Home FixingFixing Una storia incisa nella roccia del monte Titano

Una storia incisa nella roccia del monte Titano

da Redazione

I Maestri Comacini hanno lasciato alcune opere d’arte anche a San Marino. Arrivarono nel Trecento e diffusero la bellezza e le linee dell’architettura romanica. La loro arte tra la Chiesa di San Francesco e alcune impronte sulle mura di una Torre.

 

di Alessandro Carli

 

E’ quasi impossibile immaginarli oggi: afflitti o affetti probabilmente da una forma illuminata e artistica di dromomania (dal greco dromos, “corsa”, e mania, “ossessione”, ossia “ossessione del viaggio”, dello spostamento), i Maestri Comacini erano una corporazione: un gruppo cioè di raffinatissime maestranze edili, capi muratori e scalpellini che, a partire dal 634, anno dell’Editti di Rotari, si spostano in tutta Europa per diffondere la bellezza e le linee dell’architettura romanica.

Figure ancora oggi avvolte nel mistero – Balilla Beltrame scrive che furono “vicini ai Templari, ai Rosacroce, poi alla massoneria: il fatto vero, concreto, è che furono tra i primi depositari delle più moderne tecniche della scienza delle costruzioni” – nel Trecento lasciarono una manciata di impronte di rilievo anche nella Repubblica di San Marino.

Una storia piena di fascino (non lasciavano documenti e progetti: esistono solamente le loro costruzioni) che, grazie agli studi e agli aneddoti che ci hanno fornito “I fanciulli la corte di Olnano e la Compagnia dell’Istrice 1462”, oggi vi raccontiamo. Manodopera d’eccellenza per antonomasia, forse originari della zona del Comasco, già nel IX scolo li troviamo tra il Lazio, le Marche e l’Umbria. Bisogna però aspettare il 1300 per vederli operare sul Titano.

L’esempio più cristallino presente sul Monte è certamente rappresentato dalla chiesa di San Francesco, all’interno delle mura di Città.

La Rupe ha appena superato uno dei suoi periodi più difficili, ovvero quello della peste nera del 1347, che aveva dimezzato la popolazione. I sopravvissuti, per dimostrare la grazia ricevuta, decisero di far costruire la chiesa.

La chiesa fu fondata nel 1361 e consacrata nel 1391. Si tratta di un edificio costruito con blocchi di pietra arenaria lavorata, considerato ancora oggi esempio notevole dell’architettura religiosa del Trecento. Un portico ricoperto di tegole e sostenuto da quattro colonne che poggiano su due muretti è uno degli elementi significativi della facciata. Sul lato destro, si eleva un pilastro davanti al quale è scolpita una grande croce di pietra. Sul portale ad arco acuto è posta una lapide che ricorda la data della fondazione. Nella parte superiore, dalla severa linea a capanna, domina un rosone, sobrio e raffinato, circondato da una cornice di mattoncini e protetto da un’artistica inferriata. Internamente, la chiesa presenta una struttura molto semplice con una sola navata, un’abside semicircolare e la volta a crociera. Un crocefisso del Trecento, forse proveniente dal convento di San Francesco che sorgeva al Serrone, è conservato in una grande teca di vetro, posta in alto, all’interno dell’abside arricchita da un antico coro ligneo. Sull’altare maggiore, un prezioso dipinto su tavola del Quattrocento rappresenta Cristo morto con i Santi Francesco d’Assisi e Apollonia. Sulle pareti, entro cornici arcuate, alcuni affreschi di recente realizzazione raffigurano Santa Lucia, San Massimiliano Maria Kolbe, San Francesco d’Assisi e Sant’Anna.

Documenti dell’archivio dimostrano che all’inizio del 1300, in località Serrone a Murata, esistevano un convento e una chiesa dedicati a San Francesco. La lapide posta sul portale della chiesa informa che, nel 1361, i maestri Comacini avevano iniziato a costruire un nuovo convento e una chiesa fuori dalla seconda cinta muraria e che i frati Filippo e Andrea ne curavano i lavori. Soltanto alcuni elementi in pietra della precedente costruzione furono utilizzati per ricomporre il portico della nuova chiesa e il chiostro del convento. Oggi, vicino all’abside che dà verso il teatro Titano, si possono notare cinque firme dei Maestri Comacini: un anello, due stelette, un’ascia e un’incudine.

Sopra la porta d’ingresso è di grande interesse storico la lapide commemorativa in pietra locale: “Nell’anno del Signore 1361, al tempo di Papa Innocenzo, nel mese di gennaio, fu fondata questa chiesa ad onore di Dio, della Beata Vergine, del Beato Francesco e di tutti i Santi; la quale chiesa fece costruire frate Filippo e gli altri frati sammarinesi e ne cominciò l’opera mastro Menetto”. Menetto, sammarinese, fu affiancato nei lavori dal “comacino” Mastro Battista da Como.

I Maestri Comacini, sempre nella seconda metà del Trecento, operarono anche in un altro luogo del Monte. Furono loro, con le loro capacità, a compiere il primo restauro della Prima Torre. E, come da tradizione, anche qui lasciarono la propria firma. In alcuni punti delle mura si possono vedere ancora oggi i loro “simboli” caratteristici. Su uno dei conci vicini al campanile è stato trovato un blocco che reca scolpito un pugnale. E’ ancora oggi chiara un’iscrizione a caratteri gotici sul torrione orientale. Un altro blocco poi riporta incisa la firma di un “Maestro Jacomo da…” e si trova alla base del Torrione. le figure umane sono rare e caratterizzate da un aspetto tozzo e poco realistico. Maggiore è la loro maestria nel raffigurare figure animali e complessi intrecci vegetali: ciò è forse dovuto al fatto che questi manovali poterono contare su modelli di stoffe e altri oggetti orientali. Il rilievo è piatto e stilizzato, ed ampio è il ricorso al trapano per creare un netto distacco con lo sfondo, di profondità fissa, e per dare effetti di chiaroscuro.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento