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San Marino, Banca CIS: tempi strettissimi per la risoluzione della crisi

da Redazione

Il 21 luglio scade l’ultimo blocco dei pagamenti: sul tavolo c’è l’ipotesi “ente ponte”, ma anche i dubbi sul coinvolgimento dello Stato e degli oltre 100 milioni di euro dei fondi pensione. Per ANIS “è inaccettabile il rischio che a pagare la soluzione siano imprese e lavoratori sia oggi che domani con nuove tasse, contributi e tagli al welfare”.

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di Daniele Bartolucci

 

Il 21 luglio a mezzanotte termina l’ultima proroga della sospensione dei pagamenti imposta a Banca CIS. E’ questa la data spartiacque a cui tutto il Paese sta guardando con crescente preoccupazione. Preoccupazione soprattutto perché all’orizzonte una soluzione positiva della vicenda non si vede ancora, mentre le ipotesi sul tavolo – anche al netto della riservatezza su cifre e accordi – non possono considerarsi “indolori”. Di certo è che la politica ha avuto 180 giorni per costruire queste soluzioni e non l’ha fatto, come ha criticato ANIS, se non la Legge Salvabanche, che però non è detto verrà utilizzata in questa vicenda: i tempi tecnici per attivare la risoluzione sono veramente stretti e (al momento in cui scriviamo, ndr) non sono stati ancora convocati gli organismi previsti dalla nuova procedura. Né tantomeno c’è totale condivisione su quale strada percorrere. Insomma, un rebus vero e proprio. Da cui, però, dipenderà non solo il futuro di Banca CIS, ma anche di una buona fetta del futuro di San Marino, stante il fatto che, ha ricordato ANIS, “vengono infatti coinvolti sia i fondi pensione – per un investimento in Banca CIS di oltre 100 milioni di euro – sia lo Stato, chiamato a garantire gli stessi fondi pensione più il dissesto stimato in quasi 70 milioni”.

 

LE DIVERSE IPOTESI SUL TAVOLO


Le sorti di Banca CIS sono in questi giorni al centro del confronto politico, a iniziare dalla Commissione Finanze convocata in seduta segreta martedì scorso. Presente anche il Consiglio di Previdenza, si è svolta l’audizione dei vertici di Banca Centrale e del Commissario Straordinario Sido Bonfatti.

La prima ipotesi è quella dell’acquisto da parte di un soggetto esterno, il cosiddetto “ente terzo” previsto dalla nuova procedura, ma sono diversi i dubbi sull’offerta pervenuta nei giorni scorsi: 30 milioni di euro subito (8 milioni cash e altri 22 in titoli immediatamente liquidabili ) e gli altri 100 che seevirebbero a coprire il deficit di 130 milioni di euro attuali, spalmati in più anni. La stessa Banca Centrale si è mostrata abbastanza titubante nel valutarla, ma ufficialmente non ha ancora bocciato l’idea, facendo comunque intendere che i 100 milioni che mancano, vanno comunque garantiti oggi, non in chissà quanti anni.

Se non dovesse andare in porto la “soluzione di mercato” si prospetta il “piano B”, proposto dalla stessa Banca Centrale: costituire un ente ponte – o bad bank – con successivo spacchettamento di attivi e passivi, pari ad 87 milioni di depositi garantiti, a Bac, Bsi e Banca di San Marino (esclusa Cassa di Risparmio, che è di proprietà dello Stato, quindi). Questa soluzione garantirebbe immediata liquidità a depositi entro i 100.000 euro, ma non basterebbe a risolvere tutta la faccenda, perché rimarrebbe il problema di tutti gli attivi infruttiferi e soprattutto il problema patrimoniale. Da qui la proposta, avanzata dal Commissario Bonfatti, di costruire un accordo con il Consiglio di Previdenza per segregare i 100 milioni di fondi pensione garantiti dallo Stato. I 30 milioni rimanenti verrebbero invece coperti attraverso la conversione in capitali di rischio delle passività di BCSM e di altre banche in capo al CIS. Questa soluzione garantirebbe il raggiungimento – non si sa per quanto tempo – di due obiettivi: mantenere la continuità aziendale e tutelare i posti di lavoro.

