Home FixingFixing Rilancio: i modelli fiscali del passato non bastano più

Rilancio: i modelli fiscali del passato non bastano più

da Redazione

L’editoriale di San Marino Fixing n.21, prende in esame i driver dello sviluppo, per San Marino. Quelli del passato, legati ad un fisco diretto, e quelli del futuro. Il passato è passato, e ciò che è andato bene dagli anni Cinquanta in poi oggi non sarebbe sufficiente a garantire una ripresa.

Il fisco “leggero” sammarinese è sempre stato un forte motore di sviluppo dell’economia. Le leggi che negli anni hanno modulato la “potenza” di questo motore hanno fatto perno su due leve: occupazione e investimenti. Si deve ragionare su quali potranno essere i nuovi “capisaldi” dello sviluppo dopo il superamento del segreto bancario, dell’anonimato societario.
Ma partiamo con ordine. Le agevolazioni fiscali sono una parte significativa dell’azione economica che negli anni il Paese ha sviluppato. Le prime risalgono al 1958 e, nella sostanza, sono state confermate fino ai primi anni 2000 senza soluzione di continuità. Il paradigma era semplice: legge del 1942 sull’anonimato societario, il segreto bancario, un fisco leggero e costi di produzione più bassi che in Italia. Nel 1983 per far fronte alla grave crisi occupazionale di allora, oltre 800 lavoratori avevano perso il loro lavoro, le agevolazioni fiscali sono state implementate ed hanno consentito, nel volgere di qualche anno, di superare quelle difficoltà, avviando una nuova fase di sviluppo. Le diverse aziende che ne hanno beneficiato occupano oltre 3000 dipendenti. Stiamo parlando di circa 100 milioni di salari e stipendi, di altri 20 milioni per contributi, di imposte dirette, tasse e ritenute per ulteriori circa 30 milioni ed infine a questo ammontare dobbiamo aggiungere qualche decina di milioni per le imposte indirette. Le imposte dirette sono solo una parte, forse la più piccola, della ricchezza prodotta. Sarebbe davvero importante anzi doveroso conoscere nel dettaglio e rendere pubblici i dati aggregati per categorie delle entrate dello Stato.
Verrebbe quindi da pensare che anche oggi la leva fiscale potrebbe rappresentare un elemento forte per uscire dalla crisi occupazionale. Non è così. Pur rimanendo il fisco leggero un importante motore per gli investimenti, oggi, la stessa manovra del 1983 prima citata, non produrrebbe assolutamente gli stessi effetti positivi sull’occupazione.
Non vi è alcun dubbio che i nuovi capisaldi dell’economia sono altri, e più precisamente: la semplicità delle norme e la loro trasparente applicazione, un sistema giudiziario autonomo ed efficace, le competenze professionali, costi più competitivi nella produzione dei beni e servizi.
Ecco dove agire per rilanciare lo sviluppo: sulle riforme istituzionali per favorire questo cambiamento; sui contratti e sulle leggi sul lavoro per rendere più competitivo il sistema delle imprese; sull’opportunità di poter assumere le competenze necessarie; sui servizi della Pubblica amministrazione; sul Bilancio pubblico quale elemento di governo essenziale attuando una seria riclassificazione delle entrate e delle uscite con l’obiettivo vincolante di mantenerne un sostanziale equilibrio.
In questo periodo ciascuno deve fare la propria parte. La politica deve fare la politica, uscendo dall’economia: non è uno slogan ma un fatto sostanziale, legato alle diverse competenze non solo professionali che devono essere espresse.
In questo periodo di grave difficoltà tutti siamo chiamati a sacrifici e a maggiore disponibilità, anche la PA.
Non è né etico né rispettoso verso i cittadini continuare ad assumere dipendenti mentre i servizi, seppure migliorati in alcune situazioni, restano addirittura deludenti. Non è etico e neppure rispettoso verso i lavoratori privati continuare a favorire i “privilegi” del settore pubblico.
Occorre capire alla svelta che le entrate dello Stato sono e saranno nei prossimi anni in forte calo. E’ bene intervenire subito passando dalle parole ai fatti: nell’amministrazione pubblica l’efficienza e il contenimento dei costi – almeno il 20% – sono indispensabili. La riforma dell’amministrazione va fatta davvero ed occorre riscriverla perché quella annunciata continua solo a salvaguardare l’esistente che non funziona e spreca, ignorando i diritti dei cittadini. Tutti ognuno per la sua parte diano una mano per agire insieme per il bene comune che è da ricostruire.

 

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