Il confronto tra il “costo azienda per dipendente” palesa un divario importante e oggi insostenibile tra il settore Banche, il Pubblico e l’Industria.
di Daniele Bartolucci
La Spending review inizia a prendere forma e già si comprende quale sarà lo scoglio più difficile da superare per il Governo: costruire, se non ricostruire del tutto, un nuovo contratto per i dipendenti pubblici che tenga conto delle tutele, ma anche delle necessità dello Stato di riequilibrare i conti e recuperare soprattutto efficienza. Ovviamente, come ha spiegato anche il Segretario agli Affari Interni Guerrino Zanotti, tutti devono prendere atto che la situazione attuale è completamente diversa da quella che ha caratterizzato l’economia di San Marino fino a qualche anni fa. E questo è, oltre al contratto da ricostruire, un altro punto in comune con il settore bancario, alle prese con le stesse problematiche in questi giorni (e le stesse reazioni, visto che contro il Governo c’è stato lo sciopero generale ed ora anche contro gli istituti i sindacati fanno la stessa cosa). Allo stesso modo se di contratto si vuole parlare, perché poi questo è il tema più stringente, bisogna partire dal fatto che il “costo azienda” di un dipendente pubblico e ancora di più di un dipendente bancario è mediamente molto più alto di quello che un’impresa deve sostenere per un proprio dipendente, ad esempio con il contratto Industria. Un contratto – nella stragrande maggioranza degli occupati si tratta di quello ANIS-CSU – legato all’evoluzione economica e più remunerativo del contesto circostante (vedi Italia, ndr), che è preso a riferimento dalla normativa anche per parametrare la “retribuzione contrattuale media territoriale”. Ed è un dato di fatto che il settore manifatturiero abbia saputo, meglio di altri, recuperare terreno in questi ultimi anni: le imprese industriali, come si è visto dall’analisi effettuata da ANIS si sono ristrutturate, hanno fatto investimenti per rimanere competitive e oggi quelle scelte stanno portando a nuove assunzioni. Al contrario, lo Stato continua a veder diminuire le entrate perché l’economia va a rilento ma la spesa corrente (dove incide anche il costo dei dipendenti) non è scesa per niente. Allo stesso modo le banche hanno visto ridursi di oltre la metà la raccolta diretta rispetto ai tempi dei rinnovi contrattuali, ed oggi sono a chiedere ai sindacati una trattativa su come recuperare competitività. Altrimenti, bisognerà capire, come si possono ancora sostenere questi costi.
IL PIANO DEL GOVERNO PER I DIPENDENTI PUBBLICI
“E’ ineludibile predisporre nuove regole vincolanti per il pareggio di Bilancio e ad una significativa riduzione del debito pubblico in un’ottica di equità sociale e di affermazione di una nuova stagione di doveri civici” ed “è in questo solco”, ha annunciato il Segretario Zanotti, “che intendiamo rivedere la Riforma della Amministrazione Pubblica adeguandola ai momenti attuali che non sono più quelli in cui è stata concepita”. Questa la premessa alla relazione sulla spending review riguardante la PA, il cui “percorso non può che passare attraverso il miglioramento l’efficienza, anche in termini di economicità della macchina pubblica costruendo un modello sostenibile volto a ridurre le risorse impegnate”. “Indubbiamente”, ammette Zanotti, “la spesa corrente è alimentata in buona parte dal costo del personale pubblico”. La delegazione di Governo ha già illustrato ai sindacati le linee di intervento per la riduzione del costo del personale per tutto il Settore Pubblico Allargato, tra cui cui c’è anche un intervento sul “costo diretto delle retribuzioni con una riduzione dell’orario settimanale (1 ora, ndr)e conseguente adeguamento della retribuzione”. Ma è ipotizzato un intervento anche sui “costi retribuzioni accessorie quali le maggiorazioni con un riproporzionamento delle percentuali”, formulando una “nuova struttura retributiva” e abrogando “le due giornate di festività istituite con accordo sindacale conseguenti alla Legge 18 dicembre 1990 n152”. Se attuate, queste misure dovrebbero già portare a consuntivo 2018 un rispario di 697mila euro rispetto al previsionale. Risparmi che il Governo è impegnato a concretizzare ed è proprio “su questi presupposti inizia il percorso del rinnovo del contratto di lavoro “, avvisa Zanotti, “che non sarà certamente facile, e dovrà stare in equilibrio tra le aspettative dei dipendenti pubblici e le necessità del paese. Queste ultime”, però, “non possono essere basate su dichiarazioni di principio, spesso al limite dell’insopportabile, che dipingono i pubblici dipendenti quali profittatori e quasi inutili soggetti passivi della vita economica di San Marino”. Ma (ai sindacati?) ricorda anche che “gli interventi devono nascere dalla consapevolezza che nulla è come un tempo”. Di qui l’ammissione: “L’attuale rapporto con il mondo sindacale, pur con alcuni distinguo non sta certamente vivendo un momento dei più proficui. Quindi anche nel rapporto tra datore di lavoro pubblico e OO.SS. esiste uno stato di conflittualità crescente. L’intento è quello di mantenere attivo il tavolo contrattuale ricercando il raffreddamento del conflitto con chiarezza dei ruoli e delle responsabilità, in un quadro di politiche generali e specifiche di rispetto delle parti e degli interessi legittimi delle stesse”. Ma “la situazione economica e gli obiettivi di revisione della spesa pubblica impongono una linea al Governo e necessiteranno di un ampio confronto che non potrà comunque protrarsi sine die”.
