Home FixingFixing Certificazioni biologiche: San Marino alla dogana

Certificazioni biologiche: San Marino alla dogana

da Redazione

Lunga e costosa trafila per chi esporta in Italia prodotti col bollino “Bio”. Coinvolte diverse imprese. Una soluzione è stata trovata, eppure…

 

di Loris Pironi

 

Alla vigilia della visita del Presidente Giorgio Napolitano a San Marino e dopo la ratifica di importanti accordi bilaterali, da quello contro le doppie imposizioni fiscali entrato in vigore il 1 gennaio all’Accordo di Cooperazione Economica appena ratificato da Roma, San Marino Fixing ha scoperto che le relazioni tra i due Stati non sono completamente normalizzate. Non in tutti i settori, almeno. Non per quel che riguarda tutti gli apparati dello Stato italiano.

La questione che Fixing vi racconta questa settimana riguarda la certificazione di prodotti certificati come “biologici”, realizzati o commercializzati a San Marino e destinati – anche – al mercato italiano. Per il Ministero italiano dell’Agricoltura, in fatto di vendita di prodotti con il bollino “bio”, il Titano deve essere trattato come qualsiasi Paese terzo extracomunitario. E i clienti, italiani, di tali prodotti provenienti da San Marino, per gli uffici del Ministero dell’Agricoltura, a tutti gli effetti devono essere notificati come degli importatori. Con tutti gli obblighi – e non sono pochi, come potrete appurare – che questo comporta.

Il problema è stato evidenziato da un’azienda associata ANIS, ma già il Dipartimento Territorio e Ambiente di San Marino, così come l’UGRAA, Ufficio Gestione Risorse Ambientali ed Agricole, sono informati dei fatti, e si sono mossi per tempo per risolvere la questione.

 

Tour de force


Per poter vendere un prodotto biologico in Italia, un’azienda sammarinese e i suoi clienti devono adempiere a tutta una serie di requisiti obbligatori. Il cliente italiano deve infatti registrarsi presso il Ministero italiano come importatore di prodotti biologici da paesi terzi e deve comunicare al suddetto Ministero l’arrivo della merce con almeno 7 giorni di anticipo.

I prodotti biologici commercializzati dalle aziende del Titano devono necessariamente transitare presso la dogana italiana per i controlli fisici e documentali e devono essere accompagnati da un certificato di ispezione (ovvero un certificato di importazione) rilasciato il giorno prima della vendita della merce da un ente certificatore autorizzato da entrambi gli Stati (attualmente sono solo due, l’ICEA, “Istituto Certificazione Etica Ambientale”, e “Suolo e Salute”, entrambi con sede a Bologna). In mancanza di tutti questi requisiti, la merce destinata al mercato italiano con l’identificazione biologica è considerata a tutti gli effetti importata illegalmente.

 

Aziende interessate


Sono diverse le aziende sammarinesi interessate al problema, impegnate nella produzione diretta o nella commercializzazione di integratori alimentari o cosmetici, prodotti fitoterapici e fitosanitari. Il problema non è tanto per quantità importanti di prodotti venduti a ditte italiane strutturate, per le quali questa sorta di procedura “rafforzata” – se ci consentite di mutuare una terminologia abbondantemente utilizzata negli ultimi anni a San Marino – è un ostacolo superabile, bensì per i piccoli clienti, singoli negozi, parafarmacie e quant’altro. Pretendere che per acquistare piccoli lotti quest’ultimi si registrino al Ministero è infatti impensabile, e le imprese sammarinesi rischiano di perdere fette di mercato più o meno importanti per poter esibire – paradosso – un marchio di qualità garantita sulle proprie confezioni.

“È il regolamento comunitario che richiede anche all’Italia di accendere questa procedura per chi esporta o riesporta da un paese terzo come San Marino – spiega Tonino Ceccoli dell’UGRAA – Questo malgrado il fatto la nostra Repubblica abbia una legge molto severa sulle produzioni biologiche già dal 1991 ed abbia recepito (con il decreto 94/2012, ndr) i regolamenti comunitari in materia di biologico”.

Il problema è stato sollevato da San Marino nel corso di un incontro avvenuto a dicembre dello scorso anno che ha visto rappresentanti di San Marino a confronto con responsabili dell’Agenzia nazionale delle Dogane e del Ministero dell’Agricoltura. Dall’Agenzia delle Dogane, a quanto risulta a Fixing, avrebbero espresso parere favorevole a un rapporto diretto tra San Marino e Italia, senza transitare dalle dogane e senza tutti questi passaggi così complicati. Solo che questo parere è stato espresso solo verbalmente e non messo nero su bianco, e si sa, verba volant…

Sempre nello stesso incontro era stato però studiato un escamotage che, in attesa di uno sblocco definitivo della questione, potrebbe facilitare le esportazioni dal Titano verso l’Italia: probabilmente d’ora in avanti verrà utilizzato, costringendo comunque le imprese sammarinesi a una seconda certificazione prima della vendita ma snellendo tutta la procedura per la clientela italiana.

“È effettivamente così – spiega Nicoletta Corbelli, Direttore del Dipartimento Territorio e Ambiente – nel corso di quell’incontro erano state abbozzate soluzioni che risolverebbero il problema in via definitiva. Però abbiamo la necessità di una formalizzazione da parte italiana della nuova procedura e già da diverso tempo stiamo sollecitando sia le Dogane che hanno dato ufficiosamente l’ok e sia il Ministero dell’Agricoltura e in particolare il Dipartimento che si occupa di agricoltura biologica”.

 

E i tempi?


“I tempi dovrebbero essere ragionevolmente brevi. Il nostro impegno è costante nella soluzione di questa problematica. Più a medio termine invece la stipula dell’Accordo di Associazione del nostro Paese all’UE dovrebbe consentirci di superare tante questioni simili a questa che ciclicamente si presentano”.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento