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Davvero senza fine il crollo delle Torri Gemelle di New York

da Redazione

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Ancora pesantissime le ripercussioni economiche dell’attentato a NY dell’11 settembre 2001. Sicurezza di patria e guerre hanno tolto 4 mila miliardi di dollari dal bilancio USA.

 

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di Saverio Mercadante

 

Il dolore, quel dolore, dopo dieci anni, gli americani lo sentono ancora sul corpo, nella testa, nella vita di tutti i giorni. Se c’è un dato economico che nessuno mette in discussione dopo l’11 settembre, è quello dei costi delle guerre in Iraq e Afghanistan e i costi della sicurezza in patria, conseguenze dirette dell’attentato dello sceicco del terrore: sono stati talmente alti da influenzare ancora oggi pesantemente la vita economica degli Stati Uniti. Per alcuni analisti sono stati circa quattromila miliardi sottratti per sempre alla scuola, all’educazione, alla sanità, al lavoro, agli investimenti. L’industria della sicurezza, secondo un rapporto di una commissione del Senato americano ha valutato in circa 400 miliardi le spese sostenute dal governo federale per evitare il temutissimo ripetersi dell’11 settembre. 40 miliardi sono stati pagati soltanto per aumentare la sicurezza negli aeroporti. Quei quattromila miliardi per combattere la guerra del terzo millennio, la guerra diffusa, hanno avuto un effetto geiser, dando una spinta spaventosa al debito pubblico più alto del mondo. Per la prima volta dalla Rivoluzione americana, i costi della guerra sono stati finanziati contando in buona parte sul debito. Forse non sarà completamente riconducibile agli effetti dell’11 settembre ma è quasi inevitabile pensare che il declino degli Stati Uniti da massima potenza del pianeta inizi proprio da quel giorno maledetto. Anche se c’è chi come Richard Hass, presidente del più importante centro diplomatico del mondo, il Council on Foreign Relations, che sostiene che l’11 settembre non ha davvero mutato il mondo. Lo scontro di civiltà non vi è stato, il vero motore dell’economia mondiale si era già di fatto spostato a Pechino, era l’inizio di un potere economico più diffuso sul pianeta nel nome del BRIC, la crisi dei sub prime ci sarebbe stata comunque. Anzi, per alcuni analisti, il crollo del 15 settembre 2008 di Lehman and Brothers, ha avuto effetti moltiplicatori che si sentiranno per decenni, molto più pesanti dell’attentato alle Torri Gemelle. Ma c’è un’altra variante ancora: l’11settembre potrebbe in effetti aver portato a quel 15 settembre.  “Senza il trauma di quell’atrocità, e la sensazione diffusa in tutto il mondo che l’America fosse in guerra con nemici nascosti, la politica economica sia in America sia in Europa non sarebbe stata così lassista e espansionistica, e per così tanto tempo. Né ci sarebbero state la bolla del credito e il boom immobiliare che hanno portato, alla fine, al crollo di Lehman Brothers e alla stagnazione economica”, scrive Bill Emmot, ex direttore dell’Economist,  su La Stampa. In ogni caso fare affari negli Stati Uniti è diventato sempre più caro dopo il settembre 2001. Nuovo personale di sicurezza, videosorveglianza, screening all’entrata dei luoghi di lavoro, messa al sicuro dei sistemi informatici (soprattutto per banche e istituti finanziari) hanno moltiplicato i costi. La crisi finanziaria, e l’assassinio di Osama bin-Laden, dovrebbero aver diminuito percezione del pericolo e possibilità di sostenere spese così elevate. L’attentato alle Torri Gemelle ha impresso impresso un’altra mutazione genetica nelle carni della Signora che domina il Mondo: la Rete. Vi è stata un’immane moltiplicazione della cosiddetta informazione alternativa prodotta dagli stessi utenti che ha prodotto la foresta senza fine dei blog e dei social media di oggi. Troppo dolore, troppe terrificanti emozioni per essere raccontato solo nei giornali o sulle televisioni. Troppi misteri, dubbi, sospetti, su una versione ufficiale mai del tutto convincente. Le teorie complottiste non hanno perso peso. Anzi, in qualche modo sembrano rafforzarsi sempre di più. La mancata intercettazione dei quattro aerei dirottati: secondo i sostenitori delle teorie del complotto fu l’allora vicepresidente Dick Cheney a ordinare ai militari di non intervenire. Il crollo delle Torri Gemelle: furono distrutte da demolizioni controllate. L’attacco al Pentagono: l’edificio non fu colpito da un Boeing 757 bensì da un missile, un piccolo aereo o un drone. Il destino del quarto aereo: il volo United Airlines 93 fu abbattuto da un missile e si disintegrò in volo, disperdendo i rottami su una vasta area. Intanto escono sui giornali le prime rivelazioni sui materiali recuperati dai Navyselas nel campound di Bin Laden in Pakistan. A febbraio del 2010 Al Qaeda stava valutando di condurre un’operazione contro convogli ferroviari negli Stati Uniti nel decimo anniversario dell’11 settembre 2001. E’ quanto si legge in un dispaccio dell’Fbi e del dipartimento per la Sicurezza interna ripubblicato dai media statunitensi. Qualche giorno fa l’ultima rivelazione. Diciotto mesi prima della strage dell’11 settembre la Cia era sulle tracce di due dei 19 futuri dirottatori, i sauditi Khaled al-Mihdhar e Nawaf al-Hamzi. Sapeva che erano negli Stati Uniti e ha impedito all’Fbi di scoprirlo. A distanza di dieci anni dagli attacchi alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono di Washington, Richard Clarke, zar dell’antiterrorismo alla Casa Bianca, intervistato dalla tv franco-tedesca Arte, lancia il suo j’accuse: “Perché la Cia non ha avvertito il governo americano sulla presenza, nel nostro suolo, di due uomini di Al Qaeda? È uno dei grandi misteri dell’11 settembre”. La commissione d’inchiesta del Congresso, creata per risolverli, non ha approfondito la questione. Nelle sue memorie pubblicate sei anni fa, Richard Clarke dedica solo poche righe a quell’episodio. Oggi, però, per la prima volta, chiama in causa il ruolo dell’”agenzia”. Nuovi elementi, raccolti da Arte per un documentario, portano a un’ipotesi sconcertante: la “sorveglianza” sui due sauditi si sarebbe inserita in un’operazione, poi fallita, di grande portata della Cia contro Al Qaeda.

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