Home FixingFixing Il grande aviatore che “volò” anche a San Marino

Il grande aviatore che “volò” anche a San Marino

da Redazione

Italo Balbo, “cittadino onorario” del Titano, fu spedito dal padre a completare gli studi in Repubblica dove, nel 1914, conseguì la licenza liceale. Seppe creare legami di amicizia con alcuni sammarinesi.

 

di Alessandro Carli

 

Come i nostri lettori più attenti sanno, tra il 1859 (Cesare Cantù) e il 1933 (il professor Vittorio Scialoja), la Repubblica di San Marino conferì una serie di cittadinanze onorarie ad alcune persone che, per diversi motivi, si misero in luce per diversi motivi. A Niccolò Tommaseo, Abraham Lincoln, Woodrow Wilson, Giuseppe Garibaldi, Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli, Giuseppe Verdi (giusto per citare i più celebri) fa compagnia anche Italo Balbo, politico, generale ma soprattutto grande aviatore.

Balbo, com’egli stesso scrisse, era “un figlio del secolo che ci aveva fatti tutti democratici anticlericali e repubblicaneggianti; antiaustriaci e irredentisti esasperati in odio all’Asburgo tiranno, bigotto e forcaiolo”. A causa del suo temperamento – già attorno ai 15 anni era alla testa di tutte le agitazioni studentesche e spesso prendeva la parola in occasione di manifestazioni irredentistiche – fu spedito dal padre a completare gli studi a San Marino, dove conseguì la licenza liceale nell’estate del 1914.

Di quel periodo vi sono alcune importanti testimonianze. Sul portale del Museo dell’emigrante di San Marino troviamo una lettera, scritta da Franco Franciosi, che testualmente riportiamo: “Leggo su un vecchio numero della ‘Voce Socialista’ che Pietro Franciosi è stato ‘la più luminosa figura del Socialismo Sammarinese. Egli era buono, generoso, disinteressato; viveva per il popolo ed era felice quando poteva fare del bene non solo agli amici, ma anche agli avversari…’. Curiosa l’amicizia e la reciproca simpatia che si instaurò tra il vecchio Socialista e il giovane emergente Italo Balbo, futuro Quadrunviro. Italo Balbo da giovane era stato una scavezzacollo. In vista dell’esame di maturità fu messo dai suoi, come convittore esterno, nel Collegio Belluzzi per prepararsi, come privatista, alla licenza liceale. Balbo ebbe così modo di conoscere e stimare mio nonno. Mi raccontavano che il nonno teneva in quegli anni, direttamente in casa, una specie di cenacolo frequentato dai suoi studenti più affezionati, ai quali finì per unirsi anche il Balbo – forse anche perché gli piaceva una studentessa del gruppo. I destini si separarono, ma l’amicizia rimase. Quando il nonno, alla fine del 1922 fu costretto dai Fascisti locali a lasciare l’insegnamento, sfrattato con la forza dal Liceo e dalla Repubblica, ed a rifugiarsi in Monte Grimano presso la figlia Clio, intervenne Italo Balbo, che in quattro e quattr’otto – con la minaccia di azzerare i diritti doganali che il Ministero delle Finanze Italiano versava annualmente a San Marino – rimise le cose a posto ed impose il ritorno del nonno a San Marino”.

Di Balbo ne scrive anche Alvaro Masi, parlando del padre Andrea e della sua frequentazione del “Nobile Collegio Belluzzi”. “Molti erano i convittori che venivano non solo dai paesi del Montefeltro e della Romagna, confinanti con la Repubblica di San Marino, ma anche da diverse città della penisola: la scuola sammarinese rappresentava, in quel particolare momento storico che seguiva a breve distanza l’Unità d’Italia (siamo tra la fine dell’Ottocento e i primi 10 anni del Novecento, ndr), una tranquilla sede culturale di buon livello, particolarmente idonea allo studio e sostenuta da un gruppo di docenti di comprovata serietà. (…) mio padre, finito che ebbe il corso di studi sammarinesi per 11 anni (dal 1899 al 1911), si iscrisse alla facoltà di chimica e farmacia presso l’Università di Pisa, conseguendo la laurea nel 1915. Per diversi anni mantenne rapporti con i suoi insegnanti e con i compagni di studio. Fra questi ne ricordo alcuni: il prof. Giuseppe Pochettino ‘Censore del Collegio’, Italo Balbo, Carlo Galassi, Luigi Pagliarini, Gaspare Stacchini, Venanzio Ugolini, Giovanni Franciosi”.

Ancora Balbo e ancora un legame con San Marino, in un bellissimo articolo datato 2001 e scritto da Barbara Palombelli sul Corriere. La giornalista intervistò Remy, figlio di Gino Giacomini. “Seguii mio padre e la vita del partito fin da bambino – raccontò l’allora 90enne Remy alla Palombelli -: lui mi portava con sé nei viaggi a Roma, ricordo l’ incontro con Giovanni Giolitti, sulla scalinata di Montecitorio, era il 1923 e io avevo 12 anni. Con l’avvento del fascismo, arrivarono le bastonate, l’olio di ricino, le squadracce. Papà partì per Roma, doveva finire subito in galera, per fortuna Italo Balbo, che lo stimava, lo avvertì in tempo: scappò a Genova, dal compagno Giuseppe Giulietti, il capitano marittimo fondatore della Garibaldi, il sindacato del porto”.

La biblioteca di Stato, scrigno di tesori spesso poco conosciuti dai sammarinesi, conserva una copia del libro “l tricolore di Arbe, discorso pronunziato il 6 agosto 1923 in s. Marino per la consegna del tricolore di Arbe alla Repubblica” (Casa Ed. Imperia, 1924).

Premesso che l’autore si rivolge agli Eccellentissimi Capitani Reggenti, vi proponiamo qualche passaggio. “L’incarico solenne che voi mi avete affidato è reso ancora più solenne dalla commozione di quest’ora che in un rito d’amore per la Patria rievoca gli anni ed i secoli d’una infinita passione italiana, tradotta in realtà palpitante dai marmi, dalle dolcissime leggende e dalla tradizione tramandataci dalla storia. Gli Arbesani hanno voluto offrire la loro bandiera alla Repubblica di San Marino, il loro Conterraneo, nato a Loparo innanzi agli scogli marmorei che difendono il villaggio dalle tempeste dei due mari! (…) Giorno verrà, io vi dico, giorno verrà in cui la galera vittoriosa, approdando alla spiaggia di Rimini, chiederà alla Repubblica di San Marino la restituzione del sacro tricolore che le è stato affidato da Arbe, per riportarlo alla Patria libera e finalmente Italiana per sempre!”.

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