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Doppie imposizioni: il centro degli interessi vitali

da Redazione

Lente di ingrandimento: seconda puntata sull’accordo tra la Repubblica di San Marino e l’Italia. Ai sensi del modello OCSE, si chiarisce anche la residenza di società e associazioni.

 

Proseguiamo l’analisi delle circolari emesse dalla Segreteria di Stato Finanze e Bilancio riguardanti l’accordo contro le doppie imposizioni Italia – San Marino. Dopo aver trattato le residenze, vediamo la definizione di “centro di interessi vitali” e “la residenza delle società e delle associazioni”. Dopo aver ricordato che la maggioranza degli Stati, inclusa la Repubblica di San Marino, ha ordinamenti tributari fondati su criteri di collegamento sia reali che personali, in quanto applicano sia il principio della residenza per i redditi ovunque prodotti dai propri residenti (worldwide principle), sia il principio della fonte (source principle), limitatamente ai redditi prodotti all’interno del proprio territorio da soggetti non residenti (art. 5 della L. 166/2013), passiamo all’analisi del primo punto.

 

Il centro degli interessi vitali


Quando si verifica il concorso di pretese impositive tra due Stati, in relazione ad una specifica fattispecie di reddito transnazionale, tale reddito è soggetto a doppia imposizione giuridica internazionale.

Per prevenire eventuali controversie, ogni Stato può concludere con altri Stati convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni. Se la Convenzione prevede espressamente che la potestà impositiva è attribuita in via esclusiva ad uno Stato, l’altro Stato non potrà rivendicare alcunché. Se però la Convenzione non reca espressamente tale dizione, ma si limita ad indicare un criterio che contrasta con quello della legislazione interna, si verifica, nonostante la Convenzione, un concorso di pretese impositive, in quanto entrambi gli Stati mantengono la potestà impositiva non esclusiva in relazione a quel reddito transnazionale. In queste situazioni, per evitare fenomeni di doppia imposizione giuridica si applicano le norme interne e bilaterali contro le doppie imposizioni. Come regola generale, le norme convenzionali prevalgono sulle norme interne~ esse però devono essere interpretate operando un rinvio alle leggi interne dello Stato contraente salvo che il contesto non richieda altrimenti; in tal caso le norme convenzionali possono essere interpretate senza fare riferimento alle legislazioni degli Stati contraenti. Benché San Marino abbia concluso numerose Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, permangono molti Stati con cui essa non ha alcun rapporto convenzionale.

Le situazioni configurabili sono quindi le seguenti:

a) se non vi è una Convenzione in vigore, si applicano esclusivamente le norme interne dello Stato (della fonte e della residenza);

b) se vi è una Convenzione in vigore, si applicano le norme convenzionali seppure interpretate, nella maggior parte dei casi, con riferimento alle leggi interne.

In presenza di Convenzione, il problema di dual residence per le persone fisiche può essere risolto in virtù dell’applicazione del par. 2 dell’art. 4 dell’accordo convenzionale, il quale prevede che quando una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati contraenti:

1) Detta persona è considerata residente dello Stato contraente nel quale ha un’abitazione permanente. Quando essa dispone di un’abitazione permanente in ciascuno degli Stati contraenti, è considerata residente dello Stato contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette, vale a dire laddove è localizzato il suo “centro degli interessi vitali”;

2) Se non si può determinare lo Stato contraente nel quale detta persona ha il suo “centro degli interessi vitali”, o se la medesima non ha abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, essa è considerata residente dello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente;

3) Se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati contraenti ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, essa è considerata residente dello Stato contraente del quale ha la nazionalità;

4) Se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati contraenti o se non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo (procedura amichevole ex art. 25 del Modello OCSE).

 

La residenza di società e associazioni


Il paragrafo 3 dell’art. 4 fa riferimento alle società e alle altre associazioni, indipendentemente dalla circostanza che esse siano o meno persone giuridiche. Una persona giuridica potrebbe essere assoggettata a tassazione in più di uno Stato in ragione della sua residenza qualora uno Stato contraente utilizzi il criterio del luogo di costituzione della società mentre l’altro Stato utilizzi il criterio della sede di direzione effettiva.

Il par. 3 attribuisce rilevanza al criterio di determinazione della residenza delle persone giuridiche rappresentato dal luogo dove la società è effettivamente gestita. Ai sensi del par. 3 dell’art. 4 del Modello OCSE, nei casi di dual residence di una persona giuridica, questa è “considerata residente soltanto dello Stato in cui si trova la sede della sua direzione effettiva”. Secondo quanto previsto dal par. 24 del Commentario all’art. 4 (versione 2005), la “sede di direzione effettiva” è stata adottata quale criterio preferenziale per la determinazione della residenza fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche. Essa è il luogo dove sono sostanzialmente adottate le decisioni principali sul piano della gestione, nonché quelle necessarie per l’esercizio dell’attività dell’ente. La “sede di direzione effettiva” è, di regola, il luogo in cui la persona o il gruppo di persone che esercitano le funzioni di rango più elevato (un CdA adotta ufficialmente le decisioni, il luogo in cui sono prese le deliberazioni dell’ente nel suo complesso). Le modifiche al Commentario all’art. 4, recepite nella versione del 2008 del Modello OCSE, prevedono l’eliminazione, dal suindicato par. 24, del seguente periodo: “( … ) La sede di direzione effettiva sarà ordinariamente il luogo in cui la persona o il gruppo di persone che esercitano le funzioni di rango più elevato (a titolo esemplificativo, un consiglio di amministrazione) prende ufficialmente le sue decisioni, il luogo in cui sono adottate le deliberazioni che devono essere assunte dall’ente nel suo insieme ( … )”.

