Home FixingFixing La morale del tornio: l’impresa reale batte quella “di carta”

La morale del tornio: l’impresa reale batte quella “di carta”

da Redazione

Nel suo ultimo libro, Antonio Calabrò traccia il profilo culturale delle “neofabbriche”. Lo scrittore economico sarà il protagonista dell’evento del 24 settembre ospitato da Anis.

 

di Daniele Bartolucci

 

Il primato dell’economia reale, con al centro l’impresa industriale: è questo il filo conduttore dell’ultimo libro di Antonio Calabrò, consigliere delegato della Fondazione Pirelli e responsabile Cultura di Confindustria, che salirà sul Monte Titano giovedì 24 settembre per presentare la sua opera e discuterne con le istituzioni e le imprese sammarinesi. Recuperando una celebre frase dell’allora ministro Giulio Tremonti, il libro si intitola “La morale del tornio”, un omaggio al Made in Italy, a quel manifatturiero a metà via tra l’artigianato e la produzione seriale, che affonda le sue radici nel Medioevo e poi nel Rinascimento, e che non può essere scissa dagli strumenti, spesso manuali, con cui sono stati creati tutti i simboli dell’eccellenza italiana. Strumenti di cui il tornio è un primus inter pares, un piccolo concentrato di scienze tecniche che, potenzialmente, può creare qualsiasi cosa se ben manovrato. Ed è il “ben manovrare” che qualifica e identifica l’imprenditore e tutti i suoi collaboratori, e li differenzia dagli speculatori, dagli ‘imprenditori di carta’, come li chiama Calabrò riferendosi al mondo della finanza.

Nel libro si combatte infatti la stessa battaglia che il mondo delle imprese oggi sta combattendo, tra economia reale e finanziaria, tra ‘carte’ e tornio. La sintesi di questa battaglia è proprio il libro, perché, spiega Calabrò, “l’economia di carta non ha creato nessuna narrazione duratura, ha solo dato vita al modello negativo dell’imprenditore speculativo, ossessionato dal denaro, che ha bisogno dell’ombra per nascondere il suo operato”, mentre “la fabbrica racconta gli imprenditori positivi, i tecnici, gli operai, quelli che fabbricano e che sporcandosi le mani hanno il piacere e la voglia di mostrarsi in prima persona e di essere raccontati. Questi ultimi hanno a che fare con l’impresa luminosa, con la fabbrica bella, architettonicamente innovativa, ambientalmente rispettosa dei territori e delle persone”. E delle leggi. L’economia reale, infatti, tiene le distanze dalle speculazioni fini a se stesse e necessita esclusivamente di regole, chiare e rispettabili: sono questi i principi che Calabrò, che è anche consigliere incaricato per la legalità e la responsabilità sociale d’impresa per Assolombarda, elenca nel suo libro, citando i protagonisti dei nostri tempoi e concretizzando la parola in esempi virtuosi. Sono queste le “neofabbriche”, spiega lo scrittore, “quelle nate nel segno del quarto capitalismo, di dimensioni medie, dedite al manifatturiero e con forte vocazione internazionale. Sono queste le aziende belle, sostenibili, efficienti, che avendo a cuore l’estetica e l’etica esprimono il potere trasformativo della cultura d’impresa”. Concetti alti, quindi, ma al tempo stesso condivisibili da tutti, imprenditori, istituzioni, ingegneri e operai. Italiani o sammarinesi che siano. Ed è anche per questo che l’Associazione San Marino-Italia ha invitato Calabrò sul Titano e, in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia e l’Associazione Nazionale Industria di San Marino, ha organizzato l’evento del 24 settembre. Non una semplice presentazione del libro, ma un incontro tra il mondo dell’impresa sammarinese e le sue istituzioni, e uno dei più attenti conoscitori e studiosi dell’economia italiana ed europea. Perché Antonio Calabrò non solo è consigliere delegato della Fondazione Pirelli, responsabile Cultura di Confindustria e membro del Comitato di Presidenza di Assolombarda e di Assimpredil, ma soprattutto uno studioso della cultura d’impresa, nonché uno stimato scrittore e giornalista. Di conseguenza sono diversi gli importanti incarichi ricoperti: consigliere d’amministrazione dell’Università di Genova, di Nomisma, dell’Orchestra Verdi e di alcune altre società e fondazioni, oltre che vicepresidente del Centro per la cultura d’impresa. A livello giornalistico, invece, ha ricoperto l’incarico di direttore dell’agenzia di Stampa Apcom e di editorialista economico di La 7. È stato direttore editoriale del gruppo Il Sole 24 Ore e vice-direttore del quotidiano, ha diretto il settimanale Lettera Finanziaria e il mensile Ventiquattro. Oggi insegna all’Università Bocconi (corso di “Storia del giornalismo”) e all’Università Cattolica di Milano (master in Media Relation, insegnamento “Il contesto mediale”).