LE BANCHE AI SINDACATI: “SI APRA LA TRATTATIVA”
Come per la riorganizzazione della Pubblica Amministrazione e la parallela ipotesi di rinnovo contrattuale per i dipendenti pubblici, i sindacati hanno alzato un muro con le banche nel momento in cui hanno deciso di metter mano alla questione stipendi. Da tempo se ne discuteva, in effetti, anche perché nei bilanci di molti istituti questa voce ha iniziato a pesare parecchio, soprattutto in relazione all’attività realmente necessaria oggi: da una parte la raccolta che, come detto, si è ridotta drasticamente, dall’altra un mercato che oltre ai postumi della crisi è anche praticamente chiuso a San Marino. Questa realtà si aggiunge al fatto che il sistema sammarinese non prevede un prestatore di ultima istanza, non c’è una BCE che presta soldi a tassi pari allo zero e questo si riflette anche nei tassi applicati dalle banche quando erogano credito. Tassi che devono quindi tener conto anche dei costi della banca, tra i quali come detto spicca quello per i dipendenti, non solo per il loro numero, ma soprattutto per l’unicità di questo contratto nel contesto sammarinese, con più mensilità, più scatti di anzianità ecc ecc. Vantaggi a cui si sommano i benefit dei contratti integrativi che (non tutte) le banche avevano siglato negli anni d’oro e che hanno deciso di disdire nelle scorse settimane. Una presa di posizione forte, ma anche unilaterale, che ha scatenato la reazione dei sindacati, anche se per il momento solo contro una banca e non tutte quelle che hanno fatto questa scelta. Al di là della vicenda singola, la situazione sembra di fatto bloccata, come ha riferito anche ABS: l’associazione delle banche ha infatti fatto appello anche questa settimana ai sindacati per aprire una trattativa sul rinnovo contrattuale, ma dall’altra parte hanno rifiutato più volte gli incontri e hanno ribadito che se le banche non ritirano le disdette agli integrativi, non si siederanno a nessun tavolo di confronto. Un confronto che però resta necessario e forse anche urgente, su cui occorre far leva al più presto: per i dipendenti, certamente, ma anche per le stesse banche, che sono a tutti gli effetti delle imprese e devono quindi rispondere alle logiche di bilancio. Ma anche per il sistema economico stesso, di cui le banche fanno parte e devono poter dare il loro contributo, anche con nuovi strumenti (e quindi competenze) che possono essere disposti dal legislatore e dagli accordi internazionali.
L’ANALISI
In questo momento circolano vari studi analitici che confrontano il livello medio delle retribuzioni dei dipendenti delle banche a quello del settore predominante, ovvero il contratto Industria. Questi studi permettono in base alle tabelle retributive di confrontare in maniera puntuale voci di costo e livelli di inquadramento (anche futuribili, in quanto gli scatti di anzianità nel contratto Banche sono molti di più che nell’Industria), cosa che non è possibile fare così facilmente per il settore pubblico, in quanto prevede un “piede retributivo” che altri contratti non hanno, più le varie indennità per i vari ruoli e altre variabili sostanziali (oltre al numero di scatti che è diverso dagli altri due). L’altro problema, a livello statistico, è che anche se fossero disponibili i calcoli paragonabili per tutti e tre i settori citati, difficilmente si potrebbe avere una fotografia reale, in quanto si dovrebbe ponderare ogni singolo contratto per numero di dirigenti, quadri, operai ecc. La scelta, quindi, è stata quella di utilizzare due parametri omogenei quali il monte salari (addizionato dei contributi obbligatori versati dal datore di lavoro) e il numero di occupati medio annuo, per cristallizzare il totale “costo azienda” del 2017 e per ricavarne un costo medio per singolo dipendente. Tale analisi potrà essere aggiornata nel momento in cui si avranno, come detto, calcoli più puntuali anche per il contratto del settore pubblico. Il dato “tabellare” è infatti disponibile anche sul sito dell’UPECEDS, ma viene calcolato il “costo del lavoro” orario e non quello annuale, non tenendo conto quindi degli effetti moltiplicatori che ha, nei diversi contratti, il numero differente di mensilità, degli scatti di anzianità e/o premi di rendimento.
PIANO ASSUNZIONI
Zanotti cita la delibera n.13 di dicembre che “ha approvato il piano delle assunzioni per la PA relativamente all’anno 2018. Per un totale di 86 posti, ad esclusione delle posizioni dirigenziali”. Posti che verranno assegnati tramite concorso, privilegiando quelli interni (anche meno onerosi per lo Stato). “L’esito negativo di detti concorsi comporterà l’emissione di concorso pubblico, con costi presumibilmente più elevati per l’Amministrazione. Pertanto, la riemissione è subordinata alla verifica di disponibilità finanziaria”. Si procederà dunque come quest’anno, dove “abbiamo un buon riscontro da parte della cittadinanza, ed in particolare da giovani, che hanno apprezzato lo strumento e la sua pubblicazione quale segno di trasparenza e di chiarezza”. Zanotti riepiloga i numeri: “Dal 2017 ad aprile 2018 sono state avviate e gestite 25 procedure concorsuali nell’Amministrazione Pubblica che hanno interessato circa 250 candidati”. Ma, “una considerazione in merito è doverosa: in alcuni casi abbiamo riscontrato scarsa partecipazione dall’esterno alla PA in particolare in posizioni elevate e spesso in concorsi in cui è richiesta esperienza lavorativa specifica e continuativa. Uno dei problemi, a puro scopo esplicativo, è legato a nostri concittadini che hanno esercitato la loro attività presso università italiane e il cui rapporto di lavoro prevede alcune interruzioni. Ritengo utile in tal senso avviare una riflessione che permetta di offrire opportunità di concorrere ad una platea più ampia pur mantenendo alti livelli di requisiti”. Un altro motivo è che il mercato delle competenze è molto limitato a San Marino, come ben sanno le imprese.