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Edilizia in crisi e mercato fermo, rischio svalutazione

da Redazione

In attesa della possibilità di vendere anche ai non residenti, resta inevaso l’impegno formalizzato dal Consiglio, di riformare il vecchio P.R.G., che risale al 1992.

 

di Daniele Bartolucci

 

La crisi dell’edilizia non accenna a mollare la morsa in cui ha stretto anche San Marino da diversi anni, fagocitando decine di aziende (e posti di lavoro), finendo con il depauperare anche il patrimonio esistente, perché quasi più nessuno investe nel mattone in Repubblica.

I dati statistici del resto parlano chiaro e sono tutti con il segno meno: nell’arco di dieci anni sono sparite dai numeri del Bollettino statale una quarantina di imprese nel settore “Costruzioni e Impianti” (dai picchi del 2005-2008 con oltre 460 alle attuali 420), con una perdita di posti di lavoro stimabile in circa 500 unità (1447 nel 2005, 948 a giugno 2015). Guardando a questi numeri è facile capire che non solo hanno chiuso i battenti diverse imprese del settore, alcune anche ‘storiche’, ma anche che quelle sopravvissute hanno dovuto, giocoforza, ridurre il proprio organico in maniera molto sensibile. Senza contare l’indotto: dalle imprese artigiane collegate direttamente all’edilizia, ai bar e ristoranti che quotidianamente prestavano servizio agli operai. Si è costruito molto, qualcuno dice troppo guardando alle circa 12mila unità immobiliari destinate a residenza censite dall’Ufficio del Catasto pochi mesi fa. Ma passare dal troppo al poco è traumatico, figurarsi per una realtà così piccola come San Marino, dove la domanda interna è comunque limitata e quella esterna è impossibilitata dalle leggi vigenti. Tralasciando il discorso sulle residenze agli stranieri – già affrontato da San Marino Fixing più volte con l’intento di abbattere un tabu che resiste nonostante passino gli anni e soluzioni alternative allo stallo del mercato immobiliare non siano nemmeno state proposte – è appunto la domanda interna che inizia a diventare un problema serio. Analizzando infatti come è mutato lo stile di vita dei sammarinesi negli ultimi dieci anni (vedi Fixing nr 33), è emerso che le famiglie che investono i loro risparmi futuri (indebitandosi con un mutuo) in una casa sono diminuite in maniera considerevole, praticamente si sono dimezzate. La motivazione va ricercata sia nella crisi economica, e quindi nella sfiducia nel presente e nel futuro, tenendo conto che in molti hanno perso il lavoro e con cassaintegrazione e mobilità certi ‘investimenti’ è difficile ipotizzarli. Ma soprattutto occorre considerare che ormai il mercato è tecnicamente saturo: quasi tutte le famiglie sammarinesi, infatti, hanno una casa di proprietà e niente le spinge a comprarne un’altra.

Facendo un ragionamento molto semplice, che comunque rappresenta la ‘famiglia tipo’ di San Marino come in Italia (altro Paese fortemente legato culturalmente all’abitazione di proprietà), si potrebbe immaginare lo scenario più positivo per il mercato immobiliare dove una famiglia abbia necessità al massimo tre abitazioni: nonni, genitori, figlio. E’ un caso sicuramente diffuso, ma comunque un caso limite, visto che sempre più nonni abitano con il loro figli e i loro nipoti lasciano la casa dei genitori sempre più tardi. Questo significa, e si vede comunque anche nelle statistiche, che le 12mila unità abitative citate prima sono sicuramente troppe per le famiglie sammarinesi e, a meno di cambiarne lo scopo (abitativo), non hanno quasi più domanda interna. La conseguenza si chiama svalutazione: “Costretti a svendere” recita infatti il grido di sofferenza di Luca Monaldi, presidente dell’Ases, recentemente intervenuto sulla situazione del mercato edìle a San Marino. I prezzi delle case, stando alle ultime indagini, sono infatti scesi del 15% circa, con picchi nelle zone più isolate, mentre tengono ancora Dogana, Falciano e Serravalle. “Lentamente qualche cosa si vede – ha comunque annunciato in maniera ottimistica Monaldi – ma le aziende sono prese per la gola e sono costrette a svendere: quel poco che si muove non è una risalita reale del mercato ma nasce dalla necessità di far cassa”.

A questo punto basta dare un’occhiata all’offerta presente su internet o nelle pubblicazioni di settore che circolano nella Repubblica per capire di cosa si stia parlando. Abituati a prezzi abbastanza alti in passato (comunque più alti del circondario, quando il riferimento era Riccione o Milano Marittima, che viaggiavano a 5-6.000 euro a metro quadro in zona residenziale), viene quasi da strabuzzare gli occhi nel trovare immobili di pregio a meno di 3.000 euro al metro quadro e molti appartamenti anche sotto i 2.000 se non quasi 1.500. In questa fascia di prezzo, ad esempio, si può trovare un trilocale a Borgo Maggiore di 100 metri quadri per 180.000 euro (1.800 euro/mq) o un bel quadrilocale a Borgo Maggiore di 127 metri per 245.000 euro (1.930 euro/mq). E sono prezzi offerti su internet, sicuramente trattabili durante l’incontro di persona. Stesso discorso se si può spendere di più, comunque poco di più: in offerta si può trovare una villetta a schiera a Falciano di 130 metri quadri per 350.000 euro (2.700 euro/mq), o un attico a Cailungo di 107 metri quadri per 272.000 euro (2.542 euro/mq), o un bilocale a Serravalle di 55 metri per 115.000 euro (2.100 euro/mq). Oppure un quadrilocale a Fiorentino a 2.400 euro al metro quadro, o un trilocale a Dogana a 2.700, o un quadrilocale ad Acquaviva per 2.270. Restano in auge le ville e le villette a schiera nelle località più esclusive, anche se quelle che oggi possono sembrare cifre da capogiro, pochi anni fa erano prezzi quasi popolari: è il caso di una grande villetta a schiera a Serravalle di 138 metri quadi in vendita a 656.000 euro, ovvero a 4.750 euro/mq. Scendendo un po’ si trovano anche una villa a Torraccia a 3.840 euro/mq e un attico a Falciano per 3.670 circa.

