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Azienda, orientamento al mercato e al costo

da Redazione

Costi fissi e costi variabili: tanti i temi che deve affrontare un imprenditore. L’importante è avere gli strumenti giusti per riuscire a competere.

 

di Mario Venturini*

 

Il prezzo di vendita, o meglio ancora, lo sconto è un tema quotidiano per un imprenditore, ancora più scottante in questi tempi con un mercato che langue da tempo ed una lotta dura quotidiana per fatturati e margini.

I prezzi li fa il mercato.

Certamente vero e nell’attuale congiuntura si perde un deal anche per una modesta differenza.

Una prima considerazione però, il mercato confronta prodotti tra loro simili, quindi il primo obiettivo è differenziare il proprio prodotto/servizi.

Gli elementi per differenziarsi sono molti, oltre a quelli tecnologici, i servizi collegati al prodotto ad esempio. Operazione sicuramente non facile, può richiedere investimenti e tempi significativi, ma è la via maestra che presuppone una attenta analisi della clientela e dei suoi bisogni.

Pensare che basti abbassare il prezzo è però illusorio, ormai da anni tutti puntano su questo fattore e le conseguenze sono sempre più evidenti.

Quale supporto l’imprenditore può trovare negli strumenti della finanza e dell’amministrazione per decidere in merito?

 

COSTI FISSI E COSTI VARIABILI

I costi variabili sono quelli che si sostengono solo se si vende, esempio le materie prime, le provvigioni, eccetera.

Al contrario i costi fissi si devono pagare anche se l’attività è ferma, esempio l’affitto, gli ammortamenti, le utilities, il commercialista, eccetera.

I costi variabili più i costi fissi danno il costo pieno.

Argomento sicuramente tecnico che ciascuno può approfondire rispetto alla propria realtà.

Il limite inferiore “invalicabile” del prezzo di vendita dovrebbe essere il costo variabile di prodotto. Già a questo livello non rimane alcun margine per coprire i costi fissi, vendere al di sotto vuol dire aumentare le perdite. Solo precise strategie che facciano sperare in un sicuro recupero di fatturato e di margini possono giustificare una simile strategia.

Ci permettiamo di soffermarci su questo punto perché spesso si vedono comportamenti che privilegiano il fatturare a qualunque prezzo pur di fatturare, con la giustificazione che ci vuole “carta” da portare in banca od altre fantasiose e poco valide motivazioni.

Se questa fosse la reale situazione, l’azienda sarebbe in una brutta china caratterizzata da un patrimonio insufficiente, da scarso o nullo credito di banche e fornitori. Ma questa non è la strada da percorrere perché si aumentano solo costi e perdite e si avvicina il momento del non ritorno.

Altri sono gli strumenti per gestire questo tipo di situazioni.

Riprendiamo il nostro ragionamento basato sui costi aziendali per illustrare due diverse metodologie che possono essere di aiuto all’imprenditore nel determinare il prezzo di vendita.

Come si viene a conoscenza” dei prezzi di mercato” ossia dei prezzi dei concorrenti? In tanti modi, quello più pericoloso è l’informazione che viene dal cliente stesso, il quale mette in concorrenza i suoi fornitori.

Qui si attiva l’eterno gioco delle guardie e dei ladri, chi è più bravo? il vostro cliente o voi? Vi consiglio di non sottostimare l’abilità del vostro cliente, favorito dal clima di “sbracamento” sui prezzi che in termine tecnico si chiama “deflazione”.

 

ORIENTAMENTO AL MERCATO

Se i prezzi li fa il mercato decidere se accettare o meno l’ordine è relativamente facile.

Si calcolano i costi variabili del prodotto e si confrontano con il prezzo di vendita. Se il prezzo non copre nemmeno i costi variabili è proprio il caso di dire “no grazie”.

Se il prezzo lascia dei margini bisogna ragionare sul loro ammontare e su quale parte dei costi fissi non sono coperti, rappresentano quindi delle potenziali “perdite” da coprire con le vendite future.

 

ORIENTAMENTO AL COSTO

In questo caso i riferimenti possono essere sia il costo variabile sia il costo pieno sui quali applicare due mark-up tra loro diversi perché diversa è la base di riferimento.

Se partiamo dal costo variabile determiniamo un MdC (Margine di Contribuzione) ipotizzando il livello dei ricavi complessivi, dei costi fissi ed il mix di vendite.

Se partiamo dal costo pieno il mark-up sembra più facile da calcolare, perché sono già state definite volumi e costi fissi. Ma questo metodo soffre di un problema di circolarità perché l’incidenza dei costi fissi sul singolo prodotto è conseguenza dei volumi, i volumi sono correlati al prezzo di vendita per cui siamo di nuovo da capo in un processo di difficile definizione.

 

COME SCEGLIERE TRA I DUE METODI

Un criterio generale potrebbe essere la proporzione tra i costi variabili e quelli fissi. Se i primi sono preponderanti, il costo totale (costi variabili + costi fissi) è poco influenzato dai volumi di fatturato è quindi poco rilevante il rischio di entrare nel circolo vizioso, possiamo far riferimento al costo totale.

Ed ove l’azienda non avesse un budget affidabile, potrebbe utilizzare i costi consuntivi, se rappresentativi anche della situazione attuale.

Nella situazione inversa, costi fissi preponderanti sul costo totale, è più prudente basarsi sui costi variabili e su questa base calcolare il MdC (Margine di Contribuzione) atteso, ossia l’ammontare dei costi fissi che verrà coperto da quella vendita.

Questa è una esposizione molto semplificata, da calare nella realtà specifica di ciascuna azienda con la sua molteplicità di prodotti e di mercati e tenendo conto di altri parametri, in particolare di quelli finanziari.

 

QUALI CONCLUSIONI TRARRE?

Innanzitutto un po’ di razionale ottimismo, la situazione generale non è brillante e purtroppo non cambierà nel breve periodo. L’importante però è avere gli strumenti per orientarsi in questo contesto.

Contesto caratterizzato da grande complessità che richiede strumenti adeguati per individuarne le caratteristiche e misurarne le varie dimensioni.

Su questa base dovrà intervenire l’imprenditore per fare una sintesi, valutare la fattibilità delle varie opzioni, definire le strategie e la loro sostenibilità rispetto alle risorse finanziarie, umane e professionali esistenti.

Strumenti di supporto vanno ricercati in molti ambiti, ad iniziare dall’attività commerciale che deve essere molto attenta alle molteplici esigenze della clientela e capace di traguardare le necessità della clientela finale ed i mutamenti nella supply chain.

L’amministrazione dovrà essere qualificata e competente, con un buon software che risponda non solo alle esigenze fiscali e civilistiche, ma anche a quelle gestionali che sono molto più numerose, variabili nel tempo e che permetta di misurare fenomeni tra loro molto diversi.

L’amministrazione deve essere al servizio dell’imprenditore e non della burocrazia.

 

* Mario Venturini, laureato in economia e commercio all’università di Firenze. E’ consulente APCO (Associazione Professionale dei Consulenti di Direzione e Organizzazione). Le sue aree di competenza sono: Finanza aziendale, Gestione del credito e Controllo di gestione. Il dottor Venturini da dieci anni fa parte del team di docenti dei corsi di formazione organizzati da INforma, il sistema formativo dell’ANIS.

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