Al contempo, è prevista l’introduzione di un nuovo par. 24.1, il cui obiettivo è di precisare i criteri di riferimento per la determinazione della “sede di direzione effettiva” delle persone giuridiche. Ai fini della determinazione della residenza – sottolinea il nuovo par. 24.1 – le autorità competenti dovranno tener conto dei seguenti fattori:

1) Il luogo ave si svolgono le riunioni del Consiglio di Amministrazione;

2) Il luogo in cui il CEO e gli altri senior executives usualmente svolgono le loro funzioni;

3) Il luogo del day-to-day management della persona giuridica;

4) Il luogo in cui si trova l’headquarter della persona giuridica;

5) La legislazione applicabile alla persona giuridica;

6) Il luogo in cui è tenuta la contabilità.

In definitiva, il nuovo par. 24.1 del Commentario all’art. 4, lungi dal definire la “sede di direzione effettiva” quale luogo in cui il CdA adotta le decisioni rilevanti, individua una serie esemplificativa e non esaustiva di criteri di collegamento per la sua determinazione, senza però escludere il ricorso alla procedura di composizione amichevole di cui all’art. 25 del Modello OCSE.

 

 

DIGITAL ECONOMY E LA PRESENZA “FISICA”

In data 19 luglio 2013, l’OCSE ha pubblicato il “Action Pian”, che prevede una serie di interventi da effettuare in un periodo temporale di 18-24 mesi, con l’obiettivo di contrastare il fenomeno dell’erosione della base imponibile per effetto del profit shifting.

Un’area oggetto di intervento è quella della “digital economy”. Secondo OCSE, la crescente importanza della “internet economy” e delle “imprese multinazionali digitale – le cui componenti immateriali consentono di spostare più facilmente rischi, funzioni e assets (e, conseguentemente, profitti) – rende necessaria l’analisi delle problematiche fiscali dell’economia digitale.

In particolare, è opportuno affrontare le questioni legate alla “presenza digitale” di un’impresa nell’economia di un altro Paese, dove spesso non vi è alcuna imposizione per l’assenza di collegamento territoriale ai sensi delle vigenti norme internazionali convenzionali.

Le questioni connesse alla “presenza digitale” (e alla connessa “taxable presence”) in un Paese, da parte delle imprese multinazionali, sono state di recente affrontate dall’OCSE nel Discussion Draft pubblicato nel marzo del 2014 e “aperto” a commenti e osservazioni da parte di tutti i soggetti interessati.

Nel Discussion Draft, l’OCSE rileva che nei modelli di business tipici dell’economia digitale, una società residente di uno Stato può effettuare transazioni con soggetti presenti in un altro Paese, tramite un proprio sito web o altri mezzi digitali (un’applicazione su un dispositivo mobile) senza mantenere una “presenza fisica” in quest’ultimo Stato. Inoltre, la crescente presenza di processi automatizzati possono ridurre ulteriormente la “presenza fisica” su un dato territorio. La maggior parte dei Paesi richiede un certo grado di “presenza fisica” sul territorio per sottoporre a tassazione i profitti ivi realizzati. Ai sensi degli artt. 5 e 7 del Modello di Convenzione dell’OCSE, una società è soggetta ad imposizione sui redditi prodotti in un Paese diverso da quello della sede, se in tale Stato è presente una stabile organizzazione.

Molte imprese che effettuano transazioni con soggetti (clienti) situati in Stati diversi da quelli in cui le prime sono residenti operano in assenza di stabile organizzazione sul territorio: le transazioni vengono svolte telefonicamente, tramite fax o agenti indipendenti.

Il tema dell’economia digitale assume proporzioni alquanto vaste, in quanto le imprese operanti in tale settore, per effetto dell’implementazione degli “schemi di pianificazione fiscale aggressiva”, possono sottrarsi a tassazione sia nel Paese di residenza sia nella/nelle giurisdizione/giurisdizioni in cui sono situati i clienti (“double non-taxation”).

Infine, le imprese multinazionali non di rado “frammentano artificialmente”, in più fasi operative e tra più entità, l’attività svolta, affinché la stessa si presenti come “ausiliaria” e/o “preparatoria”, o, comunque, non presenti i requisiti (minimi) previsti convenzionalmente per la configurazione di una stabile organizzazione (sede fissa di affari).

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