

A San Marino Fixing ha dichiarato: “Aspetterò alcuni giorni ancora per avere una sufficiente chiarezza. Sto preparando, però, una bozza per l’indicazione dei valori a cui ritengo chiunque si occupi di politica debba ispirarsi”.

“Una tassa occulta, che impoverisce e inquina il Paese”, così viene definita la corruzione nel dossier preparato dalle associazioni Libera, Legambiente e Avviso Pubblico, presentato nei giorni scorsi a Roma nella sede della Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti italiani. Il peso morto e mortifero vale circa 10 miliardi di euro l’anno in termini di prodotto interno lordo.

Le cifre sono davvero allarmanti: il carico sul bilancio pubblico italiano è stimato per difetto in 50-60 miliardi di euro l’anno; mentre è di 10 miliardi la perdita di ricchezza causata dalla corruzione, pari a 170 euro di reddito pro capite e al 6% in termini di produttività. Su 100 cittadini italiani, 12 di loro si sono visti chiedere una tangente contro gli 8 della media europea. Dai quattro o cinque milioni, una città ben più grande di Roma hanno ricevuto una richiesta di tangente.

‘’La corruzione ambientale è un veleno che attraversa tutto il Paese”, sottolinea ancora il dossier. E infatti sono ben 15 su 20 le regioni coinvolte nelle inchieste in relazione a questo tipo di corruzione: dal ciclo dei rifiuti all’abusivismo edilizio, alle lottizzazioni, alle bonifiche, ai traffici e i riciclaggi. Indagini diffuse trasversalmente: delle 34 procure impegnate 13 sono del nord, 11 del centro e 10 del sud. Il Primato del maggior numero di inchieste si registra in Lombardia: 15. Seguono con 8 la Calabria, la Campania e la Toscana.

Ma il 37% delle ordinanze di custodia cautelare riguarda le quattro regioni a presenza mafiosa tradizionalmente più alta: Calabria, Campania, Sicilia e Puglia. Sempre la Calabria guida la classifica nazionale per numero di persone arrestate con 224 seguita da Piemonte con 210, Lombardia con 209, Toscana con 154 e Campania con 130 arrestati.

Un altro dati del dossier mette paura: su 33 grandi opere nel triennio 2007-2010 il costo sostenuto dallo Stato è lievitato dai 574 milioni di euro previsti al momento dell’assegnazione dell’appalto, agli 834 milioni di euro con un aggravio aggiuntivo e inizialmente non previsto di 260 milioni di euro, pari al 45% del valore iniziale di aggiudicazione.

L’Italia sembra rassegnata alla convivenza con la corruzione: 67 italiani su 100 ritengono che le tangenti siano una pratica diffusa tra i politici nazionali.

La corruzione è comunque un fenomeno dilagante e globale. Nel mondo si pagano ogni anno più di mille miliardi di dollari di tangenti, secondo i dati della Banca mondiale, mentre circa il 3 per cento del Prodotto interno lordo va sprecato a causa della corruzione.

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