Il 24 settembre l’autore di “Cuore di cactus” ( 2010), uno dei titoli più azzeccati dell’ultimo decennio, salirà sul Titano per dar vita a questo evento, un avvicinamento tra i due mondi, quello della cultura (in questo caso industriale) italiano e quello istituzionale e imprenditoriale sammarinese, tappa di un percorso ideato e promosso dall’Associazione San Marino-Italia. Saranno infatti l’Ambasciatore d’Italia a San Marino, Barbara Bregato e il Presidente di Anis, Stefano Ceccato ad accompagnare il Presidente dell’Associazione, Augusto Mengozzi, nella prima parte dell’incontro (ore 18, sede Anis, Piazzetta Bramante Lazzari, 2). Quindi Calabrò metterà in campo la sua esperienza e le sue conoscenze dando vita ad un interessante confronto con i Segretari di Stato all’Industria, Marco Arzilli, e alla Cultura, Giuseppe Maria Morganti (moderatore, Sergio Barducci di San Marino Rtv). Sarà un dibattito interessante, dove sicuramente emergeranno molti punti in comune tra San Marino e Italia. Ad esempio, scrive Calabrò, “questo è un libro contro l’ossessione del declino irreversibile dell’Italia, contro il ‘declinismo’, ideologia vittimistica della sconfitta, lamentosa inclinazione al rimpianto dei ‘bei tempi andati’. Siamo un paese in difficoltà, certo, ma in movimento. Che si racconta in pubblico peggio di com’è (…), rilevando uno scarto tra percezione e realtà e un ‘deficit di narrazione’ e sollecitando un riassestamento che dovrà passare attraverso un nuovo racconto della nazione e un processo di ristrutturazione delle rappresentanze sociali: scommessa difficile, in un paese lacerato, diviso e sempre più pessimista). E che non valorizza, nel discorso pubblico, i suoi punti di forza, preferendo sottolineare le negatività”. Gli imprenditori, per natura, sono infatti positivi, e in Italia c’è un ritorno all’ottimismo e all’impresa, basato anche sugli ultimi dati che, in controtendenza rispetto al passato, parlano di un rientro in Italia di diverse aziende, anzi, di un ritorno all’italianità. Nel suo libro Calabrò parla infatti di “neofabbriche”, con accento estrema-mente positivo, spiegando però che la vera novità è il ritorno in Italia, anzi, un ritorno all’italianità: “E’ sempre più evidente”, ha spiegato su Il giornale delle Fondazioni, “che noi italiani possiamo competere esclusivamente in nicchie altamente specializzate e di qualità, ad alto valore aggiunto (il mantra delle industrie sammarinesi, si potrebbe dire, ndr). La nostra tradizione manifatturiera non ha degli equivalenti in altri paesi e i tentativi di delocalizzazione delle produzioni hanno dato spesso dei risultati scadenti. Le aziende hanno compreso che non si può rinunciare al territorio e a competenze secolari. Ecco perché molte imprese stanno tornando a produrre in Italia”. Produrre bene, però, non basta e non basterà, occorre una “cultura d’impresa politecnica”, si legge ne La morale del tornio, che coniughi “umanesimo e scienza”. Una cultura “anche aperta, curiosa, innovativa. Una cultura da ingegneri-filosofi e da imprenditori e manager appassionati alle buone letture. Una cultura della macchina utensile e del libro, della musica e del teatro che vanno in fabbrica, e del lavoro che sale sulla ribalta del teatro. Una cultura critica e ironica (capace dunque di distacco e leggerezza, alla Calvino, per cogliere i segni del cambiamento), attenta all’ascolto delle novità e delle diversità, inclusiva e femminile”.

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