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San Marino, spesa corrente da tagliare, con quali forbici?

da Redazione

Da oltre un anno si attendono gli interventi che dovrebbero arrivare solo con la Variazione di Bilancio prevista entro fine mese. Nel frattempo la spesa corrente è aumentato e con il probabile aumento del debito pubblico crescerà ancora di più.

tabella spen

 

di Daniele Bartolucci

 

Sono quasi 12 i milioni che il Governo si è impegnato a risparmiare nel 2018 attraverso la Spending review, ma al momento i dati ufficiali dicono che la spesa corrente sia invece aumentata nel corso dell’anno, come si evince dalla Variazione al Bilancio effettuata ad agosto. E’ pur vero che, come annunciato in estate, la vera Variazione sarà quella di settembre, dove dovrebbero essere previsti gli interventi della Spending, ma allo stesso modo è vero anche che il Governo sta pianificando l’aumento dell’indebitamento pubblico a una cifra superiore agli 800 milioni di euro: ed è chiaro che su questo nuovo “prestito” si pagheranno degli interessi, che andranno poi ad ingrossare la spesa corrente. Il rischio è quello di un circolo assolutamente poco virtuoso; un avvitamento che, ad esempio l’Italia conosce bene. “La coperta è corta” si dice in questi casi, per cui occorre allungarla e l’unico modo è quello di puntare sullo sviluppo e aumentare il PIL, perché gli effetti positivi si vedrebbero anche sui conti pubblici. Ovviamente per fare sviluppo occorrono risorse, anche pubbliche, che vanno recuperate dalla riduzione della spesa corrente (inasprire la pressione fiscale avrebbe l’effetto contrario, di deprimere l’economia, non certo di rilanciarla, ndr), che era ed è un’operazione fondamentale. Anche per questo le categorie economiche spingono così tanto perché venga riaperto il tavolo sull’argomento e vengano prese in considerazione le loro proposte (oltre ad un ovvio principio di equità, secondo il quale il “privato” ha già subito patrimoniale e minimum tax), e si dia il via ad una seria e sostenibile operazione di revisione della spesa, per rendere la Pubblica Amministrazione più efficiente e più efficace, meno costosa e più utile, per non dire di reale sostegno, allo sviluppo dell’economia sammarinese.

 

SCADENZE NON RISPETTATE E TREND NEGATIVO


Come detto, la Spending review non è un’operazione del Governo targato Adesso.sm nata qualche giorno fa, ma esplicitata nel 2017 con la Legge 7 agosto 2017 n. 94, il cui articolo 15 ha istituito un gruppo di lavoro con il compito di ridurre e riqualificare la spesa del Settore Pubblico Allargato attraverso l’analisi dei processi gestionali ed amministrativi, delle modalità di gestione e di erogazione dei servizi e delle forme e misure di contribuzione a diverso titolo alla sfera privata. Il gruppo di lavoro è stato quindi incaricato di redigere, entro il 30 novembre 2017, una relazione con le proposte di interventi in cui evidenziare le criticità, basandosi anche sulla vecchia relazione presentata in data 31 maggio 2013 dal Gruppo Tecnico per la revisione della spesa pubblica, istituito ai sensi dell’articolo 5 della Legge 21 dicembre 2012 n.150. Sulla base di queste proposte, il comma 7 dello stesso articolo ha dato mandato al Congresso di Stato di formulare e sottoporre al Consiglio Grande e Generale, per la sua approvazione, un piano esecutivo di intervento e riduzione e riqualificazione della spesa teso a raggiungere il risultato della diminuzione della spesa corrente del 10% nei prossimi tre esercizi finanziari e precisamente: del 2,5% nel 2018 con riferimento al dato assestato 2017, ovvero 11.976.183 su 479.047.337 euro, del 3,5% (16.766.656 euro) nel 2019 e 4% (19.161.893 euro) nel 2020 sempre con riferimento all’assestamento 2017.

Stante la percentuale così bassa (contestata dalle categorie economiche, che chiedevano e chiedono una riduzione consistente, almeno del 10% l’anno per arrivare ad un 30% di risparmi da investire per lo sviluppo), ci si sarebbe aspettati un risultato abbastanza veloce, invece nell’assestamento presentato ad agosto, la spesa corrente è cresciuta di altri 200mila euro, confermando (si veda la tabella) la tendenza degli anni precedenti.

 

