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San Marino, la rabbia dell’ANIS verso la politica. Rondelli: basta con l’immobilismo

da Redazione

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Sono arrabbiati e delusi, anzi ancora più arrabbiati e delusi gli imprenditori. Il Presidente dell’ANIS Paolo Rondelli su San Marino Fixing oggi in edicola punta il dito contro la politica e il Governo in particolare. L’immobilismo sta distruggendo il Paese e la sua economia.

di Loris Pironi


SAN MARINO – Il tempo. È una variabile fondamentale in tutte le questioni che riguardano la Repubblica di San Marino. Quando si parla di relazioni con l’Italia, quando si parla di competitività del sistema, quando si parla di lotta alla criminalità, Unione Europea, contratti, riforme.

La posizione dell’Associazione Nazionale dell’Industria Sammarinese negli ultimi mesi è stata improntata su una linea di vigorosa critica al Governo. “Critica costruttiva” come sottolineato in più occasioni dai vertici ANIS, ma pur sempre critica. Soprattutto sui tempi di risposta dell’esecutivo, troppo lunghi. E sulla conseguente mancanza di risultati concreti, su ciascuno dei tavoli in cui il Titano sta giocando partite fondamentali per la propria sopravvivenza.

2_anisQualche mese fa avevano destato scalpore le dichiarazioni del Presidente ANIS, Paolo Rondelli, che era arrivato a definirsi addirittura “incaz…to” (un termine che fa a cazzotti con il rigoroso aplomb dell’Associazione ma che la dice tutta sulla rabbia degli imprenditori) per l’incapacità dell’esecutivo di tirare le fila sulle varie questioni, prima fra tutti quella dei rapporti con l’Italia, ma anche l’inconclusività sul tema delle riforme. Il suo discorso all’Assemblea Generale dello scorso dicembre era stato un appello agli imprenditori a rimboccarsi le maniche, ma soprattutto un bacchettare la classe politica su tutti gli aspetti in cui gli auspici della società sono stati disattesi.

Oggi che la situazione non è cambiata, torniamo a chiedere al Presidente Paolo Rondelli a che punto sono le relazioni con il Governo, e se la rabbia degli imprenditori ha già superato il livello di guardia.

“Dico subito che noi imprenditori continuiamo ad essere molto arrabbiati, e anche delusi per questo immobilismo. Purtroppo ogni giorno che passa rabbia e delusione crescono, anche se credevamo non fosse possibile. Stiamo constatando che il Governo non produce cambiamenti, e questo è gravissimo per le nostre imprese, per tutta l’economia e per il Paese. Cambiare, nella situazione in cui siamo, è un dovere. Invece la situazione resta in stallo, e certo non sto parlando solo delle relazioni con l’Italia. E come ANIS dobbiamo anche rimarcare che dal 19 aprile, quindi ben un mese, stiamo aspettando di essere richiamati dal Governo che ci aveva assicurato una rapida convocazione per dare delle risposte alle nostre proposte. Così non è proprio possibile andare avanti”.

Partiamo subito a spron battuto: le relazioni con l’Italia. Già ad inizio 2012 il MEF emanerà una nuova White List e una nuova Super Black List. È scontato che gli industriali vogliono che si faccia di tutto per scongiurare il baratro della lista nera. Cosa avete suggerito al Governo in proposito?

“Dobbiamo assolutamente uscire dall’opacità che viene ancora percepita. Se vogliamo riallacciare l’indispensabile dialogo con il Ministro Tremonti diventa indispensabile mettere in campo una strategia condivisa di forte discontinuità rispetto al passato. Per questo abbiamo suggerito al Governo di dichiarare ufficialmente la nostra concreta disponibilità all’OCSE e all’Unione Europea ad introdurre autonomamente nel nostro ordinamento una norma di legge sullo scambio di informazioni con l’Italia secondo il modello Osce 2005 e al contempo dichiarare piena disponibilità a negoziare altre integrazioni sulla base della direttiva UE 2011/16 (quella relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, che va nella direzione dello scambio automatico d’informazioni, ndr). In questo modo, diventando evidente la nostra volontà di trattare le più avanzate modalità di scambio d’informazioni, l’Italia avrebbe molte meno scuse o ragioni per escluderci dalle sue White list”.

Al di là delle relazioni con l’Italia, come giudicate l’approccio della politica ai singoli problemi?

“Il metodo di lavoro, per usare un eufemismo, non è funzionale. Da mesi, anni, chiediamo di mettere in campo una vera e propria cabina di regia che permetta di coordinare l’attività di diversi gruppi di lavoro chiamati a proporre soluzioni tecniche adeguate ai troppi problemi irrisolti in funzione delle proprie specifiche competenze. La risposta è tra le righe di quanto affermato prima: è passato un mese dal nostro ultimo incontro col Governo e alle dichiarazioni di buona volontà e i fatti non si sono ancora visti, neppure una calendarizzazione delle riunioni e una sintesi degli obiettivi da raggiungere. Che dire di più? Di tempo a disposizione, purtroppo, non ce n’è rimasto”.

Parliamo di riforme.

“Parliamo di riforme e apriamo il vaso di pandora. A noi industriali sta a cuore il problema del mercato del lavoro, che è assolutamente penalizzante ed è ancorato oggi al retaggio di un passato che non esiste più in alcuna parte del mondo. Ma le priorità sono tante, dalle pensioni alla fiscalità che almeno arriveranno presto in Consiglio Grande e Generale, passando dal Bilancio dello Stato e finendo con la riforma della Pubblica Amministrazione. Le riforme vanno fatte, non ci sono più scuse”.

La PA, un altro tasto dolente per San Marino.

Potrebbe essere una risorsa e invece resta un peso. Che appesantisce l’operatività delle imprese e non mette in campo la necessaria competitività, che grava sul bilancio dello Stato e resta un serbatoio di clientelismo. La riforma su cui l’esecutivo sta lavorando da anni renderà davvero la PA efficiente, autonoma e capace di contenere le spese nel medio periodo di almeno il 30% rispetto ad oggi come auspicabile? Noi crediamo, anzi temiamo di no. E allora è altro prezioso tempo perso per la collettività”.

Per concludere riflettiamo invece sulle relazioni sindacali

“Anche tra le organizzazioni sindacali e le associazioni dei datori di lavoro la situazione è in stallo, e ancora una volta il Governo ha responsabilità, in quanto data l’attuale situazione dovrebbe essere la politica ad assumersi l’onere di aprire un vero tavolo di dialogo”.

I contratti sono scaduti da tempo, chi tra voi e il sindacato deve fare il primo passo?

“La questione non è che qualcuno deve fare il primo passo. Dobbiamo venirci reciprocamente incontro. Al sindacato noi diciamo che non riteniamo giusti gli scioperi in questo momento specifico in quanto riteniamo danneggino sia le imprese che i lavoratori, ma tendiamo comunque una mano perché se non si ragiona insieme per rilanciare il Paese non ci saranno vincitori, ma solo vinti”.


Da San Marino Fixing, oggi in edicola

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