Home FixingFixing “Gestire un’azienda è come giocare a pallacanestro”

“Gestire un’azienda è come giocare a pallacanestro”

da Redazione

La storia e le idee di Lanfranco Prosperini, Amministratore Unico di Jobb Service. Si occupa di appalti legati alle attività di logistica e facchinaggio per il Gruppo Colombini.

Lanfranco Prosperini

 

di Alessandro Carli

 

“La mia passione sportiva è la pallacanestro: è un gioco affascinante, che si gioca di squadra, fatto di ‘attacco e difesa’ e che prevede una strategia e un contatto fisico e la possibilità d battere l’avversario. Per me il basket è un gioco davvero completo”. Viene facile chiedere a Lanfranco Prosperini, Amministratore Unico di Jobb Service, se questi termini possono essere trasferiti pari pari anche nella gestione di un’azienda. “Certamente. Il gioco di squadra è fondamentale anche nel mondo del lavoro, così come la pianificazione di una strategia, ma anche il termine ‘attacco e difesa’, chiaramente riferito al mercato e alle opportunità che si presentano”.

Appoggiamo idealmente la palla sulle lunetta del tiro libero e chiediamo un “time out” per parlare di Jobb Service. “L’azienda è nata nel 2006 come soluzione a tutte le complicazioni che sono sorte con la Legge 131/2005 (Legge per la promozione, il sostegno e lo sviluppo dell’occupazione e della formazione). La nostra mission è quella di gestire tutti quegli appalti legati alle attività di facchinaggio e di logistica per il Gruppo Colombini”. In Jobb Service lavorano circa 80 persone, quasi tutte frontaliere. E su questo tema, Prosperini ha le idee molto chiare. “Poiché parliamo di un lavoro fisico e faticoso, la difficoltà più significativa per noi è quella di reperire nel territorio le professionalità che ci servono”. Frontalieri però significa anche altro. “Per la nostra tipologia di lavoro, abbiamo bisogno di avere risposte veloci”. Ma non sempre avviene, anzi. “Assumere un frontaliere significa dover affrontare tempi biblici. E le tempistiche per noi sono davvero preziose: un’eccessiva lentezza, oltre a metterci in difficoltà, si traducono in inefficienza e perdita di lavoro”. Una soluzione, l’Amministrare Unico ce l’ha. “Nel rispetto delle leggi in vigore, sarebbe opportuno declinare la possibilità di contare sui ‘contratti a chiamata’ anche alla logistica e al facchinaggio e non solamente a bar, ristoranti, hotel e alberghi”.

Lanfranco torna in azienda. “Molti dipendenti lavorano con me da molto tempo, prima cioè dell’apertura dell’impresa. Nei periodi di massima espansione siamo arrivati ad avere anche più di 100 dipendenti, poi con la crisi si sono ridotti i volumi di lavoro, con una ricaduta importante sull’occupazione”.

La partita non si gioca solo nel presente. “Stiamo lavorando per garantirci un futuro. In questo senso, ci stiamo confrontando con le organizzazioni sindacali della Repubblica di San Marino per cercare di allargare il nostro servizio anche ad altre imprese del territorio”.

Ovviamente, non si può non affrontare il tema del mercato del lavoro. “L’Ufficio di Collocamento ha una funzione molte centrale per un Paese come il nostro, ma secondo me dovrebbe cambiare la sua attuale configurazione. Mi spiego meglio: andrebbe snellita l’organizzazione. L’ispettorato del lavoro andrebbe spostato in una sede più opportuna, così come gli addetti che si occupano del matching tra domanda e offerta, quelle cioè che registrano l’incontro tra le persone e le imprese. Non quindi un Ufficio di Collocamento, ma una vera ‘Agenzia del lavoro’ gestita sotto forma di Società per Azioni a maggioranza statale ma che vede anche la partecipazione del privato. Un’Agenzia che assume i lavoratori e li colloca – attraverso un contratto commerciale – nelle imprese. Un Ufficio che non rappresenti per lo Stato un costo ma che abbia la capacità – in un’ottica di gestione imprenditoriale – di creare anche ricavi”.

Si torna in campo. Quello personale. “Sono nato a Rimini nel 1971 ma sono sammarinese, precisamente di Serravalle. Mi sono diplomato all’ITI ‘Leonardo da Vinci’ di Rimini. Sono un perito elettronico ‘scarso’ (ride). Faccio l’imprenditore dal 1995, sempre nel settore del facchinaggio e della logistica. Ho una figlia di sei anni e mezzo, Maria Martina”.

E, come detto, è appassionato di pallacanestro. “Sono cresciuto con il ‘mito’ di Michael Jordan, un ‘marziano’. Atleta incredibile, non mollava mai. Era temutissimo dalle difese avversarie. Una volta disse: ‘Per vincere ho sbagliato tanto’. Tanti canestri, tante sconfitte con i Chicago Bulls. Tutte esperienze che lo hanno aiutato a migliorare e a diventare un top player. Mi piace molto anche Dwyane Wade. Negli USA, quando parlano di lui, utilizzano un termine bellissimo, ‘he plays big’, cioè che gioca come un cestista più alto e grosso di lui”.

Lavoro, basket, affetti. Nella vita di Lanfranco c’è ancora un piccolo spazio, un hobby che lo affascina: il cinema. “Il mio regista preferito è Quentin Tarantino. Quando uscì ‘Kill Bill’ andai a vederlo al cinema per sei sere di seguito. Per me è un film quasi materico e sensoriale: avevo la sensazione di sentire i profumi delle scene”.

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