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San Marino, Leon Engineering. Il biogas: dagli assiri alla Pechino di oggi

da Redazione

Si tratta di una risorsa “green” importante, per diversi motivi. Innanzitutto la produzione di biogas tramite digestione anaerobica non intacca le derrate alimentari.

 

di Silvia Pazzini


Il biogas è una miscela composta in prevalenza dal 40-75% di metano (CH4), il 25-55% di anidride carbonica (CO2) e da altri gas con percentuali al di sotto del 5%: tra cui ossigeno (O2), idrogeno (H2) e azoto (N2).

In Italia si tratta di una realtà ampiamente in uso e in espansione: già nel 2012 si contavano 994 impianti a biogas, di cui 143 solo in Emilia-Romagna. La grande diffusione è data dai notevoli vantaggi di questa tecnologia che consistono nello sfruttare liquami o scarti agro-alimentari per produrre energia e per smaltire i rifiuti di queste attività, azzerando o diminuendo i costi di smaltimento in discarica.

Si tratta di una risorsa “green” importante, per diversi motivi. Innanzitutto la produzione di biogas tramite digestione anaerobica non intacca le derrate alimentari. Inoltre non influisce sui gas serra, ovvero non è fonte di inquinamento, in quanto si va a rimettere in ciclo il carbonio biogenico (quella frazione di carbonio che viene scambiato nella biosfera; i combustibili fossili, invece, rilasciano carbonio sedimentato in lunghi tempi geologici, rimettendo nel ciclo del carbonio ormai fossilizzato, non più disponibile a livello biologico).

Molti pensano che il biogas sia una “scoperta” recente e ancora da studiare. In verità le sue origini sono lontane nel tempo, ben antecedenti a quelle dei combustibili fossili. Le prime testimonianze del suo uso risalgono agli assiri (X secolo a.C.) e ai persiani (XIII secolo a.C.) che lo impiegavano per scaldare l’acqua per il bagno, poiché per loro risultava più semplice accendere il fuoco col gas, vista la sua naturale infiammabilità, piuttosto che con la legna.

Scientificamente fu Alessandro Volta nel 1776 a notare la correlazione tra la quantità di materia impiegata e la quantità di gas prodotta. Volta fu anche il primo che costruì un micro-digestore rudimentale, riempito con fanghi da palude, il cui biogas veniva acceso da una scintilla elettrica prodotta da una pila. Un apparecchio rudimentale che potremmo però definire come l’antenato delle attuali lampade a gas da campeggio.

Successivamente, Louis Pasteur nel 1884 teorizzò le reazioni biochimiche che portarono alla produzione del biogas e alla sua corretta stechiometria. Propose, senza successo, la costruzione di una serie di fermentatori anaerobici sotterranei lungo le strade di Parigi. L’idea aveva un doppio scopo: da una parte eliminare dalle strade i focolai infettivi costituiti dalla spazzatura e dallo sterco dei cavalli che si accumulava a quei tempi, dall’altra utilizzare il biogas così prodotto per l’illuminazione della città. L’idea venne di fatto realizzata nel 1895 in Inghilterra dove i lampioni vittoriani venivano alimentati col biogas prodotto dalle fognature della città. Con il crescere delle conoscenze e la nascita della microbiologia fu possibile individuare i batteri responsabili della digestione anaerobica (idrolitici, acidogeni, acetogeni e metanigeni) e di conseguenza determinare le condizioni ideali per la produzione del gas.

Attualmente la Cina è al primo posto per il numero di impianti a biogas con circa 50 milioni di famiglie che lo adottano. Si tratta prevalentemente di impianti di piccole dimensioni, ma va detto anche che la torcia olimpica del 2008 di Pechino era alimentata a biogas.

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