 

ANIS: “SERVE UN PIANO SERIO”

 

“La vicenda di Banca CIS”, spiegano da ANIS, “su cui è inevitabilmente focalizzata l’attenzione di tutte le forze politiche e le parti sociali, è oltremodo cruciale poiché riguarda non solo il destino di una banca ma una grossa parte del futuro del Paese. Vengono infatti coinvolti sia i fondi pensione – per un investimento in Banca CIS di oltre 100 milioni di euro – sia lo Stato, chiamato a garantire gli stessi fondi pensione più il dissesto stimato in quasi 70 milioni”. “Al momento”, avvertono, “l’ipotesi realmente percorribile sembra l’attivazione della procedura di risoluzione introdotta con la Legge 102 del 14 giugno 2019, approvata all’unanimità dal Consiglio Grande e Generale. Ma all’interno di questa possono essere valutate diverse opzioni per far sì che la soluzione definitiva rientri in un progetto complessivo volto a far ripartire l’intero sistema bancario, contenendo al massimo l’intervento economico dello Stato, che già si è molto esposto per questo settore, e salvaguardando il patrimonio dei Fondi Pensione e di Fondiss. Ma”, avvertono dall’Associazione, “si dovrà fare attenzione a contenere al massimo eventuali effetti sul sistema economico e sociale di San Marino, perché vi è il rischio che lavoratori e imprese debbano pagare di tasca propria, sia oggi sia domani – come già accaduto e quindi prevedibile – con nuove tasse, contributi e tagli al welfare. Per ANIS questa soluzione è inaccettabile”.

“Purtroppo”, rilevano gli Industriali, “ora mancano pochi giorni alla scadenza del blocco dei pagamenti in Banca CIS e qualsiasi scelta risentirà inevitabilmente – negativamente – dell’estrema urgenza in cui dovrà essere presa. Conseguenza anche del ritardo con cui la questione è stata affrontata, iniziando solo nelle ultime due settimane il confronto per la ricerca di strade percorribili, e non subito dopo il commissariamento sei mesi fa, centottanta giorni fa, quando avremmo avuto sicuramente più tempo e più possibilità per costruire la strategia migliore e più sostenibile. È chiara a tutti, in primis ad ANIS che l’ha sempre rimarcata, la necessità di una soluzione condivisa, con relativa assunzione di responsabilità da parte di ciascuno (come stanno facendo anche le altre tre banche private che si sono rese disponibili a garantire i correntisti e probabilmente una parte della forza lavoro di Banca CIS). Ma la condizione essenziale affinché tutti i soggetti coinvolti mettano a disposizione le proprie risorse, o quelle gestite per conto di imprese e lavoratori, rimane un piano di rientro serio e credibile. La sola, generica, garanzia dello Stato, che peraltro nel caso specifico ci sarebbe anche nell’ipotesi di liquidazione coatta amministrativa, non è sufficiente. È altrettanto fondamentale che da tale piano prenda l’avvio un progetto di ristrutturazione e rilancio dell’intero settore bancario. Nonché uno di sistemazione dei fondi pensione stessi il cui patrimonio – è bene ricordarlo, con o senza la parte oggi vincolata a Banca CIS – è destinato a esaurirsi in brevissimo tempo se non si riuscirà a invertire il trend di forte incremento del numero dei pensionati, non sostenuto dall’aumento della forza lavoro”. E per questo, ANIS ribadisce con forza un concetto espresso tante altre volte: “Non possiamo permetterci di perdere altro tempo e mettere a rischio l’intero sistema economico e sociale, per molti anni a venire: il Paese ha bisogno di un piano strategico di sviluppo che ci guidi con decisione e lungimiranza”.

 

CSU: “COLPIRE I RESPONSABILI”

 

Il direttivo confederale unitario della CSU ha rinnovato in questi giorni l’appello a tutte le forze politiche presenti in Consiglio “a proseguire con determinazione nel percorso di condivisione concretizzato nell’iter di approvazione della Legge “Salvabanche”, per trovare una soluzione a salvaguardia dei 100 milioni dei Fondi Pensione, dei correntisti e degli 80 dipendenti di banca CIS”.

“Siamo arrivati ad un bivio cruciale”, hanno avvertito i segretari della CSU, Giuliano Tamagnini e Gianluca Montanari, “non solo per capire quale sarà il destino di Banca CIS, ma anche per fare finalmente chiarezza sul futuro dell’intero sistema bancario del nostro Paese. Dopo quasi sei mesi di blocco dei pagamenti, i tempi sono oramai strettissimi: o si trova un investitore solido ed affidabile, che dia garanzie di sostenibilità dell’investimento per il medio termine, apportando liquidità e concrete garanzie bancarie a supporto per far fronte ad uno sbilancio patrimoniale di oltre 100 milioni, oppure lo storico istituto di credito di Serravalle non avrà futuro”.

