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L’agricoltura biologica nella Repubblica di San Marino, il campo di Flavio Benedettini

da Redazione

“Si lavora in anticipo ed è importante saper ‘leggere’ quello che la terra ci vuole dire”.

CTSM Flavio Benedettini

 

“Dormi sepolto in un campo di grano/ non è la rosa, non è il tulipano / che ti fan veglia dall’ombra dei fossi / ma sono mille papaveri rossi”. La celebre ouverture de “La guerra di Piero” di Fabrizio De André (che quest’anno avrebbe compiuto 80 anni) risuona nitida nel cielo azzurro di Serravalle. E anche se non ci sono i papaveri rossi, poco importa: al loro posto, tra le spighe di grano “Bologna”, un microcosmo di biodiversità.

“A San Marino il progetto ‘bio’ è iniziato circa tre anni fa – esordisce Flavio Benedettini – e ad oggi le adesioni, tra professionisti e hobbisti, sono state circa 25. L’agricoltura ‘bio’ piace, è una possibilità in più per le aziende del territorio di proporre qualcosa di ‘nuovo’ anche se proprio ‘nuovo’ non è”. Tre, in estrema sintesi, le caratteristiche. “Quando si semina, occorre sempre considerare la biodiversità, quello che si adatta meglio al clima e al terreno. Il terreno inoltre deve essere già fertile e la fertilità deve essere ‘favorita’ solo con materia organica. Poi c’è la cura, che va eseguita solamente con estratti di erbe o farine di roccia che devono provenire direttamente dall’agricoltura e non da prodotti di sintesi”.

Il cereali ‘bio’ presentano alcune peculiarità ben specifiche. “È un’agricoltura ‘diversa, si lavora in anticipo, in maniera preventiva. Grandi attenzioni vanno date al nutrimento del grano e alle ‘infestanti’. Certo, il ‘bio’ di oggi non è quello di un tempo: la tecnologia e la ricerca ci danno una grossa mano. Per ‘combattere’ le erbe infestanti, ad esempio, io utilizzo lo ‘Strigliatore’, una specie di ‘pettine’ che rompe la crosta della terra e permette all’aria di penetrare”.

Si pensa al ‘bio’ e subito vengono in mente i grani antichi. “Nel mio terreno – prosegue Flavio – quest’anno ho piantato il grano ‘Bologna’. Nel 2021 cambierò: il disciplinare del Consorzio Terra di San Marino difatti prevede la rotazione, l’alternanza. Dovrei quindi seminare le leguminose, così ‘arricchiscono’ il terreno”.

Siamo a giugno, è tempo di mietitura. “Inizierò a metà mese – annuncia – partendo dall’orzo”. L’annata si presenta abbastanza interessante. “C’è stato un buon risveglio della natura con buone fioriture sia degli ulivi che delle viti. È mancata l’acqua e quindi si è sofferto un po’. Il terreno comunque sta tornando fertile: quando vango, ’emergono’ i lombrichi. E nei campi si vedono le lucciole e le coccinelle: un segnale di salute. Il raccolto ‘bio’ del 2020 dovrebbe essere interessante. Va detto comunque che questo tipo di agricoltura produce meno rispetto a quella classica ma ha anche meno costi vivi”.

Già, il ‘bio’. “Devi imparare a guardare il grano e a ‘leggere’ quello che ti ‘scrive’ la terra. Se è necessario, intervengo, altrimenti no”. Osservare, intervenire, attendere. E andare in profondità. “Se una spiga di grano è esteticamente ‘poco bella’ non vuol dire che non sia in salute – conclude Flavio Benedettini -. In questo caso occorre vedere le radici: se sono più lunghe di quello che si vede sopra al terreno significa che ‘sta bene’ perché è andata in profondità a cercare sostanze nutrienti. È un altro modo di vedere le cose…”.

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