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Il manifatturiero cresce e porta ancora l’economia in espansione

da Redazione

L’indice PMI è positivo e conferma il buon momento delle aziende produttive. Purtroppo i dati statistici non palesano una ripresa complessiva, anzi il numero delle imprese è diminuito negli ultimi anni, spinto dal commercio che ne ha perse un centinaio in due anni. Il vero “traino” sembra quindi la domanda dall’esterno, in particolare dall’Europa.

grafico pmi

 

di Daniele Bartolucci

 

Se la produzione industriale sammarinese sta crescendo e con essa si sta espandendo tutta l’economia sammarinese, non sembra essere una “crescita” interna ma più determinata dalla domanda esterna. Ovvero: i Paesi dell’Europa sono in ripresa e trainano anche San Marino, in particolare le sue imprese manifatturiere.

Produzione industriale ed espansione rappresentano infatti il doppio risultato positivo che emerge del report dell’Ufficio Informatica, Tecnologia, Dati e Statistica che puntualmente analizza l’andamento trimestrale dell’impresa manifatturiera, calcolando l’indice PMI – Purchasing Managers’ Index, che riflette la capacità dell’acquisizione di beni e servizi. L’indice PMI tiene conto quindi di nuovi ordini, produzione, occupazione, consegne e scorte nel settore manifatturiero: il valore è espresso in percentuale e in linea generale, un valore inferiore al 50% indica una contrazione del settore, mentre un valore superiore al 50% indica un’espansione.

Detto questo, a livello storico, era dal 2010 che l’indice PMI non registrava un andamento così positivo, con tanti trimestri oltre il 50% e sempre oltre la soglia del 42,7%, considerata a livello internazionale (anche dal FMI) il limite oltre il quale – se confermato per un lungo periodo – significa che l’intera economia si sta espandendo, mentre sotto, al contrario, che si sta contraendo. Per dare l’idea, tra il 2011 e il 2013 solo una volta si è superata tale soglia, e infatti l’economia si è contratta parecchio per San Marino, cosa poi verificatasi anche nella diminuzione del PIL. Diversamente, dal primo trimestre 2014 il PMI si è sempre attestato oltre tale soglia (eccezion fatta il calo del 2016 nel quarto trimenstre, subito ricompensato come si vede nel grafico centrale), anticipando di fatto che l’economia avrebbe attraversato una nuova fase di espansione. La conferma di questa evoluzione positiva è nei dati statistici del 2015 e dell’inizio 2016, con più imprese e più occupati. Ma anche nella ripresa dei consumi interni, che stando ai dati del circuito scontistica della SMac card, sono aumentati nel corso del 2015 e anche nel 2016 (per il 2017 la stima è positiva, comunque). In attesa della conferma dal circuito fiscale, quello che ufficializzerà in pratica i ricavi dei singoli settori in particolare del commercio (più indicativo di ogni altro, insieme probabilmente a quello dei servizi), anche questo può essere visto come un “sintomo” di guarigione del sistema economico sammarinese. Con dei distinguo, però: così come il PMI viene elaborato sui dati del manifatturiero, è proprio questo settore ad aver fatto i risultati migliori (ad eccezione di qualche nicchia innovativa), sia in termini di imprese che di numero di lavoratori occupati, trainando di fatto tutto il resto.

 

