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“Doing Business”: San Marino si avvicina alle best practice

da Redazione

Balzo in avanti per “avvio d’impresa”, restano deboli accesso al credito e mercato del lavoro. Il 76esimo posto nel ranking mondiale evidenzia miglioramenti e limiti del sistema.

 

di Daniele Bartolucci

 

Fare impresa a San Marino è più facile che in molti altri Paesi del mondo. La Repubblica di San Marino si posiziona infatti al 76° posto nel ranking mondiale “Doing Business 2016”, il programma di Banca Mondiale che ogni anno classifica 189 Paesi in base alla loro capacità di agevolare o meno, l’iniziativa privata. In questa classifica San Marino si posiziona nella “parte sinistra”, ovvero nella prima metà, ripetendo ciò che aveva fatto già l’anno scorso, quando era al 93° posto. Non è quindi improprio rilevare un sostanziale avanzamento in graduatoria, anche se le 17 posizioni non fotografano in maniera veritiera il miglioramento. Come spiega la stessa Banca Mondiale sul sito di Doing Business, anche quest’anno sono cambiati i parametri di riferimento e, ricalcolando la classifica dell’anno scorso secondo quelli nuovi, San Marino si sarebbe posizionata al 78° posto, quindi con un avanzamento di 2 posizioni. Questo miglioramento (che c’è, oggettivamente), trova conferma nell’altro strumento di misurazione del programma, la ‘distanza dalla frontiera’, ovvero quanti punti separano, sia a livello generale che nei singoli settori, il singolo Paese dal migliore in assoluto: rispetto all’anno scorso San Marino si avvicina di un altro mezzo punto alla ‘frontiera’, ripetendo la performance del 2014, primo anno di valutazione nel programma. Oggi la Repubblica è al 64,21%, quindi rispetto al migliore manca di poco meno di 36 punti (e non 75 posizioni come invece si potrebbe leggere dal ranking). Spiegato il metodo di calcolo, approfondiamo quindi i vari settori in cui si evidenzia, in maniera specifica, dove San Marino è già un’eccellenza, e dove invece necessiterebbe di riforme consistenti. L’analisi dettagliata sui quadri normativi e sulle prassi burocratiche dei paesi aderenti compiuta dalla Word Bank, infatti, diventa lo specchio in cui debolezze e punti forti vengono evidenziati per una riflessione obiettiva sugli interventi per divenire Paese ‘friendly’ per gli investitori. Per questo motivo la Segreteria di Stato per l’Industria ha fortemente voluto parteciparvi circa tre anni fa, entrando così nell’arena di coloro che vogliono aprirsi al mondo: “Adesso sta a noi analizzare le migliori pratiche a livello internazionale”, ha spiegato il Segretario di Stato all’Industria Marco Arzilli, soddisfatto dell’avanzamento in graduatoria, “per mettere mano a quei settori che devono avere netti miglioramenti”.

 

