Home FixingFixing San Marino, più del “ricalcolo” spaventa l’età pensionabile

San Marino, più del “ricalcolo” spaventa l’età pensionabile

da Redazione

Il Governo presenta le prime linee di intervento sulla riforma del sistema previdenziale ai cittadini. Ma non sono i “tagli” a preoccuparli, bensì l’innalzamento a 69 anni per l’uscita dal lavoro e, soprattutto, come verranno investiti i loro fondi.

 

di Daniele Bartolucci

 

La riforma delle pensioni è ormai sulla bocca di tutti: Governo, parti sociali ed ora anche cittadini, coinvolti già in questa fase “preparatoria”. La Segreteria alla Sanità ha infatti iniziato il tour dei Castelli per presentare il quadro della situazione e le prime ipotesi tecniche per rendere sostenibile l’intero sistema, introducendo nuovi principi di solidarietà ed equità anche sul piano generazionale e non solo reddituale.

 

IL QUADRO ATTUALE E I RISCHI CONNESSI


Se in Italia si parla di “bomba sociale”, riferendosi al futuro non troppo lontano in cui i giovani di oggi (precari, con stipendi bassi e carriere discontinue) dovranno fare i conti con pensioni al di sotto della soglia di povertà, a San Marino la situazione non è più felice, seppur con qualche distinguo. I dati attuariali appena divulgati dalla Commissione Tecnica, infatti, mettono in luce l’enorme deficit che le norme in vigore hanno creato e che si acuirà ancora di più nei prossimi anni: se oggi si parla di qualche decina di milioni di euro (che eroderanno ben presto il patrimonio accumulato di circa 450 milioni), nel giro di pochi anni si sforeranno i 100 milioni, per arrivare, salvo correttivi, a 300-400 milio di disavanzo tra trent’anni. Una cifra che metterebbe in ginocchio non solo i fondi pensione, ma lo Stato stesso, chiamato a farvi fronte. Le cause, però, sono diverse: da una parte la generosità delle prime leggi, che non è stata intaccata dalle riforme successive, per cui si andava in pensione con pochi contributi e generalmente si prendeva un assegno molto alto. Dall’altra la crisi economica, che ha ridotto la base contributiva facendo emergere molto più in fretta del previsto i problemi strutturali dell’impianto normativo.

 

LE PRIME IPOTESI DI INTERVENTO


Come noto, una Commissione Tecnica è stata incaricata (già dal precedente Governo) per l’elaborazione della situazione attuale e delle ipotesi di intervento, che si sono tradotte in una prima lista di 30 azioni, divulgata negli incontri con le parti politiche e sociali. Tra queste spiccano l’intervento sui criteri per accedere alla pensione, ovvero l’innalzamento dell’età a 67 anni e della quota 100 a 103 (come somma degli anni di contributi e dell’età anagrafica), che sono “leve” già viste in altri contesti, come l’Italia (dove si va a 6 9 se non 70 per le generazioni più giovani). Così come il passaggio dal retributivo al contributivo, ormai dato per assodato. Quello che invece risulta rivoluzionario è il “ricalcolo” delle pensioni per chi già ne ha una e per chi sta per averla: un ricomputo, invero, calcolato solo sulla base della differenza tra i due sistemi di calcolo, che comunque, laddove ci fosse una differenza, si tradurrà in un taglio alla prestazione erogata. L’altro aspetto fondamentale è la gestione dei fondi pensione, in particolare del secondo pilastro (Fondiss): per il Governo è importante garantire che vengano investiti questi capitali in strumenti senza rischio elevato, ma con un rendimento degno di questo nome e non con gli “zerovirgola” a cui siamo abituati.

 