Come emerso dall’incontro della CSU con tutte le forze politiche avvenuto la settimana scorsa (vedi box), la CSU si aspettava che “la Commissione Finanze confermi con molta chiarezza che la proposta circolata nei giorni scorsi in merito all’esclusione dall’ente-ponte dei Fondi Pensione, è in netto contrasto con i principi, i contenuti e gli obiettivi della legge Salvabanche, che impongono le massime garanzie sui risparmi previdenziali. Il passaggio in Commissione Finanze deve essere inoltre l’occasione per fare chiarezza fino in fondo sui numeri della crisi di Banca CIS, sulla reale affidabilità e concretezza dell’ipotesi di acquisto, passando preliminarmente dalla ‘risoluzione’ prevista da tale Legge e, più in generale, sulle responsabilità di chi ha causato un dissesto plurimilionario”.

Su questo punto Tamagnini e Montanari interpellano direttamente il Tribunale: “Indispensabile, parallelamente alle ipotesi di cessione/risoluzione deve essere l’immediato avvio delle azioni di responsabilità e delle indagini per accertare i responsabili del dissesto di Banca CIS e le eventuali connivenze che lo hanno consentito. A tal fine l’attivazione della procedura di risoluzione è determinante anche per ampliare i termini di prescrizione e considerare inefficaci per frode presunta i trasferimenti di fondi e/o contante effettuati dagli esponenti aziendali e dall’alta dirigenza”.

Va inoltre ricordato, puntualizzano i Segretari Generali della CSU, che “a quasi un mese dall’esposto presentato dal Consiglio per la Previdenza riguardo il destino di 62milioni di Fondi Pensione depositati in Banca CIS e investiti in conti pronto termine, ancora a nessun magistrato è stata assegnata la titolarità dell’indagine”. In definitiva, per la CSU, “è indispensabile che vengano attivati i disposti della Legge 102/2019 “Salvabanche” ed in particolare lo strumento della “risoluzione”, che consentirà di fare chiarezza sui numeri e sulle responsabilità degli organi di amministrazione, di controllo, di alta direzione e società di revisione. I Fondi Pensione dovranno essere trasferiti nell’ente-ponte, così come tutte le altre attività e passività, così come previsto dalla Legge”.

 

“E’ PRIORITARIO TUTELARE I FONDI PENSIONE”

 

Tra gli incontri di questa settimana spicca wuello svoltosi nella sede della CSU, tra i dirigenti della Centrale Sindacale Unitaria e una rappresentanza di tutte le forze politiche, di maggioranza e opposizione, presenti in Consiglio Grande e Generale. Non tanto per i partecipanti, ma per il fatto che da esso ne è scaturito un comunicato congiunto, che riportiamo di seguito: “L’incontro è stato convocato con urgenza dalla CSU per esprimere le proprie forti preoccupazioni relativamente ad una serie di ipotesi di soluzione della crisi di Banca CIS presentate dal Commissario Straordinario della banca in incontri ufficiali avvenuti nei giorni scorsi con le organizzazioni sindacali e la rappresentanza sindacale dei dipendenti, anche in presenza della delegazione di Governo. Fra le ipotesi presentate, quella che ha suscitato maggiore preoccupazione prevede – successivamente alla ipotesi di risoluzione prevista dalla legge 102/2019 (“salvabanche”) – che gli oltre cento milioni di Fondi pensione (primo e secondo pilastro) allocati presso Banca CIS non vengano trasferiti nel cosiddetto ente ponte (la good bank), ma siano bloccati da un “accordo di moratoria”, che preveda da un lato l’attivazione della garanzia dello Stato, e dall’altro la restituzione delle risorse in un periodo comunque non inferiore ai 10 anni. Di fatto, di queste risorse si dovrebbe interamente far carico lo Stato, ovvero tutti i cittadini. Nell’incontro odierno, dalla CSU e da parte di tutte le forze politiche è emersa in maniera univoca la necessità di tutelare in maniera prioritaria tali fondi previdenziali. La proposta presentata dal Commissario Straordinario di Banca CIS è in netto contrasto con i principi, i contenuti e gli obiettivi della legge “salvabanche”, che impongono le massime garanzie sulle stesse risorse previdenziali. Si è rilanciata inoltre la necessità di rafforzare il percorso di condivisione che ha portato alla approvazione in tempi ristrettissimi delle legge “salvabanche”, ovvero l’insieme di norme che si auspica potranno consentire nell’immediato di allontanare i rischi di liquidazione coatta amministrativa di Banca CIS, individuando le migliori ipotesi di soluzione per questa banca, nell’ottica di tutelare i risparmiatori, i dipendenti e lo Stato. Più in generale, si rende non più rinviabile l’individuazione di una strategia di sistema condivisa per affrontare le criticità dell’intero sistema bancario e finanziario e la crisi complessiva del Paese”.

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