PRIMI INTERVENTI: AFFITTI E ACCORPAMENTI


Quando si parla di Spending review, ci si riferisce spesso ai soli dipendenti pubblici “ma il Governo”, precisa il Segretario agli Interni Guerrino Zanotti, “ha presentato una serie articolata di proposte e non solo la temporanea – per due anni – riduzione degli stipendi dei pubblici dipendenti e dei dipendenti delle società partecipate dallo Stato”. Tra questi c’è l’introduzione del sistema di recapito della posta certificata, “con risparmio di tempo per gli utenti e velocizzazione dei processi amministrativi”, o la “predisposizione dei piani annuali delle assunzioni e conseguente razionalizzazione delle risorse umane sia qualitativamente che quantitativamente all’insegna della programmazione”. Poi ci sono gli “accorpamenti o revisioni organizzative delle Unità Organizzative che incideranno anche sulle competenze di Organi Collegiali in attuazione della delega contenuta nella Legge di Bilancio di Previsione 2018”, e la “predisposizione, da parte di Enti e Società a partecipazione pubblica maggioritaria, entro ottobre 2018 di un piano di riduzione della spesa corrente in linea con gli obiettivi di riduzione costi per il Bilancio dello Stato”. Ma anche il “piano di Approvvigionamento per la fornitura di prodotti e servizi per l’informatica per il Settore Pubblico Allargato, volto a standardizzare il più possibile tali acquisti e predisposizione di una norma semplificata su appalti e forniture”. Altro intervento interessante è la “riduzione della spesa per affitti passivi, in parte già realizzata, con un risparmio complessivo di circa € 400.000; riduzione dei trasferimenti agli enti e aziende autonome.

Questi sono solo alcuni degli interventi illustrati e proposti al tavolo di confronto.

 

P.A., UN TAVOLO CHE NON C’È

 

Fin dai primi passi del gruppo di lavoro è emersa tutta la difficoltà ad intervenire in maniera seria sulla Pubblica Amministrazione, tanto che alla fine si sono giocoforza polarizzate le posizioni di chi puntava il dito sui dipendenti pubblici (troppi e troppo costosi, questa l’antifona) e chi sui diritti degli stessi (non si possono licenziare e il contratto non va peggiorato, semmai rinnovato visto che è scaduto da anni). Nonostante questo, le categorie economiche hanno presentato un documento condiviso con diverse proposte di intervento, senza parlare apertamente di licenziamenti, ma a poco sembra essere servito, visto che la discussione sulla Spending e in particolare sul trattamento economico dei dipendenti pubblici è diventata oggetto di dibattito tra la Segreteria agli Interni e i sindacati, escludendo di fatto gli altri attori. La situazione è venuta alla luce prima dell’estate, ma nonostante gli appelli, al momento lo stallo della trattativa è evidente a tutti, compresi i sindacati, pronti, a loro dire, a nuove manifestazioni di protesta. E mentre si prefigura all’orizzonte un altro sciopero, il Governo ha aperto il Tavolo per lo Sviluppo, riducendo – ovviamente per il momento – la discussione sui dipendenti pubblici al contributo di solidarietà (vedi box sotto), alternativa al taglio dell’ora di lavoro che si era invece ipotizzata prima della pausa estiva. Di rinnovo contrattuale, comunque, non se ne parla più. E la Spending, i cui primi interventi dovrebbero essere ormai definiti (a fine mese in teoria dovrebbero andare a regime nella Variazione di Bilancio) non è stata rimessa in agenda nel nuovo Tavolo per lo Sviluppo, ma resta – in buona sostanza sulla falsariga della relazione del Segretario agli Interni – nel dossier del Piano di Stabilità Nazionale e Sviluppo, che però (si veda Fixing nr 32) non sembra procedere nel migliore dei modi, visto che le parti sociali continuano a chiedere al Governo un “confronto reale” e non “soluzioni chiuse”. Il rischio è quello di arrivare alla legge finanziaria senza soluzioni condivise, ma interventi, anche drastici, che il Governo dovrà impostare per far tornare i conti.

 

IL TAGLIO AL COSTO DEL PERSONALE P.A.


“In merito alla riduzione del costo del personale”, spiega una nota della Segreteria agli Interni, “onde evitare fraintendimenti e sterili polemiche si riportano alcuni esempi concreti”.

“La nuova proposta, rispetto alla riduzione di un’ora dell’orario settimanale, precedentemente avanzata dal Governo”, ammette, “tiene conto della volontà da un lato di salvaguardare i redditi più bassi e dall’altro di non appiattire le retribuzioni rispetto alle differenti funzioni e responsabilità.

La riduzione di un’ora di lavoro settimanale avrebbe ridotto di circa il 2,7% la paga base , gli scatti di anzianità e le indennità professionali per tutti i dipendenti”.

“La nuova proposta”, spiega quindi, “esclude queste ultime in quanto già precedentemente abbattute da qualche anno del 10% e determina i seguenti risultati mensili riportati a titolo di esempio: 6°grado( ex 6° livello) al massimo della carriera € 2510,64 (piede retributivo + 10 scatti) riduzione di € 63. Retribuzione di € 1500 riduzione di € 22 Retribuzione di € 2000 riduzione di € 40. Retribuzione di € 3000 riduzione di € 87 Retribuzione di € 4500 riduzione di € 172. “La situazione generale dei conti pubblici è preoccupante”, commenta quindi il Segretario di Stato Guerrino Zanotti, “e per evitare che peggiori occorre intervenire su molteplici aspetti. Dichiarare questo non vuole dire fare allarmismo gratuito o peggio ancora catastrofismo, ma informare i cittadini di quella che è la realtà. Realtà ereditata dalle precedenti amministrazioni che per ripianare i deficit di bilancio si sono limitati, pur legittimamente a ricorrere alla liquidità”.

Ma “non ritenendo possibile ne corretto operare con il bilancio in passivo all’infinito, è indispensabile intervenire sulla spesa e nel contempo rilanciare l’economia per incrementare le entrate”.

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