La richiesta da parte dei sammarinesi è ormai ridotta al lumicino, mentre pare che dall’estero (seconda casa, abitazione temporanea per via del lavoro in loco, residenza turistica ecc) ci sia maggiore interesse, seguendo il trend italiano che ha visto nei primi mesi del 2015 un boom dei mutui per la casa che ha fatto esultare un po’ tutti gli operatori del settore. Come detto, però, questo ‘treno’ si ferma al confine, in quanto non è possibile per un italiano acquistare un immobile a San Marino se non vi risiede. Il settore quindi deve fare affidamento sul mercato interno, dove a una domanda quasi inesistente si somma anche il problema del mutuo e dell’elevato costo del denaro in Repubblica (si veda Fixing nr 32), anche a causa dell’impossibilità di acquisire liquidità attraverso la Bce (e di avvantaggiarsi del Quantitative Easing voluto da Mario Draghi), per cui i tassi applicati dalle banche sammarinesi risulterebbero quasi tre volte più alti che in Europa, oggi ai minimi storici. Inoltre “il cambio del mutuo statale crea qualche incertezza”, ha spiegato Monaldi, riferendosi all’Edilizia Sovvenzionata, la cui legge è appena stata riformata. Gli effetti dei cambiamenti si vedranno nel medio periodo, ovviamente, resta sempre vero che tramite questa normativa il ‘peso’ del mutuo si affievolisce comunque di molto e per la prima casa il costo degli interessi per una giovane coppia o per un figlio che decide di andare a vivere da solo è pari se non inferiore a quello dei ‘colleghi’ italiani, visto che gran parte di quegli interessi se li accolla lo Stato come contributo. “Una volta c’erano tante finanziarie che elargivano denaro”, ricorda, “e anche questo ha portato alla rovina di alcuni imprenditori, ma adesso le banche sono molto, troppo restie”. Più che restie si potrebbe dire prudenti, in quanto l’investimento nel mattone, stante l’attuale mercato – fermo e, come detto, ‘chiuso’ – non può essere considerato oggettivamente, a San Marino, un ottimo investimento. E’ pur vero che secondo i dati forniti quest’estate da BS al 30 giugno del 2015 erano già stati concessi mutui per ben 16 milioni e 110mila euro, con un incremento del 2% rispetto al 2014. L’anno scorso le banche avevano conferito infatti 15 milioni e 900mila euro per mutui e finanziamenti volti alle ristrutturazioni.

I numeri dicono quindi che il mercato è fermo e non c’è richiesta, ma come noto c’è da tempo una ‘richiesta’ da parte della popolazione, che la politica non ha soddisfatto: è la possibilità di costruire sul terreno agricolo di proprietà un’unità immobiliare. La richiesta è stata avanzata da diversi anni (anche con un’Istanza d’Arengo poi bocciata) dal Comitato Diritto alla Casa, stante l’esigenza di garantire ai familiari (in particolare i figli) una casa “vera” e non un appartamento, spesso piccolo e inadatto, come offre l’attuale mercato. Per i promotori dell’iniziativa questi micro-appartamenti non sarebbero infatti altro che il frutto della speculazione edilizia, e proprio per questo hanno vincolato la loro richiesta di costruire sul terreno agricolo di proprietà, appunto, all’impossibilità di rivendere il nuovo immobile per almeno 20 anni. E’ chiaro che se fosse loro concesso, almeno le imprese del settore potrebbero lavorare, ma il resto del patrimonio immobiliare resterebbe comunque fermo al palo. L’unica via, esclusi gli acquisti da parte dei non residenti, sarebbe quindi la riqualificazione degli stessi, ristrutturazioni importanti se non demolizioni e ricostruzioni secondo standard più moderni. Il problema è che gli incentivi, comunque previsti dalla nuova normativa, sono ancora pochi a detta di tutti gli operatori del settore, comunque di gran lunga meno appetibili che nella vicina Italia o nel resto d’Europa. Inoltre spesso ci si trova in palese contrasto con il Prg. Quel vecchio Piano Regolatore Generale targato 1992 che gli imprenditori del settore chiedono di riformare e che, proprio il Comitato Diritto alla Casa aveva inserito in un’altra Istanza d’Arengo. “Le dinamiche sociali e politiche impongono che la durata degli strumenti urbanistici siano decennali. Un tempo ragionevolmente adeguato per la corretta gestione del territorio. Il P.R.G. elaborato ormai da venti anni si è dimostrato inadeguato in molti aspetti favorendo la speculazione edilizia e lo sfruttamento indiscriminato del territorio. Alla luce di quanto esposto i sottoscritti cittadini chiedono che venga redatto al più presto un nuovo P.R.G. che tenga conto delle reali necessità abitative delle famiglie sammarinesi”. L’Istanza è stata approvata il primo marzo del 2012, ma di un nuovo P.R.G. non vi è traccia.

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