I PUNTI FORTI: ELETTRICITÀ, LICENZE, TASSE ED EXPORT

Le classifiche settoriali del programma “Doing Business” palesano alcuni punti di forza del sistema economico sammarinese, tra cui “Allaccio/fornitura energia elettrica” (10° posto), “Commercio con l’estero” (18° posto e quasi 20 punti recuperati dalla ‘frontiera’) e “Tasse/Fisco” (32°), che pongono la Repubblica tra i primi Paesi al mondo in alcuni settori fondamentali per l’avviamento di un’impresa. Per quanto riguarda questi tre settori, si tratta di una riconferma rispetto all’anno precedente, quando San Marino aveva già conquistato circa le stesse posizioni. Si può parlare invece di balzo in avanti nello “Starting a Business”, che ha visto la Repubblica passare dal 132° posto al 113°. Merito della normativa sulle licenze, che ha semplificato le procedure. Una normativa introdotta già nel 2014, come noto, ma i cui effetti si sono visti solo nel corso dei mesi successivi. A tal proposito va ricordato che gli osservatori del programma, comunque, valutano l’implementazione delle normative e le riforme solo fino al 1 giugno dell’anno di rilevazione, motivo per cui, il miglioramento andrebbe comunque ‘spalmato’ su entrambi gli anni (e ovviamente in futuro), correggendo anche il 93° posto dell’anno scorso che, per certi versi, fu molto criticato. Il miglioramento nell’avviare un’impresa, si vede anche nella ‘distanza dalla frontiera’, passata dal 76,81% del 2014 all’82,69% di quest’anno: l’avvicinamento alla best practice è evidente. Così come lo è nel caso dell’elettricità (90,63%) e nel commercio internazionale (98,22%,). E se risulta stabile il ‘pagamento delle tasse’, un’ottima posizione è stata raggiunta anche nel “Registering Property” (80° posto, con quasi 4 punti in meno di ‘distanza dalla frontiera’), come del resto dimostrano i bilanci dell’Ufficio Brevetti e Marchi, fortemente in attivo da qualche anno (incassi di circa 600 mila euro l’anno), con ottime potenzialità per il futuro. Molto positivo anche il settore “Permessi per costruire”, che vede San Marino al 64° posto nel ranking mondiale (avvicinandosi di oltre 20 punti alla ‘frontiera’, un grande balzo in avanti, quindi): anche qui c’è molto potenziale di miglioramento, se si pensa alla futura riforma del Catasto, ormai pronta per essere presentata (anche se il sistema economico chiede che oltre a questa venga finalmente messo mano anche la vecchio e anacronistico PRG, su cui invece non c’è ancora un progetto ben definito). San Marino si trova invece a metà classifica, per quanto riguarda “Efficacia dei contratti” (82° posto), ma anche qui con l’attesa riforma del mercato del lavoro si auspica un miglioramento nei prossimi anni. Basti pensare che l’Italia, passata dal 56° al 45° posto nel ranking generale, deve molto al Jobs Act, oltre che al miglioramento della burocrazia per il commercio con l’estero, tanto che in questo settore specifico si classifica al primo posto assoluto (diventando, in pratica, la ‘frontiera’ da cui tutti, anche San Marino, misura la propria distanza).

 

I PUNTI DEBOLI: ACCESSO AL CREDITO E FALLIMENTI

Come detto, le riforme possibili sono diverse: alcune sono note (Catasto, mercato del lavoro), altre sono da individuare e disegnare. Anche sulla base dei risultati del Doing Business, che serve principalmente a questo scopo: capire dove ci sono carenze e intervenire di conseguenza. Due i settori deficitari che, in sostanza, abbassano anche il dato generale di San Marino: l’accesso al credito, tallone d’Achille della Repubblica per quanto riguarda le imprese, e la gestione dei fallimenti, dovuta alla mancanza di una legge vera e propria. Nel primo caso ci sono diverse motivazioni, tra cui l’abbassamento del livello di liquidità dovuto alla crisi e ai ripetuti scudi fiscali subiti dal sistema bancario negli ultimi anni. Ma soprattutto l’impossibilità per il sistema stesso di poter accedere esso stesso al credito internazionale (BCE), in quanto San Marino non fa parte dell’Unione Europea. Motivo per cui si auspica che il percorso di associazione proprio alla Ue, intrapreso da San Marino, porti benefici anche su questo versante. Di certo è che essere al 181° posto su 189 Paesi valutati, non è un vanto del sistema economico della Repubblica. A livello di ‘distanza’ dai migliori basti pensare che San Marino totalizza 5 punti su 100: una distanza abissale. Lo stesso dicasi per i fallimenti (106° posto), per la cui gestione, come detto, non c’è un codice fallimentare a cui attenersi. In questo caso, però, una proposta di legge è stata avanzata dal Segretario agli Interni Giancarlo Venturini pochi mesi fa, proposta poi ritirata in vista di una normativa più completa ed esauriente (dalle soglie minime per la procedura concorsuale alle ‘regole’ per falliti e creditori). Altra nota dolente è la “Tutela degli investitori”, soprattutto quelli di minoranza, che vede San Marino classificarsi solo al 122° posto in classifica. Anche qui sarebbe opportuno prevedere un intervento legislativo, per migliorare l’appeal nei confronti degli investitori stranieri e anche per ridurre quei 55 punti di ‘distanza’ dai migliori.

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