C’è anche chi pubblicamente ci ha criticati, ed è strano perché le stesse persone sostengono la medesima tesi seppure con toni (per ovvi motivi) differenti. A questi professionisti della gazzarra e del livore non rispondiamo, semplicemente perché non ci interessa.
di Loris Pironi
Ha fatto scalpore il servizio con cui abbiamo aperto il numero 12 di San Marino Fixing, due settimane fa. Ha fatto parlare e – soprattutto – ha sollevato un problema non da poco, che è quello della pratica abusiva di attività finanziaria, nello specifico settore del credito al consumo, a San Marino da parte di operatori italiani non autorizzati. Un succinto refresh per chi se lo fosse perso. Abbiamo raccontato di come compagnie italiane vendano i propri servizi di credito al consumo tramite commercianti sammarinesi, e del fatto che questo non possa accadere senza regolare autorizzazione. Ci siamo fatti spiegare da Banca Centrale come questo sia possibile, e la risposta è stata che già in passato ci sono stati interventi per frenare questa pratica, ma che tra le pieghe delle normative c’è anche spazio per incursioni da furbi, talvolta difficili da arginare. Il nostro articolo insomma ha voluto raccontare un problema: perché il Titano deve essere terra di facile conquista mentre gli operatori sammarinesi in Italia sono bistrattati? C’è anche chi pubblicamente ci ha criticati, ed è strano perché le stesse persone sostengono la medesima tesi seppure con toni (per ovvi motivi) differenti. A questi professionisti della gazzarra e del livore non rispondiamo, semplicemente perché non ci interessa. Però li ringraziamo comunque, perché ci offrono l’occasione per ragionare sul modello di giornalismo che vogliamo per questo Paese, tema a cui peraltro abbiamo dedicato l’editoriale di sette giorni fa. Il giornalismo che vi offre Fixing non è urlato, non va alla ricerca dello scandalo a tutti i costi, della denuncia a cui segue la replica piccata degli interessati perché così si vende di più. È un giornalismo scrupoloso che racconta i fatti e chiede conto alle istituzioni, com’è giusto che sia. Un giornalismo che ha un editore ben definito, perché è preoccupante quando questo non avviene, ma che non deve rendere conto di quanto scrive. Un giornalismo che ha come unica bussola dei giornalisti la propria coscienza. Noi questo vi offriamo. Se non vi sta bene, liberi di leggere altro.