IL PUBBLICO CONTESTA ETÀ E INVESTIMENTI


Nella prima serata a Domagnano si è sfiorato il tutto esaurito, con un pubblico numeroso e interessato ad ascoltare le linee di intervento che il Segretario Franco Santi ha spiegato dal palco. Diversi gli approfondimenti che hanno suscitato in sala più di un mormorio, che poi si è tradotto in domande e critiche quando è stato fatto girare il microfono tra il pubblico. Ma, al contrario di quello che ci si aspettava, il “ricalcolo” o comunque dei tagli alle pensioni attuali, non è stato l’argomento più difficile. Anzi, più di un cittadino ha ammesso che le pensioni sono abbastanza alte a San Marino, in particolare se confrontate con l’Italia, mentre molti hanno convenuto che serva un riequilibrio generazionale, in funzione dei giovani, quindi. Quelli che il Segretario Santi ha invitato alle serate e che, purtroppo, non sembrano aver colto del tutto l’importanza di questo momento, tanto che in sala l’età media era più vicina alla pensione che all’ingresso nel mondo del lavoro. Ed è questo un altro tema sollevato dalla cittadinanza, perché l’età di uscita è subito diventata l’argomento tabu: nessuno ha infatti elogiato l’innalzamento dell’età a 69 anni, né la quota 103, ma per ragioni diverse in molti l’hanno criticata. Da una parte coloro i quali vorrebbero avere delle certezze e non riforme che continuamente allungano questa loro aspettativa. Dall’altra la preoccupazione che più si allontana l’uscita di un lavoratore, più si allontana anche l’entrata di un giovane. “Le misure di flessibilità in uscita che stiamo studiando”, ha spiegato Santi, “andranno proprio in questa direzione”. L’altro tema ostico è la gestione dei fondi pensione, su cui l’opinione pubblica ha ormai consolidato una sua idea: depositarli nelle banche sammarinesi non è stato un grande affare fino ad oggi. Però, l’alternativa, come proposto dal Governo, di individuare dei gestori internazionali, spaventa ancora di più. In questo caso però, come ha fatto Santi, va distinto l’investimento in strumenti finanziari da quello in gestioni di fondi pensione, che sono regolamentati da delle leggi specifiche e che, statisticamente, riescono meglio di altri a superare le crisi delle borse.

 

LE ALTRE TAPPE NEI CASTELLI

Dopo la serata di Domagnano è stata la volta di Serravalle il 15 marzo. Poi toccherà a Fiorentino (Casa del Castello) il 20 marzo, Montegiardino (Casa del Castello) il 22 marzo e Faetano (Casa del Castello) il 28 marzo; Città (Sala Polivalente di Murata) il 5 aprile, Borgo Maggiore (Sala Joe Cassar) il 10 aprile, Chiesanuova (Casa del Castello) il 12 aprile, per terminare ad Acquaviva (Casa del Castello) il 17 Aprile.

 

30 ipotesi

 

CSU: “GOVERNO ONDIVAGO”


“Sulla riforma cruciale del sistema previdenziale il Governo appare ondivago”. Così i segretari della CSU, Giuliano Tamagnini (CSdL) e Riccardo Stefanelli (CDLS), commentano la decisione del Segretario alla Sanità di aprire agli incontri sulle pensioni con la cittadinanza. “Scelta che arriva dopo l’apertura di un confronto, finora alquanto generico e interlocutorio, con le organizzazioni sindacali. Scelta legittima, ma che apre un interrogativo sostanziale: con l’apertura di un confronto diretto governo-cittadini , la concertazione avviata con le organizzazioni che rappresentano i lavoratori e i pensionati è a questo punto archiviata?”. Per questo, ribadiscono infine Tamagnini e Stefanelli, “se la decisione del Segretario alla Sanità di avviare un confronto diretto con i cittadini va nelle direzione di marginalizzare le forze sindacali su un tema di così forte natura contrattuale come quello delle pensioni, che tocca cioè direttamente il risparmio di migliaia di lavoratori e pensionati, ci vedrà costretti ad aprire al più presto un ampio e serrato confronto sui luoghi di lavoro e tra la popolazione anziana per ribadire punto su punto le prerogative del sindacato per una riforma pensionistica equa e solidale”. Nel merito, continuano i segretari CSU, “sulle linee di indirizzo illustrare dall’Esecutivo al tavolo del confronto da parte sindacale non ci sono pregiudiziali insormontabili: sia sul passaggio da quota 100 a 103 per le pensioni di anzianità e di far salire a 67 anni l’età per quelle di vecchiaia abbiamo ripetutamente raccomandato una passaggio graduale, così come sull’ipotesi di aumentare il contributo di solidarietà. Mentre riteniamo il contributo dello Stato, che sembra sparito tra le ipotesi di riforma, un capitolo imprescindibile per riequilibrio dei conti previdenziali. Così come sulla verifica delle prestazioni in essere c’è disponibilità al confronto, non certo però in termini penalizzanti e partendo da un reale discorso di equità fiscale fatto a largo raggio. Invece non ci convince affatto l’idea di passare dall’attuale sistema retributivo a quello contributivo perché produrrebbe, a differenza dell’attuale, il risultato di dare di più ai redditi elevati e di meno a quelli più bassi e bisognosi di solidarietà. E comunque qualsiasi intervento non potrà essere di natura retroattiva ed incidere sulle pensioni in essere”.

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