Home FixingFixing Tasse, San Marino è tra i 50 Paesi più “business friendly”

Tasse, San Marino è tra i 50 Paesi più “business friendly”

da Redazione

Il fisco chiede alle imprese il 36,2%. In Italia (128°) il 59,1%, in Bahrein (1°) il 13,8%. Il “Paying Taxes” di World Bank misura anche i tempi per pagare: 52 ore per 18 adempimenti.

paying taxes

 

di Daniele Bartolucci

 

Se il Bahrein è il Paese più “buono” al mondo con le imprese, San Marino non è certamente un “vampiro”, piazzandosi tra i primi 50 nella speciale classifica “Paying Taxes 2020”, redatta come ogni anno dalla Banca Mondiale e da Pwc. Male invece l’Italia, che con il suo 128esimo posto su 190 presi in esame continua a restare fuori dai radar di diversi gruppi imprenditoriali che ricercano espressamente questi “comfort” fiscali.

 

SAN MARINO SI CONFERMA TRA I MIGLIORI

 

Bahrein, Hong Kong e Qatar occupano il podio della classifica, elaborata in base all’indice complessivo che fotografa tre valori: l’incidenza di imposte e contributi, il tempo necessario per i vari adempimenti e il numero di versamenti effettuati. Dietro di loro si piazzano l’Irlanda, Mauritius e Kuwait. Poi Singapore, Danimarca, Nuova Zelanda e Finlandia completano il “top ten”. La Svizzera è 20esima, il Lussemburgo 23esimo, gli Usa sono 25esimi e il Regno Unito 27esimo. San Marino è 47esima, preceduta dalla Germania, mentre Giappone è 51esimo e la Francia è 61esima. Scorrendo la classifica si notano subito delle differenze sostanziali, anche in fatto di standard di trasparenza, per cui, escludendo Paesi che obiettivamente fanno della bassa fiscalità l’unica leva attrattiva per le imprese, San Marino rientra a pieno titolo tra i Paesi “migliori” in questo speciale ambito, tenuto conto anche del fatto che l’area europea è quella con gli standard ormai più elevati al mondo (e l’Unione Europea guarda sempre con occhio più attento e vigile operazioni di tax ruling troppo concorrenziali).

 

ALIQUOTE E TEMPO FANNO LA DIFFERENZA

 

Il Bahrein deve il proprio primato all’effetto congiunto della grande facilità nel pagare le tasse e di un’incidenza del fisco pari solo al 13,8%. Secondo il rapporto presentato a fine 2018 da Banca Mondiale e da Pwc, bastano infatti solo 22 ore e mezza l’anno per mettersi in regola con il fisco locale. Poche tasse e anche facili da pagare. Il contrario di ciò che avviene in Brasile, dove servono in media 1.500 ore per sistemare i rapporti con la loro agenzia delle entrate. A San Marino, invece, per adempiere ai 18 pagamenti previsti, occorrono in media solo 52ore all’anno, con un carico complessivo del 36,2%, al di sotto sia della media globale che di quella europea. Ma soprattutto, quasi la metà di quanto sono costrette a sborsare le imprese italiane al proprio fisco, con evidenti ripercussioni anche sugli investimenti e sulle buste paga dei propri dipendenti.

 

L’ITALIA “SUCCHIA” QUASI I DUE TERZI DEI PROFITTI

 

Premesso che davanti all’Italia ci sono Paesi come il Lesotho e il Mozambico (127esimo), il problema del Belpaese (che il Governo Conte bis sta affrontando proprio in queste settimane) è che il carico fiscale complessivo è pari al 59,1% dei profitti commerciali, oltre al fatto che servono comunque 238 ore per gli adempimenti fiscali (anche se per soli 14 pagamenti l’anno). Le 238 ore che occorrono in Italia per gli adempimenti fiscali sono sostanzialmente in linea con la media globale (234 ore), ma ancora una volta ben superiori rispetto alla media stabile degli altri stati europei di161 ore.

E le cose, purtroppo, sono andate sempre peggio negli ultimi anni, perché il carico fiscale e contributivo sulle imprese italiane è aumentato di ben 6 punti dal 53,1% della precedente classifica (a causa del taglio degli sgravi contributivi introdotti come misura temporanea e poi non stabilizzata), a fronte di una media globale 2018 pari al 40,5 ed europea del 38,9%. Come molti in Italia hanno però osservato, ci sono delle incongruenze importanti: per prima cosa, nel dato italiano sul carico fiscale e contributivo è incluso il Tfr, che viene considerato come contributo previdenziale obbligatorio. Inoltre, nell’esame non trovano riscontro gli ultimi interventi legislativi, in particolare il pacchetto di incentivi introdotti per gli investimenti e lo sviluppo delle imprese, ovvero il famoso Decreto Industria 4.0. Inoltre, pur evidenziandolo, il rapporto non pesa sufficientemente sui tempi necessari agli adempimenti l’introduzione della fatturazione elettronica e del sistema di interscambio (Sdi).

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