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La memoria della storia: intervista a Giuseppe Battiston

da Redazione

L’attore friulano parla dello spettacolo, ma non solo: alcune riflessioni sul dialetto, sul canto e sul cinema. “Vorrei che l’Italia, gli italiani avessero rispetto per la propria Memoria e ne facessero un patrimonio”.

 

di Alessandro Carli

 

Ci ha preso gusto, l’ottimo cantautore Gianmaria Testa. Ieri in tournée assieme a Erri De Luca, oggi invece con Giuseppe Battiston. Al centro, le storie dell’Italia, di quel passato che prorompe nel presente. Il chansonnier piemontese e lo straordinario attore friulano sono saliti a San Marino: con “Italy – Sacro all’Italia raminga” di Giovanni Pascoli, un poemetto sull’emigrazione datato 1904 ma di grande contemporaneità. Una sorta di capriola nel Novecento: una vicenda di cui gli italiani non amano e non hanno amato parlare, neanche all’epoca per guardarsi allo specchio di fronte a chi oggi fa lo stesso gesto estremo. Al centro del reading, la figura di una ragazza malata. Ai lati, la Lucchesia e l’America. Giuseppe Battiston ci parla dello spettacolo, ma non solo: alcune riflessioni sul dialetto, sul canto e sul cinema. “Vorrei che l’Italia, gli italiani avessero rispetto per la propria Memoria e ne facessero un patrimonio”.

 

Sotto quali aspetti l’Italia è raminga?


“Il poemetto è rivolto a quella fetta di Italia che verso la fine dell’Ottocento è dovuta emigrare a causa della crisi. Sotto diversi aspetti, la storia non è cambiata: la storia di Pascoli ha legami forti con l’attualità. Le pagine dei giornali ma anche i telegiornali, sono pieni di queste notizie”.

 

Cosa si racconta in scena?


“Io leggerò le parole di Pascoli, accompagnato dalle musiche di Gianmaria Testa. E’ una storia di emigrazione, guardata con sgomento come perdita d’identità e fattore di estraneità reciproca fra chi è partito e i parenti rimasti in patria a conservare arcaiche abitudini di vita. Protagoniste della poesia sono Maria-Molly, malata di tisi, riportata in Italia dal lontano Ohio per trovare aria buona e cure, e la nonna, che le si affeziona fino a morire, simbolicamente”.

 

Com’è nato lo spettacolo?


“Mentre cercavo un po’ di materiale su Giovanni Pascoli, ho avuto modo di poter vedere una serie di fotografie. Una in particolar modo mi ha colpito: raffigurava un barcone carico all’inverosimile. Di italiani. L’analogia con i tempi che viviamo, con la nostra Storia contemporanea, che sarà ‘futura Storia e Memoria’ è il motivo per cui ho scelto di proporre questo poema. Vorrei che l’Italia, gli italiani avessero rispetto per la propria Memoria e ne facessero un patrimonio”.

 

Con Gianmaria Testa – ce lo conferma Erri De Luca – si canta. Come se la cava?


“Canto bene in maniera direttamente proporzionale alla sua pietà (ride). Quello di Gianmaria è un atto di bontà”.

 

Pascoli amava la sua Romagna. Che rapporto ha con la sua terra?


“E’ un rapporto molto profondo. Il Friuli è una terra a vocazione contadina. E’ il mio vissuto, la mia famiglia. Faccio fatica a dimenticare la mia terra, il mio dialetto. Il Friuli ha vissuto il tema dell’emigrazione. Anche la mia famiglia: quando mi sono recato in Argentina per una produzione, ha preso l’elenco telefonico per vedere i cognomi dei parenti. E li ho trovati”.

 

In “Si può fare” un accento di dialetto esce: il suo personaggio, un dottore, dice “Va in mona”.


“Il film racconta la storia della prima comunità di reintegro di malati mentali. E’ ambientato a Pordenone: la correttezza della storia ben si inserisce nel mio personaggio. E in quello che dice”.

 

Ha qualche progetto cinematografico?


“Stanno uscendo tre film: due opere prime e il secondo film di Andrea Segre. La pellicola ‘Zoran il mio nipote scemo’ di Matteo Oleotto è ambientata a Gorizia: ‘volano’ tanti ‘va in mona’. Il film ‘La variabile umana’ di Bruno Oliviero mi vede sul set assieme a Silvio Orlando e Sandra Ceccarelli, ed è girato in Lombardia. E’ un giallo ambientato in una Milano non più da bere. Con Segre abbiamo girato ‘La prima neve’: siamo in Trentino, fra le valli di Cembra e dei Mocheni e la Valsugana. Il film racconta la storia dell’incontro fra un undicenne che ha un rapporto difficile con la madre e un ragazzo libico. Però non so in che ordine usciranno al cinema”.

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