UNA NUOVA FASE DI ESPANSIONE


Se si guarda alla serie storica dell’indice PMI e la si confronta con la dinamica inerente imprese e occupati del settore manifatturiero sammarinese, è facile vedere nei numeri una certa corrispondenza tra ciò che anticipava l’indice e ciò che si è verificato nelle statistiche. L’economia sammarinese ha iniziato a contrarsi dopo una fase di espansione prolungata per diversi anni (indicativamente fino al 2008-2009), toccando il suo minimo storico nel corso del biennio 2012-2014. Ma è anche vero che, proprio nel corso del 2014, sono arrivati alcuni segnali importanti e positivi, concretizzatisi nel 2015 (soprattutto l’uscita dalla black list italiana) quando l’indice PMI si è stabilmente posto oltre la fatidica soglia del 42,7%. Da quando il settore manifatturiero sammarinese è entrato in questa fase, non solo si sono visti miglioramenti a livello di numero di imprese (+9% nel 2015) e quindi di lavoratori (le industrie hanno ripreso ad assumere), ma questo ha trainato l’intera economia sammarinese fuori dalle secche degli anni precedenti, riportando in positivo, dopo diverso tempo, il saldo delle imprese e dei lavoratori (compensando il calo, a livello generale, di diversi settori come la stessa PA e altri in difficoltà come l’edilizia e il commercio). Questo traino, che ora viene ribadito nell’indice PMI, potrebbe significare tanto per San Marino: statisticamente si tratta di una nuova fase di espansione dell’intera economia, che dovrebbe trovare conferma nell’aumento del PIL.

 

LA CRESCITA È IN UE E “TRAINA” ANCHE RSM


Il problema però è far combaciare questa espansione con il concetto di crescita, che a San Marino contrasta effettivamente con i numeri. Il dato principale è infatti il numero delle aziende presenti in territorio, che è tornato a fine 2017 sotto la soglia 5.000. Dal 2015, anno in cui erano tornate ad essere 5.059, a dicembre (ultimo dato disponibile) erano solamente 4.996. Una perdita di qualche decina di imprese, si potrebbe dire. Ma a ben guardare la motivazione è “settoriale”: mentre la manifattura è cresciuta in termini numerici, quindi di imprese e di occupati (e come abbiamo visto con l’indice PMI, anche come acquisti), il commercio continua a perdere pezzi, con un calo repentino dal 2015 di quasi cento aziende sparite dalla statistica. Al di là della contingenza e degli aspetti legati ai consumi interni (obiettivamente, misurabili in maniera indiretta solo con la monofase che rimane al netto dei rimborsi), è abbastanza chiaro che i settori in crescita, manifatturiero in primis, vengano avvantaggiati dalla ripresa all’estero, soprattutto in Europa, dove i PIL crescono di nuovo in maniera netta.

 

PMI, L’INDICE DEGLI ACQUISTI


PMI è un acronimo per Purchasing Managers’ Index ed è, nell’analisi fondamentale, un indicatore macro-economico utilizzato nell’analisi del settore manifatturiero, dei servizi e delle costruzioni.

Formalmente si tratta di un’indagine condotta tra i direttori degli acquisti, attraverso semplici domande a cui si possono dare solo 3 risposte: meglio, uguale o peggio.

Le risposte vengono poi riportate in forma statistica dall’indice PMI che può assumere un valore compreso tra 0.0 e 100.0, essendo la somma di tre percentuali differenti: la percentuale delle risposte che segnalano un miglioramento dell’attività (che si prende per intero, moltiplicandola per 1), quella delle risposte che segnalano nessun miglioramento dell’attività (che vale la metà, quindi si moltiplica per 0,5) e quella delle risposte che segnalano un peggioramento dell’attività (che viene annullata moltiplicandola per 0). Va da sé che se tutti gli intervistati comunicassero un miglioramento l’indice sarebbe 100.

Invece, quando il 100% risponde “uguale” l’indice è 50 ed infine quando il 100% segnale un deterioramento dell’attività l’indice è 0.

Sul lungo periodo, invece, un PMI stabilmente sopra la quota 42,7% (negli USA si calcola l’ISM e tale soglia è più bassa, 41,9%) significa che tutta l’economia si sta espandendo, non solo l’attività manifatturiera.

Al contrario, se il PMI è stabilmente sotto tale soglia, significa che l’intera economia si sta contraendo.

Gli istituti di ricerca che elaborano gli indici PMI più importanti sono l’Institute for Supply Management, che realizza indici riguardanti solo gli USA, e Markit Economics, che invece copre circa 30 tra Stati e aree economiche. L’indice PMI realizzato e pubblicato mensilmente dall’ISM è il più seguito al mondo ed ha una serie storica che risale addirittura al gennaio del lontano 1948.

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