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Gli Industriali contrari all’aumento del costo del lavoro

da Redazione

La discussione interna incentrata su nuova legge per lo sviluppo e sistema bancario. Approvati il bilancio 2016, quello preventivo del 2017 e l’Accordo per gli aumenti salariali.

 

di Daniele Bartolucci

 

Sviluppo del sistema economico e crisi del sistema bancario, sono questi i due temi principali su cui San Marino sta discutendo in questi giorni. E anche i Soci ANIS ne hanno discusso in Assemblea, soprattutto perché sono due temi strettamente collegati tra loro, come hanno sempre sostenuto gli Industriali. Per questo, dopo aver approvato il bilancio del 2016 e quello preventivo per il 2017, si è aperta la discussione interna. Non prima, però, di aver approvato anche l’accordo per l’aggiornamento delle retribuzioni, sottoscritto a inizio anno con la CSU. “Nel triennio 2013-2016”, ha ricordato il Segretario Generale William Vagnini, “avevamo corrisposto aumenti superiori all’inflazione per il 2,5%, per cui abbiamo concordato una pianificazione dell’aumento successivo, che resterà del 3% complessivo, spalmandolo su più anni. Questo ci permetterà infatti di recuperare la discrepanza, riallineandoli all’inflazione reale. Già quest’anno l’inflazione media è sull’1,5%, a fronte di un aumento dello 0,8%”.

 

RIFORME, SVILUPPO E MERCATO DEL LAVORO


Come le retribuzioni, anche il mercato del lavoro fa parte, anzi è fondamentale, per lo sviluppo delle imprese e del sistema economico in generale. Le problematiche sono note da tempo agli Industriali (difficoltà a trovare le competenze e ad assumere personale specializzato, tempi troppo lunghi per le autorizzazioni, ecc) e la proposta di legge pervenuta dalla Segreteria all’Industria e al Lavoro, su cui pare che il Governo farà “quadrato”, non piace e anzi, in ANIS dubitano che serva a favorire lo sviluppo.

Come ha poi relazionato il Presidente Stefano Ceccato, “prevede una riduzione drastica degli attuali incentivi legati all’occupazione e, contestualmente, un incremento del costo del lavoro particolarmente gravoso (5,6%), nel caso di assunzione di lavoratori frontalieri. Nessun economista al mondo direbbe che per favorire lo sviluppo la ricetta sia quella di aumentare il costo del lavoro, semmai dovrebbe essere vero il contrario. Ad esempio anche in Italia si stanno finalmente mettendo in campo interventi per la riduzione del cuneo fiscale, come richiesto da Confindustria, con il duplice obiettivo di rendere più competitive le aziende e rilanciare i consumi”. E infatti la proposta della Segreteria è stata bocciata da tutte le parti sociali. “A maggior ragione la bocciamo noi industriali, perché va a penalizzare il nostro settore. E non è una difesa di parte, ma di sistema: i numeri dimostrano che l’unico settore che sta creando occupazione, reddito e gettito fiscale è quello manifatturiero. E’ ovvio e legittimo intervenire per rilanciare anche gli altri settori economici, dalle banche all’edilizia, dal commercio agli altri servizi. Ma è assurdo andare a colpire un settore che si sta riprendendo da solo e che andrebbe invece sostenuto, realizzando tutte quelle riforme che permetterebbero un rilancio molto più veloce. Invece sta avvenendo il contrario e questo non possiamo permetterlo!”. La proposta: “Il mercato ha bisogno di semplificazione. Il limite vero sono i tempi di risposta dell’Ufficio del Lavoro, spesso dilatati in misura inaccettabile. Basterebbe ultimare e pubblicare la banca dati on line dei lavoratori residenti, con l’esatto profilo professionale di ciascuno, rendendo così evidente la disponibilità del mercato del lavoro interno; e pretendere il rispetto della tempistica previsto dalle norme e accelerare l’evasione delle pratiche, affidando a più collocatori la funzione autorizzativa per l’assunzione dei lavoratori frontalieri”. E il deficit della Cassa Ammortizzatori Sociali? “Occorre assolutamente ridurre il tetto dell’indennità di mobilità rimodulando i sussidi, anche in base alla durata del rapporto di lavoro e al reddito familiare con l’introduzione dell’ISEE, già previsto da una norma del 2012 ma mai attuato”.

 

BANCHE ED EDILIZIA: SOLUZIONI DI SISTEMA


“Ci sono molte criticità ma la preoccupazione più forte è data dalla situazione del sistema bancario”, ha annunciato Ceccato: “Qui sono in gioco la possibilità d’investimento e di operatività per le imprese, i risparmi delle nostre famiglie, le pensioni e quindi la stabilità dell’intero sistema. Abbiamo tutti il diritto di sapere come stanno le cose”. In mattinata, come al pomeriggio nella parte pubblica, il tema banche è stato ampiamente dibattuto, con l’intervento anche del Presidente ABS, Biagio Bossone, che ha fornito un contributo tecnico alla discussione. “Il punto centrale”, ha spiegato poi Ceccato, “resta però quello di capire come si sosterrà il rifinanziamento del sistema. Noi diciamo NO al debito estero e NO all’utilizzo dei fondi pensione. La nostra proposta era ed è quella che adotterebbe qualsiasi impresa: il debito va pianificato e nello stesso tempo va costruito un piano di risanamento sostenibile. Un piano che sia davvero credibile, perché occorre interrompere la fuoriuscita di capitali, ripristinando un clima di fiducia. Allo stesso tempo questo piano, attraverso interventi normativi e nuovi accordi internazionali, deve garantire la possibilità e la legittimità di operare anche sui mercati esteri e di attrarre nuovi capitali e clienti. A tal proposito insieme ad Abs, con la quale abbiamo rafforzato la collaborazione in essere da oltre un decennio, presenteremo nei prossimi giorni una proposta organica per contribuire al superamento dell’attuale fase di difficoltà”. “Come le banche, anche l’edilizia è un settore in profonda crisi e questo ormai da parecchi anni. Siamo in attesa di conoscere le linee guida del nuovo PRG, la cui progettazione è stata affidata allo Studio Boeri, un’ottima scelta, ma i tempi non saranno brevi”. E qui ANIS lancia una proposta “per sbloccare il mercato, che conta oltre 14 mila unità abitative: occorre svincolare la residenza dall’acquisto degli immobili. Basterebbe creare una residenza ad hoc, turistica ad esempio, che permetta l’acquisto e il mantenimento di un immobile di proprietà senza per questo avere accesso al nostro welfare. In questo modo”, ha concluso Ceccato, “a costo zero per lo Stato, si sbloccherebbero molte situazioni: le banche potrebbero liberarsi di questi immobili senza eccessive svalutazioni, reimmettendo risorse nel sistema. Le imprese edili potrebbero riprendere commesse e lavori”.

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