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La soluzione al “caso targhe” forse nel Codice della Strada

da Redazione

Emendamenti già depositati nell’ambito della riforma che, però, è appena partita. Rischio concreto di dover attendere mesi: le aziende sammarinesi sempre più preoccupate.

TARGA RSM SALVINI

 

di Daniele Bartolucci

 

Sfumata l’iniziativa parlamentare con il Decreto Sicurezza bis, si tenterà di risolvere il “caso targhe” nell’ambito della riforma del Codice della Strada. Tradotto: per le imprese sammarinesi si preannuncia un’estate caldissima e forse anche l’autunno non basterà a stemperare la preoccupazione di vedersi fermare i mezzi oltreconfine in base alle norme del primo Decreto Sicurezza (dl 113/2018, convertito dalla legge 132/2018). Di fatto, la regola che i residenti in Italia non possano guidare veicoli immatricolati a San Marino resta in vigore. E questo vale, soprattutto, per i lavoratori frontalieri dipendenti di un’azienda sammarinese, che in pratica non possono guidare le auto dell’azienda, se non accollandosi il rischio di venire fermati. Un problema non da poco per chi, come molti, ha investito in trasporti e mezzi da lavoro. Anche per questo, visto il protrarsi della “soluzione parlamentare”, dopo che quella diplomatica ha obiettivamente fallito, molti imprenditori stanno valutando di fare ricorsi, richiamando l’Italia al rispetto degli Accordi bilaterali, in quanto leggi speciali e quindi di rango superiore alle leggi nazionali intervenute successivamente. Un tema che per prima ANIS ha sollevato, chiedendo alle Istituzioni sammarinesi e italiane (con varie missive anche al Presidente della Camera, Roberto Fico, che è lo stesso che ha bloccato l’iniziativa parlamentare nei giorni scorsi giudicando inammissibili i vari emendamenti proposti, compresi quelli della Lega, suo alleato di Governo) di riconoscerne il valore e trovare una via d’uscita a questo guazzabuglio che, va sottolineato, mette a serio rischio l’operatività di centinaia di aziende sammarinesi e, indirettamente, anche tantissimi posti di lavoro dei frontalieri.

 

NIENTE MODIFICHE AL DECRETO SICUREZZA BIS


Come anticipato da Fixing (vedi numero 28), è sfumata la possibilità di modificare la tanto discussa norma (art. 93 del CdS) dopo che il Presidente della Camera, Fico come detto, ha bloccato gli emendamenti ad hoc presentati dalla Lega (in accordo con il M5S) e dal Pd. La conferma è arrivata nei giorni successivi quando il Decreto Sicurezza bis è approdato a Montecitorio, , dopo il via libera della commissione Affari Costituzionali. Tecnicamente si potrebbe ancora modificare, ma ciò comporterebbe un allungamento dei tempi (con doppio passaggio Camera-Senato) ed è la Lega il primo partito a non voler bloccare il Decreto, che è un cavallo di battaglia di Salvini. Quindi, di fatto, l’iniziativa è sfumata. Gli stessi deputati leghisti più attivi in tal senso, Igor Iezzi e Flavio Di Muro l’hanno dovuto ammettere, rimandando la questione alla riforma del Codice della Strada, in discussione in questi giorni. La stessa cosa ha fatto la deputata del PD Angela Schirò: “Il passaggio alla Camera del provvedimento in materia di “Modifiche al codice della strada” è l’ennesima occasione per adottare con uno specifico emendamento, da me presentato e firmato anche dagli altri colleghi del PD eletti all’estero, un intervento risolutivo dei numerosi problemi che il Decreto Sicurezza ha creato in tema di targhe automobilistiche estere ai familiari residenti in Italia di cittadini iscritti all’AIRE, ai frontalieri e ai lavoratori stagionali, che hanno un’importante funzione di supporto di molte nostre attività d’impresa. L’avevo già fatto”, prosegue la deputata, “con diversi atti parlamentari – interrogazioni, emendamenti al decreto Sicurezza bis -, ma la maggioranza e il Governo, pur riconoscendo l’obiettività e la rilevanza delle questioni poste, tant’è che su alcuni aspetti è dovuto intervenire d’urgenza con atti amministrativi, ha finora rinviato a successivi provvedimenti o si è trincerato dietro la formula capziosa dell’inammissibilità, sfuggendo di fatto a concrete responsabilità”. E qual è la sua proposta? “Con il mio emendamento chiedo che da tale divieto siano esclusi i componenti del nucleo familiare residente in Italia di un cittadino iscritto all’Aire il cui veicolo è immatricolato all’estero e concesso in comodato d’uso gratuito; i soggetti residenti anagraficamente in altro stato membro dell’UE che si trovano in Italia per svolgere attività lavorative stagionali e che conducono i veicoli nella loro disponibilità immatricolati all’estero; i lavoratori frontalieri residenti in Italia che prestano un’attività di lavoro dipendente, in via esclusiva e continuativa, a favore di un datore di lavoro estero e che quotidianamente si recano all’estero in Paesi confinanti (Francia, Svizzera, Austria, Slovenia e San Marino, Stato Città del Vaticano) e in Paesi limitrofi (Principato di Monaco)”.

 

LA RIFORMA DEL CODICE: L’ITER È APPENA INIZIATO


La riforma del Codice della Strada, annunciata negli scorsi mesi, sta davvero per vedere la luce, ma non sarà una cosa veloce. La commissione Trasporti della Camera ha approvato in prima lettura il disegno di legge che ora passerà all’esame dell’Aula di Montecitorio, prima del suo approdo al Senato. “Entro la fine dell’anno”, secondo le previsioni dei parlamentari, le modifiche al codice della strada dovrebbero essere legge. Quasi sicuramente, trattando una materia così impattante (dalla giustizia, visti i riferimenti al penale, ai rapporti con l’Unione Europea), la riforma non avrà un percorso facile né rapido. Si tratta di metter mano a situazioni diverse (dai controlli con telecamere per tutte le infrazioni al via libera alla circolazione sulle autostrade anche di moto e scooter di cilindrata sotto gli attuali 150 cc, ma non l’aumento del limite di velocità ai 150 km/h), che interessano più ambiti amministrativi e legali, come la privacy o l’urbanistica, ma anche economici, visto che si parla anche di biciclette, auto elettriche e altri mezzi. Insomma, il rischio che ci vogliano alcuni mesi, tenendo conto anche della pausa estiva, è molto più di un dubbio, ma quasi una certezza. Per questo le imprese non sono solo preoccupate, ma infuriate.

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